La strage di Ustica è la storia di un cedimento strutturale, sì.

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di Andrea Carpentieri

La sera del 27 di un giugno di pace del 1980, qualcuno volle scatenare la guerra nei cieli di uno Stato alleato. Uno Stato alleato trattato come suddito e comportatosi da zerbino, uno stato perciò impunemente calpestato.

Quella sera ottantuno persone, sessantanove adulti e dodici bambini, furono trascinate giù a oltre 3500 metri sotto il livello del mare, in uno dei punti più profondi del Tirreno.

I giudici, su tutti Rosario Priore, hanno ormai accertato che il DC9 IH870 fu abbattuto: forse da un missile, forse da una semi collisione (<<near collision>>, in gergo).

Eppure, quella della strage di Ustica è la storia di un cedimento strutturale.

La sera del 27 giugno di quarantacinque anni fa i nostri centri radar guardarono con gli occhi bendati e la bocca cucita gli aerei americani, inglesi e belgi che volavano in assetto di guerra; la sera del 27 giugno di quarantacinque anni fa i nostri centri radar osservarono senza colpo ferire i caccia francesi partiti da Solenzara e venuti a giocare nei cieli d’Italia: al tiro al bersaglio contro un mig libico, all’assassino sulla lamiera di un aereo civile e sulla pelle di ottantuno italiani?

Nei mesi e negli anni successivi l’Aeronautica Militare, i ministri della difesa, i capi di governo e i presidenti della Repubblica tacquero, smentirono, in alcuni casi vi fu chi depistò: ne derivarono pagine di registri presenze strappate, testimoni misteriosamente morti suicidi, impiccatisi ma con i piedi che toccavano il terreno, tracciati radar non consegnati o consegnati con ritardo, contraddizioni, vuoti di memoria, menzogne.

E allora sì, Ustica fu cedimento strutturale.

Cedimento della struttura morale di una nazione che confessò al mondo che la si poteva stuprare, violare, violentare, le si poteva pisciare in faccia e sputare in volto…lei, quella nazione, non avrebbe battuto ciglio, non avrebbe osato difendersi e difendere i propri figli, non ne avrebbe – una volta morti – tutelato neppure la memoria.

Oggi sappiamo cosa accadde, certo, sappiamo anche il perché, ma non basta e non può bastare in quanto ancora oggi ignoriamo chi fu ad uccidere ottantuno di noi.

Eravamo, a differenza forse degli assassini, e ancora siamo un paese della NATO, quella NATO sotto il cui ombrello avvenne la strage: abbiamo il diritto ed il dovere di pretendere, come Nazione se siamo una vera Nazione, la verità sugli esecutori della strage. Ustica è uno squarcio nella nostra storia, è una lesione profonda sulla pelle dell’Italia, un coltello infilato da quarantacinque anni nel cuore della nostra identità collettiva.

Non dobbiamo smettere di esigere di sapere di chi fu la colpa perché, come disse Franco Di Mare in un toccante e magistrale speciale ancora visibile su Rai Play, <<alla verità un paese civile non deve mai rinunciare. E alla memoria nemmeno>>.

#Ustica

#DC9

#FrancoDiMare

Andrea Carpentieri è dottore di ricerca in filologia classica, ed ha al suo attivo diverse pubblicazioni nell'ambito degli studi di letteratura latina. Ex agonista nel karate, ha avuto la fortuna di vincere trofei e medaglie nazionali ed internazionali nella specialità del kumite (combattimento). Che si tratti di letteratura, lingue vive o morte o arti marziali, ogni giorno prova ad insegnare, cercando però, soprattutto, di continuare ad imparare.