Bevono champagne e ridono mentre la nave affonda…

Condividi su

di Maria Rusolo

Si sappia che le menti scadenti sono la regola, le buone l’eccezione, le eminenti rarissime e il genio un miracolo.”

C’è un vizio italico, in tutte le cose, vivere da conformisti e da poltronari e giudicare da irascibili contestatori nei contesti pubblici. Sono decenni che ormai dalla propria poltrona si riversa nello spazio la propria supposta superiorità intellettuale, una sorta di puzzetta sotto il naso che avvelena ogni dibattito pubblico, dai talk televisivi ai social, è tutto un fiorire di gente che sa tutto di tutti e che su ogni questione deve diffondere il verbo, senza possibilità di avere un contraddittorio, senza la possibilità di capire in quale mercato del pesce si siano acquisite queste fantomatiche competenze.

Guardate io mi interesso di politica da molti anni, quelli che meno sanno, quelli che meno si impegnano e parlano con i megafoni della loro ignoranza fanno carriera. E si amici miei, te li trovi incardinati in qualche meccanismo anche come vincenti, sono quelli che all’improvviso si candidano in qualche civica, senza aver mai faticato a niente. La mediocrità come valore sociale, di cui portano fieri la bandiera, si immergono nella farina di mais, e gialli come il canarino dei cartoni animati, sciorinano le proprie sentenze.

Intanto il Paese va a gambe all’aria, e ti tocca chiamare il secchione di turno per risolvere le questioni di ordinaria e di straordinaria amministrazione, perché i pozzi sono secchi, e non saprebbero amministrare neanche il condominio del palazzo della nonna, nel più piccolo comune d’ Italia. Ora il paradosso che viene a determinarsi è molto serio e merita qualche parola. Sono maggioranza i mediocri con gli occhialini alla puffo quattr’occhi, che poi senza Grande Puffo sarebbero divorati da Gargamella, e spezzano le gambe a tutti gli altri.

Si trovano ad ogni latitudine, ma qui impazzano, divorano tutto quello che li circonda, ed anche nei contesti sociali e di impegno politico assorbono il lavoro fatto dagli altri; assumono incarichi di prestigio, si spendono per gli amici loro e succhiano consulenze e vantaggi, mentre gli altri, quelli bravi devono faticare per dodici ore al giorno per restare a galla. Nessuno tocchi Abele, mi verrebbe da dire, perché questi signori che si vestono da pecore nei contesti che contano poi sono lupi affamati che aspettano la preda senza scomporsi più di tanto. E ti devi sciroppare pure il loro falso moralismo, devi sopportare che coperti da famiglie potenti riescano a scavalcare qualunque regola e si consentano anche di puntare il dito. Belli e dritti, i rampolli della nuova Italia che conta, non li schiodi i mediocri, infestano tutto come un parassita che divora il grano.

Bevono champagne e ridono mentre la nave affonda, e tu non hai scialuppe a cui aggrapparti. Sono inamovibili e si trasmettono la mediocrità di padre in figlio, come se fosse una componente genetica. Se la cavano sempre anche durante le guerre, le rivoluzioni e le pandemie. Cambiano colore e cambiano abito, ma sono sempre lì ed a loro si perdona tutto. A noi poveri mortali ci tocca pure sorbirci i sermoni imbastiti di termini come competenza, coerenza, etica e capacità.

Ogni tanto si mostrano magnanimi e lasciano qualche seme ai polli, che sono pur sempre funzionali al potere del capo. Entrano nelle scatole di tonno ed imparano a nutrirsi di caviale, gli altezzosi mediocri, che presto o tardi però saranno travolti e schiacciati dal nostro disprezzo, perché anche gli animali da cortile presto o tardi imparano a volare.

“I paurosi tirano per i piedi chi è intento a volare, per riportarlo a terra. Nella meschinità si sentono meglio se tutti strisciano, li umilia che qualcuno possa contemplare da un piano a loro inaccessibile.”

 

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.