Caini d’Italia

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A un certo punto, la litania dei tifosi della Sampdoria era diventata così insistente e irritante che pure i telecronisti di Sky hanno finalmente mostrato fastidio per le indecenze che erano costretti ad ascoltare. Questa volta, per la verità, hanno perso la pazienza un po’ tutti: da Insigne a Sarri che, verso la fine della partita, ha minacciato addirittura di abbandonare il campo. 

Il raglio della curva blucerchiata è solo l’ultima atto di una stagione vergognosa. Sarebbe noioso citare ogni singolo episodio, ogni singolo coro, ogni singolo stadio in cui si è distillato odio e disprezzo. E si badi: il punto non è la difesa d’ufficio di Napoli e dei napoletani. Si può rispondere ad accuse in qualche maniera fondate, non a offese sgrammaticate, maledizioni che provengono da menti contorte o razzismi frutto di analfabetismo ideologico. Certe espressioni meritano soltanto indifferenza, nemmeno commiserazione o ironia che in genere si riserva alle persone intelligenti, non agli stupidi.

Perciò, quello che di cui dovrebbero preoccuparsi i Signori che amministrano il Pallone sono le ricadute che tali atteggiamenti possono avere sulla reputazione complessiva e sulla tenuta sociale del Paese. Il calcio c’entra fino a un certo punto. Ammettere che in uno stadio della Repubblica italiana diverse migliaia di persone possano intonare impunemente cori diffamatori, invocare l’eruzione di un Vulcano che produrrebbe morti e distruzione, discriminare un’intera popolazione è qualcosa di tremendamente imbecille ma anche del tutto inaccettabile.

La Figc, la Lega Calcio, le società sportive, gli stessi calciatori attraverso il loro sindacato dovrebbero pretendere delle misure drastiche per reprimere questo stato di cose inaccettabile. Invece, prevale l’ipocrisia, la minimizzazione, si derubricano comportamenti quasi da codice penale a sfottò da stadio. È vero che esser cretini non è reato ma le manifestazioni di odio reiterate, pubbliche, altisonanti non possono essere consentite in uno Stato che ha la pretesa di definirsi civile. In nessun altro campionato europeo, sarebbe tollerata una situazione del genere. A un gruppo di tifosi del Chelsea in trasferta a Parigi, non è più stato permesso di recarsi allo stadio per aver assunto atteggiamenti analoghi nei confronti di alcuni passeggeri della metropolitana il cui unico torto era la carnagione scura. Insomma, quando c’è la volontà di agire, si riesce ad allontanare dagli impianti calcistici questi miserabili mascalzoni.

Allora, se in Italia non si è in grado di garantire uno svolgimento corretto delle partite, che si fermi il campionato, che si chiudano queste cloache a cielo aperto che qualcuno si ostina ancora a chiamare stadi, che si prenda atto dell’assoluta impotenza dei vertici calcistici e del sostanziale disinteresse dei politici.

Nella domenica in cui tutte le attenzioni mediatiche erano dedicate giustamente alle celebrazioni per Francesco Totti, resta l’ennesima macchia indelebile sulla credibilità del movimento calcistico italiano e sulla serietà di un Paese incapace di arginare l’intemperanza verbale di un manipolo di scalmanati mascherati da tifosi.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.