Le donne e il tempo che passa

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di Maria Rusolo

Per dirla ironicamente la vecchiaia oggi arriva a nostra insaputa. Non si distingue dalle altre età. La camuffiamo. La allontaniamo. La rimuoviamo. Inseguiamo un’idea di immortalità. Dimenticando il numero dei nostri anni. Poi di colpo arriva la decadenza. Quella parola che avevamo cancellato, come una raffica di vento spazza via il presente.

In settimana alcune conversazioni mi hanno fatto pensare di scrivere un pezzo su come le donne affrontano il tempo che passa, ma vorrei sgomberare subito il campo da equivoci, non ho nessuna intenzione di lamentarmi, semplicemente vorrei raccontare la mia esperienza dinanzi al ticchettare dei secondi che lascia segni sul corpo e nella mente.

Lo dico subito ho un cattivo rapporto con i segni che gli anni lasciano, anzi se devo dirla tutta non ci avevo mai pensato, mi sono sempre vissuta come una giovane indipendente single che aveva tutto in mano e che avrebbe retto a qualsiasi urto le piombasse addosso. Forte autostima dirà qualcuno, no rispondo subito imbecillità e la convinzione che un buon dna familiare mi avrebbe preservato da capelli bianchi, da caldane e che semplicemente sarei stata una dalle gambe buone che avrebbe potuto indossare la mini ed i tacchi fino a sessant’anni.

Mi sono illusa e la scoperta dei primi capelli bianchi, complice il mio ritorno al colore naturale, ha buttato la sottoscritta nel più totale sconforto. Ti alzi una mattina e li vedi lì quei fili che non ti consentono più di sembrare sempre in ordine e di pettinarti come credi e che ti impongono una visita al parrucchiere per una seduta lunga due ore ogni tre settimane. Pensare che mi coloravo i capelli per divertimento, ed ecco che devi abbandonare quelle nuance che accentuano il colorito smorto della pelle, le piccole rughette della fronte e quelle intorno alla bocca. Niente rossetti color carne, niente che faccia risaltare il mutamento e quando hai finito con il viso, passi a guardarti le braccia, “che faccio la metto la manica corta corta sarò ancora abbastanza tonica, o mi tocca coprire per evitare di sembrare ridicola?”

Lo so, lo so, che oggi va di moda il ” chi se ne frega”, ma a me nella solitudine del mio bagno interessa, perché di colpo devo far pace con una che non so chi sia, con integratori per la pre- menopausa, con scarpe dal tacco più basso per evitare che la schiena si pieghi dal dolore ed il collo sembri di gesso. Che faccia freddo o caldo fuori poi io vivo ad una temperatura tutta mia, fatta di botte di caldo che ti fanno sudare all’improvviso e che ti lasciano come un mocho strizzato male nel secchio per lavare i pavimenti. Per non parlare dei giri di shopping, io che entravo con passo sicuro e sceglievo le cose senza passare per i camerini, oggi perdo due ore per comprare una camicia, non perché l’età mi abbia donato maggiore saggezza, ma semplicemente perché tutto veste in maniera diversa. Mi guardo e sono un’altra.

Non sapevo di avere gli ormoni, ma il medico mi ha dovuto dire che sì esistono e sono fastidiosi e che anche mangiare non è più come quando avevo vent’anni. Se penso a quanto mi sia privata di bomboloni, pizze ed alcool in nome del fisico e della dieta, oggi prenderei a capocciate il muro. Per la verità io mi sono persa parte della vita rincorrendo, aspirazioni, ambizioni, ideali, sono stata schiava degli stereotipi pur pensando di essere una donna libera, ed oggi mi trovo a fare i conti con il tempo che passa, e non posso più tornare indietro.

Mi sento malinconica lo confesso, avrei potuto forse fare di più, farlo meglio, avrei potuto fare l’amore più spesso e con maggiore leggerezza, avrei potuto inseguire il sogno di lasciare l’Italia con maggiore determinazione, avrei potuto indossare scollature più profonde senza il timore del giudizio e dello sguardo dei maschi, avrei potuto essere insomma più leggera, più semplice. E mo’ che faccio, resto qui a piangermi addosso o prendo la cosa tra le mani e l’affronto, in fondo sono una persona navigata ed i cinquanta sono i nuovi quaranta. Sì, forse farò così, non taglierò i capelli, non indosserò abiti consoni, farò piano piano pace con lo specchio, e guarderò le possibilità che mi aspettano, certo i tacchi a spillo non è più cosa, ma d’altra parte sono tornate di moda le ballerine, i jeans a vita alta e le zampe.

Sì è vero ho perso il treno per un figlio, ma l’ho fatto un po’ per scelta ed un po’ perché la vita è andata così e sì è vero che il futuro mi spaventa, ma in fondo ogni età ha la sua felicità ed è importante coglierla. Sarò una luccicante giovane anziana più consapevole e più puntuale alla prossima fermata del treno. Il senso è questo è quello di abituarsi ai cambiamenti, anche quando non li amiamo e di coccolarli sino a farne parte integrante del nostro destino. Posso ancora viverlo e deciderlo…ed ora scusate ma devo aprire la finestra perché ho una botta di caldo.

Un uomo non è vecchio finché è alla ricerca di qualcosa.

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.