Essere donna, un’avventura che richiede coraggio

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di Maria Rusolo

Ma devi sempre ribattere? Ma non ti sembra di esagerare? Guarda che sono gli uomini i veri discriminati. Ormai siete ovunque, avete anche le quote rosa. Su fattela una risata. Ma non si può dire più niente. Ti ho fatto solo un complimento.

Le parole contano, le immagini contano, la rappresentazione conta. Quando si vive in una società ancora votata alla affermazione di certi modelli culturali, si deve decidere da che parte stare senza alcuna forma di tentennamento. Ci spersonalizzano, ci riducono ad ombre di noi stesse anche mentre attraversiamo una passerella, noi siamo dei manichini funzionali ed utilizzate con il solo scopo di perpetuare una distinzione sociale ed umana che ci etichetta come vittime.

Non c’è progresso abbastanza rapido in tal senso, se ad ogni latitudine si continua a distribuire figurine di donne poco coperte anche quando devono essere il racconto di un evento storico. Siamo vittime, oggetti, siamo ancora ghettizzate e siamo disturbanti quando non accettiamo la recita a soggetto che qualcuno ci impone. Perché scrivo sempre di donne? Perché lo sono e perché sino a quando la parità non sarà un fatto evidente e reale, continuerò a lottare perché lo sia, perché non sono una vittima e non voglio che nessuno mi ci faccia sentire.

Ho cominciato sottolineando il valore delle parole, che al loro interno contengono retaggi storici e visioni prossime e future. Se muore una donna i giornali scrivono sia l’ennesima vittima, quando sarebbe più corretto definirla ” persona offesa”, lo stesso legislatore nel codice penale, non usa quel termine, e sarebbe bene cominciare a pensare che ogni elemento accanto ad un altro può costituire lo strumento per uscire dal buio e dalla vergogna della nostra esistenza. Ci hanno insegnato ad avere paura del piacere, a vergognarci del ciclo, a non desiderare fisicamente con frenesia e coraggio, ci hanno insegnato che una donna non deve ” concedersi”, come se fossimo lì solo per raccogliere il seme dell’uomo. Costrette in scarpe improbabili, o in abiti succinti, come se il nostro fine unico fosse quello di compiacere l’altro, non ci è data la possibilità di scegliere chi voler essere, come voler essere ed anche cosa mostrare del corpo e della mente.

Le donne devono rivendicare il diritto di piacersi e di piacere, senza che questo legittimi alcun giudizio, devono poter vivere la notte ed il giorno senza dover temere nulla, devono scegliere se avere un matrimonio o se restare da sole, se avere un figlio o se non essere madri, senza che questo determini che qualcuno possa appiccicare loro addosso qualche etichetta. Altro che, se quello che ci circonda influenza il nostro modo di crescere, se insegni ad una bambina che esistono giochi da maschio o da femmina, mestieri non adatti, comportamenti non opportuni, produci un effetto a catena che si ripercuote nel tempo e che non alimenta alcun tipo di cambiamento. E’ banale pensare che una sfilata di moda possa ad esempio influenzare positivamente la percezione del corpo femminile? Lasciatemi dire, che non solo può, ma che ha un dovere civile e morale, che deve andare verso una naturale inclusione, mostrare dall’alto di un palco che il mondo ha mille colori, forme, strutture, sentimenti, sensazioni.

Quando ti guardano milioni di persone, quando rappresenti un modello per le future generazioni non stai conducendo solo un Festival o non stai proponendo solo abiti, sei un esempio, hai la possibilità di incidere nel terreno arido delle coscienze non educate alla inclusione. Se fai spallucce dinanzi alla offesa per il peso di qualcuno, o stabilisci quali debbano essere i canoni della perfezione estetica femminile stai ghettizzando e stai alimentando una cultura patriarcale nella quale alle donne non resta che il ruolo di accompagnatrici attraenti del capo. Qualcuno ha dimenticato la battuta di Berlusconi sulla Merkel? O l’atteggiamento di ostilità violenta nei confronti della Clinton? Donne capaci, donne colte, donne che hanno lasciato un segno, che saranno ricordate nei libri di storia, ma che sono state colpite a sassate da uomini e da donne senza distinzione. Certo non si sono fatte abbattere, ma poco conta, il dato incontestabile è che il potere femminile non può essere accettato e neanche tollerato. Immaginate che solo nella criminologia moderna si è cominciato a studiare il fenomeno della donna che uccide in maniera seriale, prima non esisteva una analisi compiuta, anche in quel caso la coscienza collettiva non riusciva ad accettare che ” le femmine” potessero essere altro che angeli del focolare, o figure dedite all’accudimento.

Questo la dice lunga su quale tipo di società abbiamo ereditato e su come sia difficile scardinare gli stereotipi. A noi è concesso di essere delle Eva che distruggono il Paradiso terrestre per cupidigia ed irretiscono i poveri Adamo. Insomma il corpo è nostro limite e nostra ricchezza, nessuno oserebbe mai crocifiggere un maschio perché ha i capelli bianchi o i fianchi larghi, noi invece facciamo notizia se decidiamo di non fare la tintura, se ci rapiamo a zero, se optiamo per un viso senza trucco, o se sfiliamo dignitosamente fiere del corpo che cambia e che abbiamo accettato. In un modo o nell’altro non siamo giudici di noi stesse, ma sono gli altri a decidere se siamo vittime, puttane o imputati. Ed è talmente capillare questo atteggiamento che invade tutti i campi della vita quotidiana, senza possibilità di smentita.

Ora anche solo una donna può fare la differenza, anche solo un commento ad un post può rappresentare la partenza verso un nuovo orizzonte, non servono legislazioni favorevoli, servono comportamenti orientati alla parità tra i generi, tra gli esseri umani. Ogni giorno scalze, con le ballerine, pettinate o spettinate, taglia 42 o 46, siamo noi a dover cambiare la mentalità umana, siamo noi a dover incidere sulla cultura di massa, usando tutte le armi a nostra disposizione, e non cedendo di un millimetro a chi ci considera invasate e streghe del nuovo millennio, che ci brucino pure, le fenici in fondo risorgono sempre dalle proprie ceneri.

“Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che se Dio esiste potrebbe anche essere una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse la mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza. Infine avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che chiede d’essere ascoltata.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.