Un deserto sociale e culturale

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di Maria Rusolo

Tutti vorrebbero votare per l’uomo migliore: peccato che non sia mai uno dei candidati

Le campagne elettorali degli ultimi anni non hanno certo brillato per capacità di offrire un’alternativa valida in termini di gestione e di offerta per migliorare le sorti del nostro Paese, ma quella a cui stiamo assistendo è addirittura peggiore dell’ultima che ha visto il Vaffa trionfare alle urne. Sicuramente, volendo cercare delle attenuanti si dovrà far riferimento ad una legge elettorale sgangherata, alla riduzione del numero dei parlamentari, ed alla inesistenza dei partiti, quasi di tutti, in termini di organizzazione di una classe dirigente a livello territoriale, ma quello a cui si assiste, complice la stampa ed i social è qualcosa di agghiacciante.

Passiamo dagli slogan insulsi ed anacronistici, alle affermazioni prive di pragmatismo, agli attacchi personali, al richiamo al voto utile, in questa ultima circostanza l’offesa nei confronti degli elettori è qualcosa di intollerabile. I politici che la usano sembrano dire ” facciamo pena, ma turatevi il naso che qui rischiamo l’uomo calvo al balcone”. Come se tutto questo non bastasse ora si tira in ballo Peppa Pig, che per chi non lo sapesse è un maialino protagonista di un cartone animato per bambini in età prescolare, la colpa del paffutello animaletto è quella di aver in una puntata presentato una famiglia con due mamme maialine.

La cosa in realtà farebbe già sorridere così e non sarebbe degna di neanche un minuto del nostro prezioso tempo, ma invece è diventata addirittura oggetto di uno scontro sui diritti civili tra il centro- sinistra ed il centro- destra. Ai miei tempi, che brutta cosa avere una certa età, non mi ricordo che qualcuno volesse dissuadermi da immaginare di essere Lady Oscar, donna vestita da uomo, che fa il soldato alla Corte di Francia, o che mio padre mi dicesse che non dovevo guardare Goldrake o l’Uomo Tigre, perché potevano confondermi sulla mia identità di genere. C’è una sorta di rottura spazio- temporale che deve aver creato una frattura o una tale crisi sistemica e culturale da averci cancellato la capacità di giudizio e di capire quali siano le cose giuste e quelle sbagliate, quelle che attengono alla nostra natura di singoli esseri umani, e di parte di una comunità o di un collettivo.

Quando abbiamo consentito ad una massa di cretini di rappresentarci nelle massime istituzioni dello Stato, senza un briciolo di attenzione, competenza, rispetto e merito? Quando abbiamo consentito a questa gente triviale di riderci in faccia, calpestando i nostri diritti e di trattarci come meri esecutori delle loro volontà. Un mese intero a parlare di gossip e di vacuità, del divorzio di Totti e delle bolle di sapone, piuttosto che comprendere che c’è gente che non riesce a curarsi il cancro, che vive in paesi della provincia non serviti da mezzi pubblici, nei quali non ci sono più scuole, perché non nascono bambini, non ci sono ospedali di comunità e non c’è alcuna possibilità di crescita economica.

Questo Paese sta diventando un deserto culturale e sociale, ed i politici battibeccano su twitter e facebook alla ricerca di un like o di una condivisione. Li senti parlare e ti avvolge lo sconforto e l’amarezza, e ti chiedi perché con tanti giovani preparati, pieni di buona volontà ci tocchi avere gente così ” brutta” umanamente e vuota in ogni posto di responsabilità, dagli ospedali, alle università, ai ministeri, agli enti e sino ai due rami del Parlamento. Guardi i leader degli altri Paesi e ti chiedi che cosa ci sia che non va in Italia, è perché la sindrome di Tafazzi sia diventata regola di vita. Io mi chiedo, ma in una squadra di calcio per poter vincere si acquista l’attaccante che sfonda la porta dell’avversario o quello che gira per il campo senza vedere la porta?

Qualunque dovesse essere l’esito delle urne, mi auguro che il giorno dopo le persone ad ogni livello facciano dello sdegno la propria bandiera per rivendicare con forza il proprio posto nel mondo, non bisogna mai lasciare agli altri la decisione di cosa vogliamo essere e di come vogliamo vivere il tempo che ci è stato concesso. Le rivoluzioni falliscono se lasciamo agli altri il compito di individuare gli obiettivi e come realizzarli, nessuno ha il diritto di decidere quale stella seguire, quale colore indossare e quale strada perseguire, nessuno ci può costringere a lasciare la nostra terra, le nostre famiglie e la nostra cultura per paura, o per assenza di speranza e di orizzonte.

Abbiamo una vita soltanto e dobbiamo viverla al meglio delle nostre possibilità, anche quando tutto quello che ci circonda ci sempre immutabile. Io non voglio morire stanca e disillusa per non averci almeno provato. Siate voi a scegliere, oggi, domani e sempre, lottate anche contro questo tipo di invasione, che non è meno grave di quella che caratterizza una guerra, anche in questo caso abbiamo assalitori alle porte, che ci tolgono ogni barlume di luce e di sogno.

Una mattina mi son svegliato,
oh bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
e ho trovato l’invasor.
O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.
E seppellire lassù in montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire lassù in montagna
sotto l’ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno
Ti diranno «Che bel fior!»
«È questo il fiore del partigiano»,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
«È questo il fiore del partigiano

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.