di Christian Sanna
In “Diario Notturno” Ennio Flaiano scrive “La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”. Sembra una frase di oggi ed è invece del 1956. Si è forse “evoluta” l’estetica, intatta è rimasta l’etica; cambiano gli attori, le tecniche di comunicazione. Resta l’insoddisfazione del popolo. Il Premio Nobel per la letteratura nel 1921 Anatole France sostiene che “Non esistono governi popolari. Governare significa scontentare”.
“Che io debba essere governato: ecco da dove inizia lo scandalo della politica” è la riflessione dello spirito raffinato ed indipendente del filosofo Manlio Sgalambro, meravigliato che qualcuno (in questo caso il politico) debba occuparsi di ognuno di noi. Che io debba essere governato è un concetto che guardato dall’esterno appare ovvio, ma messo in relazione all’indipendenza dello spirito genera stupore e perplessità.
Un uomo consapevole di sè è capace di autogovernarsi. Si dimentica che il politico è un mezzo e non un fine e che dovrebbe impegnarsi a far funzionare le cose, a tenere insieme gli uomini di scienza, i creatori d’arte, i filosofi, quelli che producono. Il politico è servitore e non servo del Potere e dovrebbe comportarsi come una mamma amorevole che prepara la tavola e non come un prepotente che sbatte i pugni sul tavolo e pretende di essere servito. Inutile girarci intorno, credo che tutto ruoti intorno allo stadio dello spirito: il livello è basso perchè non vi è mai stata una reale maturazione della Coscienza. L’uomo non si è davvero evoluto.
Conquistare Marte sarà l’ennesima vittoria di Pirro in un processo di forti contraddizioni: alla costruzione di grattacieli che fanno il solletico alle nuvole si contrappone la caduta di ponti per scarsa manutenzione, alle ricerche dell’elisir di lunga giovinezza la chiusura totale da covid19. La peste del 1300 fu “combattuta” con l’introduzione dell’isolamento coatto dei malati. Oggi stiamo ancora a parlare di lockdown che in italiano suona più ferocemente come confinamento, blocco, chiusura. Ma è possibile che il progresso di cui siamo diventati tutti schiavi abbia inventato mille modi apparenti per vivere meglio nell’infelicità e non sia stato capace di offrire delle alternative a delle “strategie” così primitive? Chiunque è bravo a dire “Dobbiamo chiudere!”, del resto se il nemico è in giro mi chiudo in casa e rimando il problema.
Non funziona così: chi ci governa deve darci le soluzioni e queste devono essere intelligenti, sostenibili. Uno che decide di fare il politico deve innanzitutto avere delle idee chiare (cosa ovvia, ma non scontata) una visione, scegliere le persone giuste (spesso non è così) risolvere i problemi, non aggiungerne altri. In poche parole: semplificare le cose invece di complicarle. I politici vanno pazzi per le campagne elettorali, assetati di consensi ed affamati di voti, si preoccupano a tempo pieno delle prossime elezioni invece di creare i presupposti di un sereno avvenire per le future generazioni.
Proprio qui risiede il limite: nell’atavica incapacità dell’uomo di esercitare il dovere all’amore che è assenza di interesse personale. Il politico che vota contro se stesso, l’uomo che ammette pubblicamente gli errori e si scusa è il frutto di un’evoluzione che ancora non c’è stata. Chi non è all’altezza dovrebbe astenersi, farsi da parte, avere l’umiltà di cedere il posto a chi è capace. Spero sempre nell’orgoglio di molti, in uno scatto di dignità; chi è inadeguato faccia un passo indietro per il bene della collettività. Si mettano da parte egoismi arrivismi risentimenti e si ricerchi le eccellenze, le uniche speranze che abbiamo per non darla definitivamente vinta alla mediocrità. La situazione è grave ma non è seria: in tutti questi anni non è cambiato niente. Anzi tutto cambia perchè nulla cambi.
Il cambiamento è solo esteriore, il contenuto è invariato. Lo diceva ne Il Gattopardo Tomasi di Lampedusa nel 1958 e resta purtroppo ancora un’amara verità italiana. Stiamo raccogliendo le macerie di una disastrosa lunga stagione politica che dura da almeno quarant’anni; sono cambiati gli attori, ma la sceneggiatura è sempre la stessa ed il pubblico pagante è sempre più deluso, annoiato, arrabbiato. Tuttavia il pubblico pagante ha le sue colpe e deve prendersela solo con se stesso: l’esercizio del voto è una cosa seria e spesso si vota male, sedotti da promesse e convenienze.
A cosa ha portato questo modo di fare politica? Alla nostalgia di futuro! Stiamo perdendo solo tempo, non si intravede niente di buono all’orizzonte. Un tempo si aveva almeno la percezione di una maggiore preparazione culturale e politica; ascoltavi il politico di turno parlare alla radio e alla televisione e restavi affascinato dalla dialettica e dalle competenze. Cosa che non avviene oggi, dove tutto sembra frutto di improvvisazione. Insomma, si naviga a vista! Sapete perchè è una vita che affondiamo? Abbiamo preteso di sapere tutto del mare senza mai ascoltarlo veramente.