Muti e sordi

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di Maria Rusolo – foto ANSA

“Non si può conoscere veramente la natura e il carattere di un uomo fino a che non lo si vede gestire il potere.”

Non si può sempre scivolare sulle cose e certe riflessioni non hanno tempo e spazio, e non possono essere divorate nel silenzio generale. Anzi si dovrebbe sempre ritornare sul luogo del delitto, per arrestare quella che è una vera deriva etica. Esistono uomini che senza la gestione del potere sono il nulla, perché non hanno coltivato altro, non hanno arricchito la propria vita di altro che non sia la crescita del consenso e l’arricchimento della propria corte di clienti più o meno fedeli.

Una eterna lotta per accumulare cose su cose, roba su roba, senza alcuna via d’uscita dalla vita di Palazzo. Si sentono baciati dal Padreterno, come moderni Napoleone devono avere tutto tra le mani, plasmare la realtà a propria immagine e somiglianza, nessun limite è possibile, nessun freno alla propria cupidigia, detenere e possedere, nessun errore è contemplato, pagliacci che cercano tifosi, come se fossero in una arena pronti ad utilizzare il pollice per decidere la vita e la morte di milioni di persone.

Non conta il dissenso, non contano le parole, pronunciate con alterigia e menefreghismo, non contano le decisioni assunte nel totale dispregio di ogni esaltazione dei diritti degli individui. Tutto per concessione, tutto per creare un cordone di protezione, nessuno che osi fiatare o alzare gli occhi. Siamo evidentemente in un regime che si finge democratico, ma che non ha più nulla di quel potere del popolo e per il popolo. Non conta il dato anagrafico per i moderni Re Mida, niente si decide altrove, nessuno prova a frapporre una resistenza, nessuno alza la voce per rappresentarsi come alternativa e per creare un campo di libertà.

Capi chini, fratelli e sorelle e vedrete che sarete premiati! Non si nega un incarico a nessuno, una consulenza, una nomina, è sufficiente che tu non abbia disturbato il Re, che si è modernizzato, alle Grida ed ai proclami dal Balcone ha sostituito le dirette social, e la gestione diretta di una massa di pecoroni che una volta pensavano di essere intellettuali.

Si finge di disapprovare, ma in fondo, basta una bonifica, un qua qua qua, un festival o un cda, e tutto diventa silenzio arido del deserto, senza neanche l’ ombra di un miraggio, senza un albero a sollevare lo spirito e la carne dalla calura estiva. Muti e sordi, delle scimmiette ammaestrate, ignoranti e servili, che in un eterno spot ripetono slogan vuoti e petulanti, figli del popolo che chiusi nei recinti delle proprie dimore dorate, non osano smuovere neanche un sasso per non raccogliere l’ira della divinità di turno, creano altari sulla terra a cui regalano sacrifici per avere clima giusto per navigare in un mare nero e putrido, fatto di regalie e di sottomissione.

In un’epoca in cui si pensa di aver conquistato ogni libertà ed ogni diritto, si è sempre più poveri di antitesi, privi di uomini come Odisseo che seppe lottare grazie alla propria intelligenza e sagacia, contro l’ira di Atena, perché la forza che lo spingeva, era più forte di qualunque destino fosse stato scritto da altri per lui. Nessuna Circe all’orizzonte, nessuna donna capace di sollevarsi al cospetto di tanta bassa volgarità.

Il regime è difficile da scardinare quando si suppone sia regolato da leggi apparenti che ne limitano il potere. Una società fatta ahimè, di vittime consapevoli, soldati di terracotta, pronti ad immolarsi per un tozzo di pane. Che Popolo è quello che non sa immaginare una rivoluzione, che Popolo è quello che pensa che i diritti siano privilegi concessi e come è possibile che la Storia nulla abbia insegnato. Hanno trasmesso la facile credenza che sia possibile sovvertire l’ordine delle cose, ma in realtà educano alla cieca obbedienza; l’uomo non ha più come baluardo la conoscenza e la cultura ed aderisce non sceglie. Quello che più lascia sgomenti è che nessuno abbia parole, nessuno sia proiettato a pensare quanto sangue sia stato versato in nome della democrazia e dell’equilibrio tra poteri, a quanti ragazzi abbiano imbracciato un fucile contro le dittature e si preferisce guardare altrove, stigmatizzando le dittature oltre confine, quando in realtà non si è messi meglio a queste latitudini. Un campo arido in cui non crescono coscienze, perché non c’è acqua ad alimentare la crescita umana.

Ed allora dai, governate sino alla morte, senza contare il dato generazionale, tanto consegnerete le chiavi di un altro palazzo al figlio o al nipote, mentre i poveri e gli irredenti saranno lasciati fuori delle mura, gli straccioni, lasciati ai margini dell’impero nei tuguri senza acqua e senza luce. Una volta gli uomini di cultura avrebbero sollevato il capo, ed avrebbero alimentato il fuoco del dissenso, poco alla volta e lentamente, come chi cura una pianta di rose in un terreno arido, coprendola dal freddo ed aiutandola a sopportare il caldo, oggi sono silenziosi come mosche, si mostrano prostrati dalla fatica di qualche festival letterario.

Non c’è resa nelle mie parole, sia ben chiaro, ma la amara constatazione dei fatti e degli accadimenti. Altro che mandati ad personam, altro che campagne elettorali con figli, nipoti, sorelle e fratelli, tocca constatare con amarezza che si è perso il senso di ogni umana decenza, di ogni decoro, e che neanche la Pandemia ha smosso le coscienze, al contrario è servita come ogni emergenza per alimentare le sacche di un potere scrostato e grigio. Come ogni fatto umano anche questo è destinato a finire, perché nessun individuo che si rispetti può accettare di vivere come un maiale solo per essere macellato, accettando il proprio destino come fatto ineluttabile ed immutabile.
“E ricorda, quando si ha una concentrazione del potere in poche mani, troppo spesso uomini con la mentalità da gangster ottengono il controllo. La storia lo ha dimostrato. Il potere tende a corrompere e il potere assoluto tende a corrompere assolutamente. Gli uominigrandi sono quasi sempre uominicattivi, perfino quando esercitano influenza e non autorità. Non c’è eresia peggiore di pensare che la carica santifichi il suo detentore.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.