Napoli forza (4) cammino e considerazioni dieci (10) giorni dopo l’apoteosi

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di Pasquale Lucchese

Prologo: articolo lungo, tardivo per certi versi, a tratti troppo personalistico con vista neuro.

Trentatre (33) anni in ventiquattro (24) mesi. Un mese, l’ultimo, vissuto in una costante adrenalinica spaventosa apnea e che da solo di anni ne vale (almeno) trentatre (33) ! Nove (9) mesi, duecentosettantotto (278) giorni trascorsi da quel 3-0 al Bentegodi che più di un esordio stagionale, sembra(va) il raggelante continuum della terrificante annata precedente [quella post scudo numero tre (3) e chiusa al decimo (10°) posto].
Verona, Hellas, le origini elleniche del sodalizio veneto e della città fondata dai greci si intrecciano spesso, nel bene e nel male, negli anni a.d.l. (avanti De Laurentiis) e d.d.l. (dopo De Laurentiis). La cavalcata trionfale 2022/23 parte da un roboante 2-5 nella città scaligera dove scopriamo, tra gli altri, il georgiano; qualche anno prima contro i gialloblu, salvi e senza obiettivi, il Napoli ha la possibilità, vincendo, di raggiungere la quarta posizione e ottenere un posto in Champions. Finisce 1-1 al San Paolo-Maradona, il calendario segna ventitre (23) maggio 2021. Esattamente quarantotto (48) mesi prima del quarto (4°) titolo. Magie e scherzi dei numeri.

La scoppola rimediata nelle produttive e laboriose lande del nord-est d’Italia è la medicina, la discesa definitiva e ultima negli inferi che segna l’inizio di un nuovo inizio. La società fa il suo “dovere”: completa una rosa monca e maledettamente depressa; la squadra, nei vecchi e nei nuovi, si ridesta, Antonio Conte lo intuisce e dà una sterzata. Il suo primo mantra napoletano, quello della presentazione a Palazzo Reale, “ammà faticà” comincia a prendere forma e sostanza.
Tre (3) reti rifilate al Bologna e quattro (4) a domicilio al Cagliari; tra felsinei e sardi, il primo “miracolo surreale” della stagione si concretizza contro il Parma, domato in una epica e clamorosa rimonta nei minuti di recupero. A Torino sponda bianconera arriva il primo pari (0-0) ma soprattutto arriva Scott Mc Tominay! Scottish style !

Un ciclo di cinque vittorie consecutive, due agevoli (Monza e Como), due di rara e mostruosa efficacia (Empoli e Lecce), una pregevole e significativa (Milan a San Siro), viene interrotto il 3 novembre. Il Napoli prende tre schiaffoni dall’Atalanta, resta comunque in vetta nel mentre io perdo un’automobile (ma questa è un’altra storia…). Oneste ma soprattutto profetiche le parole di Conte: “L’Atalanta, AL MOMENTO, è più forte di noi”. Un qualsiasi altro Napoli con un qualsiasi altro allenatore che non si chiami Antonio Conte, che non abbia la sua esperienza, la sua cattiveria sportiva, la sua intelligenza, la sua brama di vittoria, la domenica successiva a Milano, vs l’Internazionale avrebbe perso. Ma questo è il suo Napoli e il suo Napoli è capace di uscire indenne dallo scontro diretto (1-1) vs i meneghini e mantenere la testa di una classifica che si fa cortissima. Il Napoli, zitto zitto, senza eccessi e senza proclami continua a “mettere fieno in cascina” (cit. di Antonio Conte).
Due vittorie (Roma e Torino) di misura e meritate fanno da prologo alla terza e penultima sconfitta stagionale, a Fuorigrotta si impone la bestia nera d’annata: la Lazio. Si, proprio la Lazio di Pedro…

La sconfitta con i capitolini ci fa perdere il primo posto che ci riprendiamo, in coabitazione con gli orobici, alla diciottesima (18°) giornata, dopo i successi di Udine, Genova e quello interno contro il Venezia (Raspadori sia lodato!). Al giro di boa il primo posto è nuovamente tutto nostro, sbanchiamo Firenze con una delle migliori prestazioni stagionali.
Intanto mentre in campo mietiamo fieno da apporre nella nostra cascina e le aspettative aumentano, il mercato di gennaio ci fa ‘ricchi in banca’ ma poveri di classe e qualità sul prato verde. Il georgiano, ormai senza stimoli, va a Parigi, non viene adeguatamente sostituito e Neres, che tanto aveva meravigliato, si infortuna. Non sarà il solo, anzi! Gli infortuni saranno l’altra tegola che da gennaio, “quotidianamente” alzano maledettamente l’asticella della difficoltà. Tegole che avrebbero ammazzato chiunque. Chiunque tranne Antonio Conte e il suo Napoli.

Il girone di ritorno si apre con tre vittorie, al San Paolo-Maradona cadono il Verona (2-0) e, in rimonta, la Juve (2-1); nel mezzo a Bergamo, uno degli snodi fondamentali della stagione, il Napoli di Conte batte l’Atalanta (2-3) e completa il “sorpasso” sulla dea, auspicato da Conte il tre (3) novembre.
Alla quarta (4°) giornata del girone di ritorno prende il via la fase più delicata e difficile; la rete del romanista Angelino in pieno recupero (1-1), sembra, personalmente, un presagio nefasto. Presagi, paure, mostri, fantasmi che si materializzano nelle altre due rimonte subite vs Udinese (1-1) e a Roma, ancora Olimpico, ancora Lazio (2-2), ancora minuti finali, ancora Dia! La personale o quasi ‘rassegnazione’ giunge sul lago di Como, i lariani ci battono (ultimo ko) e addio primo posto, ora a meno uno (1) dall’Internazionale Milano, nuova capolista e prossima avversaria.

Il primo (1) marzo altro crocevia decisivo, finisce pari (1-1) ma questa volta è un pareggio dolce e sublime che sa di ‘nessuna resa’! Un “X” meritatissimo, arrivato in rimonta nei minuti finali, gli ambrosiani non scappano e “Se vogliamo, possiamo” (Cit. Antonio Conte). Personalmente provo a (ri)crederci, a (ri)tornare in quella modalità “sognante” che sa regalare al contempo tanto ebbrezza, quanto angoscia. Battiamo la Fiorentina nella mia personale ultima ‘apparizione’ in quello che per oltre venti (20) anni è stata la mia seconda dimora, e, nella domenica che torno su (al Nord!), scopro la pessima connessione di Trenitalia e scopriamo quanto sappia essere triste Venezia. Il palo di Raspadori sembra il fotogramma della resa, l’Ambrosiana vola a + tre (3). Distacco invariato anche dopo il 2-1 inflitto al Milan, il pari in quel di Bologna (1-1) e il tris all’Empoli.
Mancano sei (6) turni, il calendario più agevole rispetto a quello dei lombardi ci impone, nonostante il ritardo in classifica, di non smarrirci in nessun albergo, di crederci e di “continuare a dare fastidio” (Cit. di Antonio Conte),

Giungono le festività pasquali e, sabato 19 aprile, uno dei Napoli più brutti dell’anno si impone di misura a Monza, segna Scott ma Partenope appare stanca, in affanno. Nell’uovo di Pasqua c’è però LA MAXI SORPRESA, tanto inaspettata, quanto deliziosa e bella: il Bologna in pieno recupero batte l’Inter: siamo nuovamente primi insieme ai nerazzurri.
La mia salute mentale comincia a scricchiolare! Intanto la Storia calcistica si intreccia con la Storia mondiale: Lunedì in Albis muore il pontefice; in vista del funerale, in programma il sabato successivo, il calendario della giornata numero trentaquattro (34) subisce delle modifiche. L’Inter che in settimana è crollata nel derby valevole per la semifinale di Coppa Italia (3-0) e che il mercoledì ha la Champions, prova a rinviare chissà a quando la sfida con la Roma; prevale il buon senso e la partita vs i giallorossi si gioca nel canonico orario di un calcio che fu: alle 15.00 di domenica. Non seguo la partita, anzi stacco la connessione e provo a fingere di fantasticare su altro. La lieta novella, la vittoria della Roma a Milano mi arriva verso le 17:00 quando mi connetto con il 2025! La sera battiamo ‘facile’ il Torino (doppietta di Scott, lo scozzese!), voliamo a +3 e scopro di avere almeno una cosa in comune con mister Antonio Conte: “Non ho seguito la partita dell’Inter. Anche perché già soffriamo per noi perché dobbiamo soffrire per gli altri. Ho spento telefono e tutto e alla fine ho sentito che qualcuno era contento”.

Da quel momento la mia personale salute mentale non scricchiola più, esplode, crolla, precipita. Il pensiero h24 è lì, solo lì, null’altro che lì! Provo a pensare ad altro, ancor più provo a nasconderlo; vivere a 1000 km dalle origini, da casa, almeno su questo aiuta.
Sabato tre (3) maggio il Napoli va a Lecce, i salentini hanno bisogno disperato di punti, la spuntiamo con una punizione di Raspadori; restiamo a + tre (3).
Per tanti la trasferta vittoriosa nella Lecce di Antonio Conte è il passo decisivo, non per me e non per Antonio Conte: “L’esperienza degli anni mi ha insegnato: ho vinto e perso tanto in carriera, le sconfitte mi hanno segnato molto di più e mi hanno fatto diventare più cattivo nel raggiungere l’obiettivo. Quando perdi ti brucia sulla pelle e te la porti per tanto tempo, oggi mancano tre giornate e non abbiamo fatto niente. Vorrei che questa domanda mi venisse posta nell’eventualità di qualcosa di straordinario”.

Quel qualcosa di straordinario che alla giornata numero trentasei (36), terzultimo turno, si fa ancora più in salita. Domenica 11 maggio, alle 18:00, l’Inter, intanto finalista di Champions, batte il Torino; disconnettersi questa volta non è servito. I nerazzurri ci hanno raggiunto in classifica in attesa di Napoli – Genoa in programma alle 20:45. I rossoblu sono salvi, non hanno obiettivi, avversario comodo. Sulla carta. Sul campo finisce 2-2, ci facciamo rimontare due volte e “Ci siamo giocati il bonus, quello del pareggio” (Cit. Conte).
Il vantaggio a due giornate dal gong è di un solo punto, il termometro mentale deflagra, l’attesa si fa pesante, ricca di paure e angosce, speranze e incubi. Alla penultima si va a Parma, i ducali sembravano avviati alla salvezza tranquilla, poi improvvisamente si arenano, perdono con Como ed Empoli e contro il Napoli hanno bisogno di punti; l’Inter ospita la Lazio, fortunatamente ancora in corsa per un posto Champions.
Si gioca di domenica sera, tutti in contemporanea, come ai vecchi tempi. Impossibile e sostanzialmente superfluo e vano provare a raccontare quel turbinio di emozioni, quel saliscendi vorticoso di stati d’animo: baratro Bisseck sul finire di prima frazione, orgasmo Pedro dopo il Var, abisso profondo Dumfries al minuto ottanta (80), gomito di Bisseck, Var e rigore, fiato sospeso per il paradiso Pedro. Minuto novanta (90). La paura.
Nel frattempo a Parma il risultato non si è mai sbloccato, Anguissa, Politano e Scott si fermano sul palo, il rigore conquistato da Neres al minuto novantatre (93) viene cancellato dal Var. Radioline, cellulari, tablet, tra Milano e Parma ci si “gioca la vita” (Cit. di Barella). I due lunghi recuperi non sortiscono ulteriori effetti, i triplici fischi sanciscono due pareggi, Napoli e il Napoli sono vivi e soprattutto siamo ancora primi.

Superato l’Everest dell’ultima curva, il traguardo è ad un passo ma “Non tiriamo fuori bandiere con numeri a caso. Ci manca l’ultimo passo. Andiamoci a prendere lo Scudetto!”. Parte il valzer di quando giocare in contemporanea gli ultimi novanta (90) minuti delle due battistrada, l’ultimo atto andrà di scena venerdì ventitre (23) maggio.
Ammetto che a quel punto e solo a quel punto, con lo stato emotivo leggermente più ‘sereno’, ho provato la carta dell’accredito ma era troppo tardi. Era destino, niente stadio, niente seconda dimora. L’idea di fare un lungo week-end partenopeo è balenata, ma meglio non rischiare di sovvertire l’ordine naturale delle cose; perché rischiare di spostare l’asse azzurro ormai allineato !? Il Bene Supremo, il Napoli, il Napoli scudettato batte qualsiasi altro aspetto, anche personale. Napoli – Cagliari la vivo da solo e da solo mi godo l’eurogol di Scott, lo scozzese, al minuto quarantadue (42) e di Romelu al minuto cinquantaquattro (54).

Lo scudetto numero quattro (4) è nostro, lo scudetto che sa di miracolo, di impresa, di trionfo meritato, di abnegazione, di ‘fatica’, di coraggio, di paure, angosce. Ottantadue (82) punti NOI, ottantuno (81) loro. Un punto tra noi e loro che vale l’infinito e oltre, che vale una gioia inaspettata, un piacere illimitato.
Uno scudetto diverso dal terzo, da quello di appena due (2) anni fa, arrivato dopo trentatré (33) anni dal secondo. Diverso, né più bello, né più brutto. Personalmente questo lo sento ‘più mio’ perché l’ho accompagnato live per oltre metà campionato, perdendomi ‘il meglio’! L’altro, vinto in scioltezza e senza ‘particolare stress’, l’ho vissuto meno da ‘protagonista’ ma ho potuto vivere dal vivo gli atti decisivi, inebriandomi nella festa. Se due (2) anni fa ho vissuto il post-scudo con un leopardiano ‘Sabato del villaggio”, questa volta, nonostante la pesantezza emotiva e neurologica dell’ultimo mese, a far capolino è una sorta di nostalgica mancanza! Una mancanza che chiaramente è tale solo perché alla fine si è vinto!
Se due (2) anni fa il terzo (3°), per quanto giunto con abbondante anticipo e senza nessun vero avversario capace minimamente di insidiarti, poteva essere un titolo ‘fortuito’, casuale, figlio dell’esplosione di Oshimen, delle ‘ciambelle’ perfettamente riuscite in estate (Kim e Kvara) e del maniacale apporto di Spalletti, questo, il quarto (4°), potrebbe rappresentare una svolta epocale. Vincere due (2) titoli in tre (3) anni non capita tutti i giorni (dai tempi ante-guerra del Grande Torino non era mai successo) a meno che non ti chiami Juve, Milan o Inter; un titolo così punto a punto, con una rosa peraltro meno forte della diretta rivale (e non solo) non capita tutti i giorni.

La conferma della possibile, augurabile svolta (per Napoli, per il Napoli e per il calcio italiano e non solo), arriva però qualche giorno dopo la grande festa con i due (2) bus scoperti andata in scena, sul Lungomare, il lunedì post scudo. Antonio Conte non ripete quanto fatto da Luciano Spalletti, corteggiato dalla ‘sua’ Juve, il tecnico giunto al suo decimo tricolore personale tra calciatore e allenatore, decide di restare al timone del veliero azzurro! Un affronto alla Juve e alla stampa settentrionale, una scelta che non è dettata OVVIAMENTE e per fortuna dal cuore, ma che sta lì a testimoniare il valore attuale della S.S.C. Napoli e la sua “volontà di potenza”.

Anche a tal riguardo, non si parli di cadeau dell’Inter; la squadra di Inzaghi(no) era indubbiamente la più forte ma non ha regalato nulla. La furbizia, la bravura del Napoli e di Conte è stata quella di restare sempre lì, tra “fieno da mettere in cascina” a “vogliamo dare fastidio” alla futura vice-campione d’Europa; in fondo esser stati la capolista per ventuno (21) turni compresa la trentottesima (38°) giornata avrà pur un valore.

Ovviamente nei prossimi anni ben vengano regali, cadeau e tanto altro! Vedere il nome del nostro Napoli nell’albo d’oro non ha eguali; vedere trionfare il Napoli, senza retorica meridionalista e ‘riscattista’ ma con puro spirito di sacrificio, con programmazione e capacità imprenditoriali, che piacciano o meno, è il successo più importante.

Grazie ragazzi, grazie Oriali, grazie Antonio Conte e al tuo staff, grazie SSC Napoli, grazie Aurelio De Laurentiis.

Nato 43 anni fa a Napoli, da sempre residente a Casoria. Laureato in Storia alla Federico II, militante politico, impegnato nel mondo dell'associazionismo e del volontariato. Oltre alla storia, e alla politica, l'altra passione è il calcio, in particolare il Napoli. Il colore preferito è, ovviamente, l'Azzurro!