Lame a doppio taglio…

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di Maria Rusolo

“Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori, e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me e io non ero con te.”

Oggi ho deciso di raccontare una storia, la mia storia, non perché sia ormai di moda, quanto perché diventa a volte opportuno parlare di se stessi per consentire agli altri di comprendere in maniera più approfondita cosa accade nel vita, come affrontiamo le nostre paure, e come riusciamo a contenerle o anche a superarle. Capita a tutti di non sentirsi accettati, di sentirsi prigionieri del proprio corpo, di non riuscire a guardare la propria immagine riflessa nello specchio, è molto di più di un vestito che non ci sta o di una battutina tra ragazze in bagno a scuola, è l’ansia di riuscire a controllare i propri bisogni e le proprie pulsioni, quando il mondo intorno ci sembra troppo grande per poterci vivere, o quando non ci sentiamo amati e capiti.

Di lì nasce quella fame d’amore che ci fa credere che in fondo sia la scatola che contiene la nostra anima il problema, ed allora una mattina ti alzi e cominci a pensare che se fossimo come le immagini patinate delle riviste di moda tutto sarebbe più semplice, più fluido, tutto sarebbe più semplice da gestire. Impari a controllare i morsi della fame, e cosi ti senti forte, invincibile, ti nutri dei complimenti di chi ti trova bella e dimagrita, perché il modello è quello che la bellezza sia magrezza, soprattutto tra gli adolescenti, ti vesti con disinvoltura, ma ogni giorno mangi un po’ di meno giusto per provare a vedere se la testa girerà di meno, e se riuscirai a stare in piedi, a studiare, a vivere.

E così ogni giorno, ogni santo giorno, infili quel jeans per vedere se hai perso ancora un po’ di peso, ma sembra non bastare mai, ed allora affondi ed affondi. Lo specchio sparisce dalle tue abitudini, raccogli i capelli, e non sei più contenta degli sguardi altrui, è una corsa contro te stessa; gli abiti devono coprire non vestire, anche quando fuori ci sono quaranta gradi, ed hai freddo, ogni giorno un po’ di più e smetti di uscire, solo perché hai gli esami e non puoi deludere nessuno, cercando di mantenere una solida apparenza.

E quando dinanzi agli altri non puoi mostrare il tuo odio per il cibo e per te stessa, ti mostri sorridendo, ingoi un boccone, bevi tanta acqua e scappi in bagno a vomitare, perché ti senti sporca, gonfia, grassa, brutta e cattiva per aver perso il controllo di te stessa. Lo fai la prima volta e lì da sola tutta sudata e sporca, con la bocca dello stomaco dolorante, capisci che puoi farlo tutte le volte che vuoi, e che nessuno si accorgerà di nulla. Ed entri in un buco nero nel quale sprofondi e sprofondi e di cui ti sembra di non scorgere mai la via d’uscita, ma non sei sciocca, se una attenta e che sogna e che guarda il mondo per come lo vorrebbe ed allora cominci a pensare che sia un peccato morire così perché i tuoi litigano e sembrano non amarti abbastanza, che l’amore è spontaneo e non devi meritarlo, che non devi essere come gli altri vogliono che tu sia ed allora quando non hai altro da vomitare e tutto è coperto dal velo delle lacrime, quando anche le parole su di una pagina appaiono confuse, allora non hai scelta devi rimboccarti le maniche ed aprirti una strada nella terra, anche strisciando per poi rialzarti.

Si deve chiedere aiuto, non esistono eroi in questa storia, uguale a tante altre storie, non esistono supereroi od eroine, dai mantelli scintillanti, un passo alla volta tutti i giorni per il resto della propria vita. Una battaglia lunga una vita in cui sei su un filo teso, sola ad affrontare il vuoto, spetta a te, a me, a noi restare in una condizione quanto più vicina all’equilibrio.

Non mentirò non esistono specchi a figura intera in camera mia, ed evito quelli dei camerini dei negozi, semplicemente a volte ancora non riesco a guardami, il mostro è lì in agguato pronto a prendermi, ma io mi vesto, indosso il mio profumo alle viole, ed esco a prendermi un caffè, e vado avanti. Ho deciso di parlarne, per dire che non siamo soli esiste sempre qualcuno che ha storie simili alle nostre e che parlarne crea un filo rosso che ci aiuta a superare il baratro. Spero che per una volta perdonerete la mia digressione personale, ma amare se stessi e gli altri crea una base umana nella quale far crescere la bellezza.

“La bellezza del mondo è una lama a doppio taglio, uno di gioia, l’altro d’angoscia, e taglia in due il cuore.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.