I danni del populismo

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“I Sanmenoniti erano conosciuti per il loro populismo e i loro metodi rozzi, ispirati a San Menonio, santo che nei quadri è raffigurato con un randello in mano, come il fante di bastoni, ed è noto ai fedeli per aver convertito interi paesi di montagna a mazzate.“

C’è un populismo buono ed un cattivo? Intendiamoci la Leopolda dello scorso Weekend che ha lanciato il nuovo movimento di Renzi è diversa in termini di metodo, intendo dalla Piazza della destra di sabato a Roma? In un momento storico così complesso, con un equilibrio instabile non solo economico, ma valoriale, di linguaggio, di temi, di visioni, aizzare le folle e concentrarsi su claim, come ci trovassimo in un perenne Truman Show quanto peggiora l’atmosfera nel Paese?

Ci rifletto da giorni, come spesso faccio al cospetto di quanto accade e di quanto ascolto in giro nelle mie lunghe passeggiate per la città, scansando una buca o una deiezione canina, assimilando ogni parola degli uomini e delle donne della mia generazione, attraversando i lunghi corridoi dei Tribunali, in cui la giustizia ormai sembra una perenne attesa ingiusta e mi sono fatta una idea piuttosto precisa. Il populismo di questa epoca da qualunque parte provenga è l’anticamera della disgregazione culturale e sistematica della volontà della gente, e lo strumento attraverso il quale chi non riesce a risolvere i problemi gioca con gli istinti della gente, convincendoli che il mondo sarà migliore e che le grandi questioni si risolvono con un reato in più o con un immigrato in meno.

Non esistono risposte semplici a situazioni complesse, e trasmettere un messaggio come questo spinge la gente ad eleggere persone poco competenti solo per promesse o per slogan che saranno compiutamente e costantemente disattesi. Non ha senso parlare dei porti chiusi, che non lo sono mai stati, o di emergenze sicurezze e per distogliere l’attenzione dalle vere emergenze, e non serve canticchiare un motivetto che metta al centro le donne ed i giovani in politica, quando non esistono gli strumenti affinchè le donne con merito possano davvero accedere alle stanze dei bottoni. Fuffa direbbe qualcuno, o meglio una recita a soggetto che vede gli stessi personaggi su palcoscenici diversi usare mezzi identici seppure dandosi una diversa collocazione. La logica è la stessa, vi invito a rifletterci.

La logica è sempre quella dell’uomo solo al comando, che promette crescita e sviluppo, democrazia e trasparenza ma poi nei fatti agisce per la semplice conservazione del potere. Messi a confronto questi due mondi, in tutta onestà mi sembrano le facce di una stessa medaglia, non scorgo profonde differenze, al contrario molte similitudini. Ed è un continuo saltellare da una emittente e l’altra, ed è un continuo tweet o una diretta social, più attenti alla forma che alla sostanza, mentre fuori il mondo brucia, ed una generazione lascia il nostro Paese.

Non ho sentito una sola parola che riguardasse il Sud, non ho sentito una sola parola sulla relazione conclusiva di Cantone, e sui livelli di corruzione che strangolano la pubblica amministrazione, non ho sentito una sola parola, anche piccola sui livelli di malaffare o sulla crescita delle povertà che rappresenta terreno fertile per la criminalità organizzata, non una sola parola sui mali della giustizia, sui tempi interminabili dei processi, e sui costi per le imprese e per l’economia già strozzata del paese, nulla su come investire sulla formazione, e nulla sulla necessità di proteggere come specie ormai in via di estinzione i professionisti autonomi, nulla e meno di zero sulla scomparsa di una qualsiasi mobilità sociale per chi non abbia raccomandazioni o sia voluto dal potente di turno.

E per sfatare ogni diceria sul mio conto, io in Renzi ho creduto quando militavo nel Partito Democratico, pensando che una nuova generazione si sarebbe finalmente affacciata alla politica ed avrebbe modificato gli assetti ed i dogmi della discussione, poi ha invece creato una squadra di fedelissimi che omaggiavano il capo e l’illusione è durata pochi attimi. Quindi non vedo alcuna differenza, mi spiace, vorrei, ma al momento vedo due populismi, entrambi dannosi per il Paese, e per chi ha voglia di riprendere in mano le sorti di una comunità smarrita, anzi dirò di più scorgo segnali di un appiattimento privo di pensiero e di riflessione, che mi spaventa e che dovrebbe spaventare anche gli altri.

“Appellarsi invece al popolo significa costruire un figmento: siccome il popolo in quanto tale non esiste, il populista è colui che si crea una immagine virtuale della volontà popolare.“

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.