A casa tutto bene – Brunori

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Qualche giorno fa Dario Brunori ha presentato alla Feltrinelli di Piazza dei Martiri, a Napoli, il suo nuovo disco. “A casa tutto bene.” Un disco maturo, con il “vecchio” Brunori che rimane in disparte ma a fare comunque da sottofondo alle nuove storie raccontate nelle 14 canzoni di questo quarto lavoro dell’artista calabrese.

Non che sia cambiata la sua musicalità, ne i macroargomenti di cui si parla, ma, anche a detta dello stesso cantautore, è il suo modo di dire le cose ad essersi evoluto. Il disco è nato in un viaggio in taxi verso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, con un tassista che rappresentava alla perfezione l’italiano medio, pieno di odio e rabbia verso qualsiasi cosa che ritenesse diversa. Inutile stare qui a fare discorsi sulla stupidità del razzismo.

Dietro il razzismo, ed è quello che viene fuori da questo disco, c’è la paura. E Brunori, che ha sempre dimostrato, anche nei suoi dischi precedenti, una certa sensibilità per determinati argomenti, trattandoli però sempre molto da lontano, sfiorandoli con dei riferimenti piuttosto che esplicitandoli, ora ha deciso di spiattellare tutto così com’è, tant’è che uno dei primi pezzi usciti si intitola “Canzone contro la paura”.

Musicalmente, il disco non delude e, sebbene più ricco di particolarità, non perde l’inconfondibile stile Brunoriano, sempre vicino e sempre associabile a mostri sacri della musica italiana come Lucio Dalla, De Gregori e Rino Gaetano. Invece viene sempre associato al mondo dell’indie che ora va di moda, senza nemmeno averne una definizione precisa. E ovviamente, man mano che le mode vanno, arrivano anche a chi con un determinato tipo di musica e di tematiche non c’entra nulla, il che non sempre è un lato positivo.

Ma finché la musica è quella di Dario Brunori, è giusto che si espanda a macchia d’olio a livello nazionale. Tra tutte le cose dette alla Feltrinelli, sempre tra il divertente e il serio, l’autore ha parlato di un pezzo, “Diego e Io”, che racconta la storia di Frida Kahlo e Diego Rivera. Rispondendo al giornalista, Brunori ha detto che a Napoli il titolo avrebbe potuto trarre in inganno visto il riferimento a un Diego, e magari qui sarebbe andato meglio. Come si fa a non volergli bene a uno così?

Sono un ingegnere aerospaziale di 28 anni, appassionato di lettura, viaggi e malato del Napoli e di Napoli. La passione per la scrittura e per i viaggi mi ha permesso di aprire la mente, di non avere pregiudizi, di considerare la vita in maniera non convenzionale, e di immaginarla come un immenso viaggio tra le culture di ogni parte del mondo.