Elezioni in Israele: l’ascesa del fondamentalismo ebraico?

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di Crescenzo Manuel Arabia

Il 1° novembre del 2022 gli israeliani sono stati chiamati alle urne per eleggere i membri del Knesset, il parlamento israeliano. Sulla base dei risultati che hanno visto l’estrema destra religiosa conquistare una vittoria netta, è interessante comprendere come si possano evolvere i rapporti con la controparte palestinese e se nel trionfo del Sionismo religioso possa profilarsi lo sviluppo di tendenze fondamentaliste volte ad anteporre i valori religiosi nei settori della vita associata.

Uno dei primi elementi che salta all’occhio, analizzando i dati relativi alle elezioni del 2022 riguarda il fatto che gli israeliani ritornano alle urne per la quinta volta in meno di quattro anni. Si tratta di un dato rilevante in quanto indicatore di una crisi della democrazia su cui si è cercato di costruire le fondamenta del paese. Un ulteriore elemento foriero della crisi dei valori democratici riguarda proprio la candidatura di Benjamin Netanyahu presidente del Likud, sotto processo per corruzione. Quanto ai dati concreti, il 2 novembre risultava chiaro che la grande vincitrice delle elezioni fosse la coalizione di destra poiché quasi il 90% dei voti scrutinati era a favore della coalizione di estrema destra. A conti fatti, il blocco di Netanyahu ha ottenuto 65 seggi su 120 disponibili nel Knesset, conquistando la maggioranza.

Con l’ascesa al potere dell’estrema destra, diviene fondamentale l’analisi degli scenari relativi al rapporto con la controparte palestinese, il cui futuro dipende anche dagli indirizzi politici israeliani. Ebbene, l’inquietudine palestinese rispetto ai risultati elettorali viene espressa dall’agenzia di stampa palestinese Wafa, la quale sottolinea che “i risultati elettorali in Israele lasciano prevedere che il nuovo governo vorrà un dominio permanente sui palestinesi”. La preoccupazione dei palestinesi è giustificata dalle ideologie partitiche come quelle della formazione politica Sionismo religioso. Nello specifico, Sionismo religioso lega elementi dell’ideologia sionista politica, consistenti nella volontà di dar vita ad uno Stato ebraico forte, con quelli religiosi presenti nella Torah in cui si fa riferimento ad un regno esteso all’intera regione: infatti, non sarebbe un errore sostenere che, per gli estremisti, Israele non sia ancora del tutto formato dato che parte della Cisgiordania e Gaza sono controllate rispettivamente dall’Autorità Nazionale e da Hamas. Inoltre, all’interno di tale formazione sono presenti partiti che appoggiano la filosofia del “revisionismo sionista”, consistente in una retorica nazionalista improntata sul rifiuto di riconoscere l’esistenza di uno Stato palestinese, gli Accordi di Oslo e sulla volontà di imporre il dominio israeliano nell’intera regione palestinese. Una retorica antiaraba così aggressiva non farebbe altro che rendere più complesse le relazioni tra le due comunità, favorendo un’esacerbazione dei conflitti e rendendo più instabile l’area.

Tuttavia, in prossimità delle elezioni sembrava quasi che si potesse dar avvio ad un periodo di distensione tra le due comunità, che manca dagli anni Novanta: infatti, il premier uscente Yair Lapid si esprimeva così in seno all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: “un accordo con i palestinesi, basato su 2 Stati per 2 popoli, è la cosa giusta per la sicurezza di Israele, per la sua economia e per il futuro dei nostri bambini”, sottolineando che “il futuro Stato palestinese dovrà essere pacifico […] che non diventi un’altra base dalla quale si possa minacciare il benessere e la stessa esistenza di Israele.”. A posteriori, il discorso dell’ex premier ha rappresentato un suicidio politico che ha favorito l’ascesa al potere dell’estrema destra religiosa. Lo stesso Netanyahu ha accusato Lapid di danneggiare il futuro di Israele e di voler favorire la nascita di uno Stato terrorista. Quindi, la retorica nazionalista aggressiva ed indisponibile della destra, facendo leva su paure ed incertezze degli israeliani, è riuscita ad intercettare la volontà degli elettori attraverso una strategia di manipolazione degli israeliani.

Considerando i risultati elettorali è importante capire se l’instaurazione dei nuovi indirizzi politici possa contemporaneamente coincidere con lo sviluppo tendenze fondamentaliste in ambito istituzionale. Indagando sull’ideologia dei partiti della destra religiosa e sulla retorica nazionalista da essi propinata, è possibile dare una risposta affermativa alla questione. In effetti è probabile che i partiti riunti nella lista Sionismo religioso cerchino di favorire lo sviluppo di linee d’azione fondamentaliste, volte a conformare le politiche statali ai precetti religiosi contenuti nei testi sacri, sancendo la nascita di un sistema istituzionale in cui il fattore religioso prenderebbe il sopravvento. Inoltre, è plausibile che si adottino politiche di giudaizzazione della Palestina, cercando di imporre il dominio sionista sull’intera regione e delegittimando le pretese palestinesi.

 

 

Nato in provincia di Napoli, sono uno studente laureato in Scienze Politiche presso la Federico II, attualmente impegnato nel percorso magistrale di Relazioni internazionali ed analisi di scenario. Appassionato del Medio Oriente, della sua storia e cultura, mi piace approfondire le dinamiche dell’area con sguardo particolare al conflitto israelo-palestinese. La passione per la questione nasce dall’esigenza di voler sapere di più di una tematica, comprendere i rapporti di potere e le contraddizioni dell’area. Più in generale, mi piacciono la storia e relazioni internazionali, mondi che permettono di comprendere le dinamiche della realtà in cui viviamo. Viaggerei sempre, adoro l’irriverenza e la capacità di non prendersi sempre sul serio. Tifoso sfegatato del Napoli, chi dice che Kvara è sopravvalutato, è servo del sistema.