Il giorno dopo: cosa imparare dalla sconfitta di Torino

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Il giorno dopo ti lecchi le ferite e mentre arrivi a rimpiangere ‘leopordascamente’ l’attesa, rimugini su una sconfitta immeritata e cocente.
Con il Milan nel monday night sarà fondamentale dimenticare Torino e riprendere il proprio cammino senza vedere la classifica, senza assilli e senza pressioni.

Il Napoli di Sarri, nonostante i limiti di una rosa colpevolmente ristretta, è squadra vera, forte, cresciuta sotto tanti punti di vista. Come più volte ribadito dallo stesso mister, difficile capire quali possano esserne i limiti, per quanto ieri qualche prima risposta forse si è avuta.

In terra sabauda ha vinto chi ha ‘deciso’ e ha imposto il modello di gara, ha vinto chi vuoi per fortuna, fame, abitudine, sa vincere questo genere di partite.
Ieri il Napoli pur non rischiando quasi nulla, non è riuscito ad imporre il suo impianto di gioco, non riuscendo (e/o volendo) ad accelerare quando in qualche modo si aveva il ‘controllo’ del match. Non c’è stato quel pizzico di brio, di sfrontatezza, di coraggio, qualità che lo stesso allenatore aveva pronosticato, convinto che potessero rappresentare l’arma in più.
Ecco il primo vero limite degli uomini di Sarri e forse dello stesso mister toscano. Ovviamente non siamo tanto sprovveduti da credere che il Napoli potesse andar in quel catino, e far un sol boccone di una squadra che vince il titolo da 4 anni consecutivi ed è per completezza ed eterogeneità della rosa, una spanna sopra tutte. Però la sensazione è che per quanto i loro meriti siano in percentuale superiori ai ‘demeriti’ nostrani, non si è sfruttato, non si è tentato appieno di sfruttare una sorta di primo ‘match-point’. La rete per quanto fortunosa di Zaza ha poi negato al Napoli anche il set, che comunque avrebbe lasciato i giochi invariati.
TURIN, ITALY - FEBRUARY 13:  during the Serie A match between and Juventus FC and SSC Napoli at Juventus Arena on February 13, 2016 in Turin, Italy.  (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Queste parole non sono una critica ai nostri ragazzi e al nostro mister che va ricordato, hanno riacceso in primis in chi scrive, un ardore ed un entusiasmo che l’ultimo anno (escludendo la parentesi orgiastica di Doha) aveva pericolosamente  annacquato.
Bisogna però continuare a studiare da grande squadra, e laddove non si può (o non si vuole) arrivare con gli investimenti (mercato ma anche e soprattutto infrastrutture e sviluppo del marchio Napoli), lavorare affinché possa essere limato sul campo (giudice incontrovertibile) lo storico gap con i potentati settentrionali.

Stiamo vivendo il miglior Napoli della sua novantennale storia, per continuità di risultati superiore a quello dei due scudetti e della Coppa Uefa. Continua a latitare quel ‘quid’ che ti fa vincente, la piena e lucida consapevolezza della propria forza e Volontà, esattamente quanto mancato ieri ai ragazzi e durante la settimana all’ambiente inteso come tifoseria e media.

Questo però è un altro discorso, la squadra benché in piena sintonia con la sua gente, sembra riuscita ad estraniarsi in qualche modo da un clima quasi surreale, al limite del parossistico che ha fatto da scenario alla settimana del big match.
L’ambiente come la squadra è cresciuto, ma anche in questo caso la maturità ‘completa’ è lungi dal venire.

Nato 43 anni fa a Napoli, da sempre residente a Casoria. Laureato in Storia alla Federico II, militante politico, impegnato nel mondo dell'associazionismo e del volontariato. Oltre alla storia, e alla politica, l'altra passione è il calcio, in particolare il Napoli. Il colore preferito è, ovviamente, l'Azzurro!