Empowerment femminile

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di Maria Rusolo

“Prima delle atrocità dobbiamo prendere posizione. Il silenzio stimola il boia”

Siamo nel 2021 e ci è accorti in diretta televisiva, nel post partita e dinanzi ad uno Stadio, luogo di culto supremo nel nostro Paese, che le donne subiscono molestie; che gli uomini si sentono autorizzati, mentre passeggiano per strada, al cospetto di una donna avvenente, di gridare, ridacchiando, con movenze da scimmia della savana, e di dare addirittura una bella pacca sul sedere. Insomma dinanzi ad un giornalista che fa spallucce, e tifosi che intonano inni da spogliatoio, si celebra quello che milioni di donne nel mondo subiscono, patiscono e sopportano in silenzio 365 giorni l’anno.

Naturalmente la stessa classe dirigente che normalmente non muove un dito nelle sedi deputate e che non controlla che i fondi per i centri anti- violenza giungano a destinazione, strilla, raccapricciata sui social o nelle trasmissioni televisive di prima serata. Attenzione vi rivelo un segreto, se non fosse avvenuto tutta alla luce del sole, nessuno avrebbe alzato un dito, neanche le donne, per le quali certi comportamenti, ormai rientrano a pieno titolo nel diritto di sopraffazione dei maschi, nel loro quotidiano agire, basti in tal senso leggere alcuni commenti ricevuti dai post della giornalista. Provo al cospetto di certi atteggiamenti un moto di rabbia ingestibile, lo confesso, e mi verrebbe la voglia di cancellare dalla faccia della terra, quelli che mi ruotano intorno e che dinanzi alla mia disapprovazione, si scambiano un sorrisetto, sottolineando, il mio essere la solita esagerata.

Da questo spazio ho provato in questi anni a dire che il problema è culturale e sociale, che si parte dal contesto familiare, che conta il ruolo della madre in quell’ambiente e la relazione con la figura paterna, a meno che non passi il messaggio, che le figlie proprie non si tocchino e quelle degli altri possano essere carne da macello. Le interviste concesse in questi giorni dal quarantenne hanno avuto tutte una sola chiave di lettura, mostrarsi all’opinione pubblica con l’immagine del ” buon padre di famiglia”, grande lavoratore, impeccabile ed onorabile nella vita, con moglie e figlia a carico; trapela da ogni poro la volontà di intenerire chi ascolta, di dimostrarsi dispiaciuto, vittima di eccesso di goliardia, dispiaciuto, con il viso emaciato, ma senza la coscienza di aver agito per ledere, per umiliare, per schiacciare la persona offesa dal suo gesto. Insomma il sotto testo è chiaro ” NON ESAGERATE NON HO UCCISO NESSUNO”.

Ed invece ogni volta che accadono episodi di questo tipo muore qualsiasi passo in avanti le donne hanno compiuto nella affermazione dei propri diritti, delle proprie prerogative, delle possibilità, dei sogni, delle aspettative legittime umane e professionali. Ogni volta, si commette un crimine contro tutto il mondo della emancipazione e della parità di genere, quei comportamenti non hanno una sola vittima, ma lo siamo tutte nello stesso identico modo, perché potrebbe accadere anche a noi, o è già accaduto ma siamo state costrette a tacere, o quando abbiamo palesato il nostro disappunto, la nostra rabbia, nulla è accaduto. Quelle azioni, che qualcuno osa definire banali sono legna che continua a mantenere vivo il fuoco della ingiustizia, e della mancanza di ogni forma di riconoscimento sociale per noi e per le future generazioni.

Continuare a parlarne non è solo necessario, ma un dovere morale a cui nessuno dovrebbe sottrarsi, altrimenti possiamo rassegnarci a vivere in uno scenario da film dell’orrore, come tanti zombie che circolano nutrendosi di scarti dai bidoni della immondizia agli angoli delle strade. La verità è che non ci possiamo più accontentare di ruoli di comprimarie, o di comparse, con monologhi strappalacrime alla fine di uno spettacolo di prima serata, che la dobbiamo smettere di considerare conquiste quelle non sono altro che concessioni, che il mondo patriarcale ci trasferisce ponendoci la mano sul capo. Sarò appagata quando vedrò leader politici donne, quando le vedrò segretari di partito, ai ministeri strategici, alla guida delle università, quando saranno alla guida delle organizzazioni internazionali, quando vedrò donne che non devono subire dai colleghi maschi in una corsia di ospedale, e non per una legge, ma per merito e perché è giusto ed è il risultato di un percorso di vita umano e di lavoro.

“La paura della donna per la violenza dell’uomo è lo specchio della paura dell’uomo per le donne senza paura”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.