I giovani del governo Renzi sono davvero una risorsa per il Paese?

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Tanti giovani nel governo presieduto da Matteo Renzi. La stura alla retorica del sempre valido “largo ai giovani” è stata largamente enfatizzata dai media compiacenti in questi nove mesi di governo. Io credo, invece, che quello dell’età è un falso problema.


Vogliamo pensare al ricambio di classe dirigente? O ad alcuni meccanismi del sistema politico ( come lo snellimento burocratico)? Nessuno dei due elementi in questione ha a che fare con l’età. Per quale oscuro motivo, infatti, un politico “giovane” dovrebbe essere, in quanto giovane, immune dai difetti dei politici anziani se il suo reclutamento, la sua carriera (?), il tipo di formazione politica, il parlamento e il meccanismo di governo in cui opera, la legge elettorale che lo ha eletto, restano assolutamente gli stessi?

Quale differenza mai conferirebbe il semplice dato anagrafico? Senza tener conto delle numerose “prove” a favore di uomini politici maturi che fornisce la storia. Churchill, De Gaulle, De Gasperi erano tutti oltre i 65 anni quando furono chiamati a dare prova della loro competenza e delle loro capacità. 
La verità è che ciò che realmente fa la qualità di una classe dirigente politica (ma non solo) non è affatto l’età, bensì è il processo attraverso cui essa viene selezionata.

Oggi, in Italia, molti rimpiangono la qualità della classe politica, di ogni partito, che resse il Paese durante la prima Repubblica. Fanno bene, credo, perché per esperienza, cultura e capacità si trattava veramente di una classe politica di buon livello, come del resto è testimoniato dal balzo in avanti che compì l’Italia in quel mezzo secolo.

Ma quel livello non dipendeva dal dato anagrafico. Dipendeva dal fatto che quella classe politica era passata attraverso un meccanismo di selezione durissimo. Era composta, infatti, da persone che nei vent’anni precedenti, spesso, per essere fedeli ai propri ideali avevano affrontato disagi e discriminazioni di vario genere, e che in quel modo avevano maturato un’idea della politica fatta di impegno, integrità, devozione ai principi. Oggi i criteri di selezione sono il carrierismo, l’appartenenza oligarchica, la fedeltà ai capicorrente e alle segreterie.

Non credo che in Italia manchino giovani, e magari giovanissimi, dotati di quelle qualità e vogliosi di usarle in politica.

Ma dubito che ne esca qualcosa di diverso da ciò che ogni giorno è sotto i nostri occhi.

 

 

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