I numeri della stagione estiva per l’enoturismo in Italia: le due facce degli effetti dell’emergenza sanitaria, tra rischi e opportunità

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di Angela Petroccione

Il turismo enogastronomico in Italia da anni fa parlare di sé per le grosse potenzialità di crescita e, nonostante quest’estate i numeri e i fatturati siano stati ridimensionati dall’emergenza Covid, arrivano conferme sulla validità del format. Sarà terreno fertile su cui investire nel prossimo futuro, anche tenendo conto del rischio sanitario ancora incombente.

Numeri interessanti in tal senso arrivano dal rapporto sull’enoturismo presentato il 12 ottobre a Belluno da Roberta Garibaldi, esperta di settore e docente all’Università di Bergamo, in occasione della tavola rotonda dal titolo “Conoscere per crescere: i dati attuali e le opportunità del turismo enogastronomico italiano”.

Il lavoro è frutto della collaborazione con numerose aziende vitivinicole italiane alle quali è stato somministrato un questionario per ricostruire entità e qualità dei movimenti turistici della stagione estiva 2020.

Queste le evidenze del rapporto: nel 31% dei casi gli imprenditori hanno dichiarato di aver diminuito le proprie iniziative e, quindi gli incassi, del 70%. Il 17% ha dichiarato di aver perso tra il 50 e 70% e la stessa fetta di intervistati di aver perso tra il 30 e il 50%. Perdite di attività comprese tra il 10 e il 30% per il 13% degli imprenditori mentre solo il 7% di loro ha ammesso di aver perso meno del 10%.

I flussi del periodo estivo hanno avuto diversa intensità: a giugno movimentazioni minime, da luglio movimenti importanti fino ad arrivare ad agosto che si è confermato mese di punta, con un settembre che a sorpresa ha, di fatto, prolungato la stagione grazie alle condizioni climatiche favorevoli.

Premiate le località a forte vocazione turistica, il che ha favorito in primis le regioni del Sud Italia e, a seguire, il Centro, mentre il Nord  ha fatto più fatica ad incentivare le presenze in cantina e in vigna.

L’emergenza sanitaria ha senz’altro inciso negativamente sui risultati della stagione ma ha dato un importante contributo all’evoluzione del settore, accelerando dei processi di riorganizzazione che potrebbero riposizionare il nostro paese rispetto ai concorrenti europei.

Nella fase di lockdown il turismo enogastronomico ha visto aprirsi nuove prospettive, cibo e vino sono stati oggetto di ricerche diffuse e ciò ha aumentato l’attenzione nei confronti del settore e dei servizi che propone. Destinazioni, offerte, soluzioni alternative sono diventate motivo di approfondimento attraverso il web e tutti gli strumenti resi disponibili a distanza. La maggiore conoscenza ha avvicinato e accresciuto l’interesse.

Gli operatori, dal canto loro, hanno toccato con mano l’esigenza di incidere sul livello di accessibilità alle informazioni: il gap in termini di digitalizzazione è emerso fortemente nella fase di chiusura delle attività al pubblico ed è oggi evidente la necessità strategica di colmarlo. Degustazioni e visite virtuali, utilizzo di QR code e altri supporti, sono ormai in agenda per le realtà che vogliono restare al passo e non rischiare di essere tagliate fuori.

Si ripropongano o meno nel prossimo futuro le limitazioni del lockdown, bisogna tener conto che ormai le regole del gioco sono cambiate: molti incontri b2b si effettueranno virtualmente e così anche quelli b2c, con un effetto positivo in termini di riduzione dei costi. E’ un cambiamento culturale e strutturale in atto che richiede sacrifici e impegno ma con la promessa di benefici per l’intero comparto.

Madre, consulente, pallavolista. Per passione. Marketing e comunicazione sono il mio pane quotidiano. Divoro anche libri, accompagnati da Pinot nero.