L’ipocrisia delle giornate internazionali come atto di pulizia delle nostre coscienze

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di Maria Rusolo

Avevamo due opzioni: essere tranquilli e morire o parlare e morire. Abbiamo deciso di parlare.

L’ipocrisia delle giornate internazionali mi stringe lo stomaco e se ho combattuto contro la mia innata natura polemica non sono riuscita a trattenere la mia scrittura, mi perdonerete. Forse avrei dovuto fare come molte mie conoscenti e personaggi esposti politicamente e culturalmente, prendere la solita foto della femmina con l’occhio nero e scrivere un post ad effetto, per catturare un po’ di like, ma questo modo di fare non mi ha solo stufato, ma mi disgusta, perché questa solidarietà di facciata da un paio di eventi all’anno non muove di una virgola il sessismo e la cultura patriarcale che relega le donne in un ruolo ancora marginale nel contesto sociale del nostro Paese ed a tutte le latitudini.

Le donne vengono picchiate, uccise, subiscono quotidianamente molestie fisiche, verbali e psicologiche ogni giorno e nonostante tutto si alzano dal letto con il peso di millenni di discriminazione sulle spalle ed affrontano con coraggio i ruoli che qualcuno ha disegnato per loro. Accudiscono, danno la vita, studiano, si impegnano, lottano per la propria libertà e per quella delle proprie figlie, si lasciano uccidere quando reagiscono ai regimi, si lasciano torturare quando non accettano di coprire il capo o quando vogliono guidare ed entrare in aula per poter imparare ed essere indipendenti.

Noi ci ricordiamo di loro in queste giornate, come atto di pulizia delle nostre piccole coscienze. Eppure siamo ancora nella condizione per la quale qualcuno ci indica quale sia la strada da percorrere, quale sia il nostro destino, se possiamo o meno abortire o separarci da un compagno violento, se possiamo ingrassare o dimagrire, truccarci o indossare una minigonna. Siamo in guerra e come armi qualcuno ci fornisce spot pubblicitari e lacrime da coccodrillo in qualche talk televisivo nel pomeriggio autunnale.

Le leggi non bastano, non è sufficiente un Pdc donna per farci sperare che qualcosa si stia muovendo, è un problema culturale quello che ci riconosce ancora il ruolo di ancelle e di vestali poste a tutela del focolare domestico, le donne sono ancora oggi un bersaglio del maschio che non ha voglia di cedere il potere economico e sociale, che vuole ancora concedere e non riconoscere. Siamo ancora alla necessità di barattare il successo, con il riconoscimento della vita privata e familiare. La storia non è stata scritta da coloro che piangono sulle tombe di chi non ce l’ha fatta, ma da coloro che agiscono quotidianamente per rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno riconoscimento delle differenze come fonte inesauribile di crescita e di progresso. Sono convinta che se spingessimo gli individui a riconoscere il merito, piuttosto che altri criteri di selezione, oggi le donne siederebbero alla guida dei Paesi e sarebbero parte integrante del sistema produttivo, ed invece a noi toccano salari più bassi, dimissioni in bianco e mazzate quando osiamo dire NO, senza possibilità di replica.

Chi può denunciare, se non ha solide basi economiche, chi può denunciare se vive in un piccolo paese dell’Alta Irpinia, in cui se non ti sposi o non hai figli entro i quarant’anni, sei considerata ” una spostata”? Le donne devono stare un passo indietro, se parlano troppo sono polemiche o quando si è meno fortunate, come nel mio caso, anche isteriche, devono fingere che non amino il sesso, devono curarsi per gli altri e non per se stesse, devono ammiccare a comando e subire in silenzio, perché rischiano di non essere considerate o ritenute attendibili. Si parla di diritti umani per tutti, di diritti civili, ma per le donne si fa spallucce e si dice ” beh avete voi il comando!” A tutti questi io rispondo, BALLE, non abbiamo nessun comando, e quando abbiamo una certa solidità ci costa il doppio della fatica, abbiamo meno cure che tengano conto della nostra diversità biologica, abbiamo meno leadership nei partiti ed in politica.

Vi siete mai chiesti come mai quando si voglia offendere una donna, lo si faccia riferendosi ad una sua caratteristica fisica, o quando è peggio ad una sua inclinazione sessuale? Beh cercate la risposta, riflettete, aprite gli occhi, essere donna ancora oggi prevede che qualcuno ti chieda in un’aula di giustizia, se non hai in qualche modo spinto l’uomo a stuprarti, per ciò che indossavi o per un atteggiamento civettuolo. Ed allora mi sale lo sdegno a vedere ancora e sempre immagini con fiocchetti rosa o stereotipi anche in queste giornate. Mostrate alle bambine le Madri Coraggio o le donne Iraniane, o le bambine Afghane con il capo chino a leggere, mostrate le donne africane che trasportano l’acqua per chilometri, mostrate quelle che ce l’hanno fatta, non sposando un principe o cedendo alla lusinga del capo. Mostrate che si può e si deve essere Guida, leader di un Partito in barba ad ogni maschio che pensa di avercelo duro.

Non c’è nessuna barriera, lucchetto o catenaccio che tu possa imporre alla libertà della mia mente

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.