Una Capitale della Cultura con il fuoco dentro

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di Alfredo Carosella

Il Ministero della Cultura ha reso noto che sono giunte 26 manifestazioni di interesse per l’assegnazione del riconoscimento di “Capitale della Cultura 2026”. Per il 2023 le Capitali della Cultura sono Bergamo e Brescia, Pesaro lo diventerà nel 2024 e Agrigento lo sarà nel 2025. La strada per la prossima designazione è ancora lunga: entro il 15 dicembre la commissione giudicatrice pubblicherà il nome delle 10 finaliste e la proclamazione ci sarà il 29 marzo 2024, ma il titolo potrebbe tornare a un piccolo centro qual è Agnone (IS), così come è accaduto per Procida (NA) nel 2022.

Nel 1811 il filologo e critico letterario Francesco D’Ovidio definì Agnone “L’Atene del Sannio” per il suo patrimonio artistico e culturale. Nel 1404 il piccolo centro alto molisano fu insignito del titolo di “città regia” da Ladislao di Durazzo, figlio di Carlo III D’Angiò, re di Napoli.

L’idea della candidatura nasce da lontano, come ha dichiarato Francesco Paolo Tanzj del comitato promotore nel corso della conferenza stampa di presentazione del progetto, il cui titolo è “Fuoco dentro, margine al centro”. Non ha bisogno di spiegazioni l’idea di riportare al centro qualcosa che ora è al margine. Per quanto riguarda il filo rosso del fuoco, nel segno della luce, c’è quello della famosa manifestazione della “Ndocciata” che porta in strada svariate centinaia di torce di abete bianco, lunghe oltre tre metri e assemblate in numero variabile da 2 a oltre 20 fuochi; c’è il fuoco che serve per forgiare le campane della Pontificia Fonderia Marinelli, nata nel 1040 e fra le tre fonderie più antiche del mondo; c’è il fuoco della tradizione culinaria molisana; c’è il fuoco della cultura intorno al quale, da Agnone, ci invitano – comunque vada – a radunarci numerosi. 

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