Questo non è un Paese per donne…

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di Maria Rusolo

“Ogni responsabilità è della donna, ogni sofferenza, ogni insulto. Puttana, le dite se ha fatto l’amore con voi. La parola puttano non esiste nel dizionario: usarla è un errore di glottologia.“

Sono davvero furiosa, arrabbiata, una rabbia secca e violenta perché si continua a guardare il mondo femminile in una logica vecchia, anacronistica, come se fossimo ancora nel campo della concessione e non del diritto. Le donne che guidano processi decisionali sono una eccezione e come tali vengono trattate, come se fossero da osannare per il solo fatto di aver raggiunto un certo posto di responsabilità o per il solo fatto di aver sottratto un posto ad un uomo.

Il mondo si approccia alle donne prima di tutto e soprattutto per la loro natura biologica, come esseri puri a cui è stata concessa la meraviglia di mettere al mondo le future generazioni, come se fosse facile e bellissimo soffrire e portare il peso della gravidanza e dell’accudimento, come se il nostro ruolo si esaurisse in questo, ed ogni altra ambizione venisse in secondo piano. La storia ce lo racconta, ci narra con dettagli e particolari di come le donne fossero il sesso debole non adatto alla guerra, per la loro indole volubile e perché preda degli umori e degli ormoni, ci racconta di come ad esse spettasse coltivare i campi in attesa del ritorno di maschi di casa, come non fosse necessario per loro capire la realtà in tutte le proprie sfaccettature, non fosse necessario leggere e far di conto.

La storia ci racconta di donne bruciate vive solo perché uscite dal limite, dal confine che altri avevano stabilito, prive di pensiero utile per costruire la società, costrette a vivere in un contesto familiare come angeli del focolare, come delle vestali, la cui unica aspirazione era quella di generare bambini sani e belli e preferibilmente maschi. Ripudiate quando il ventre non lo consentiva ed emarginate dal contesto sociale in cui vivevano.

Niente amore, niente piacere, tutto scritto da altri o con nessuna possibilità di incidere o di gridare il proprio disappunto. Pazze se osavano ribellarsi, streghe se osavano istruirsi e cercare di imparare che per loro un’altra realtà era possibile. E poco è cambiato, le leggi che riconoscono diritti alle donne vengono viste come leggi eccezionali, come se fossimo degli esseri umani più fragili e da proteggere, una sorta di minoranze che meritano sostegno per superare i propri handicap fisici e di appartenenza di genere. Le pari opportunità poco più di una accozzaglia di insulse posizioni e di levate di scudi che non sono riuscite a mutare nulla nella profondità del tessuto sociale e culturale. Non abbiamo bisogno di quote nelle liste elettorali, non abbiamo bisogno di norme che sostengano il nostro ruolo di incubatrici, abbiamo bisogno di essere trattate da pari punto.

Abbiamo delle caratteristiche fisiche diverse ebbene chi se ne importa? A me interessa che il mondo riconosca il mio valore indipendentemente dal genere, se ho una capacità di gestione migliore di un altro essere umano, se sono più brava all’università, se sono più capace alla guida di un partito o di un Paese. Ditemi quante donne oggi presiedono Consigli di Amministrazione di grandi gruppi di potere, quante donne sono alla guida di partiti politici o di governo, quante sono a capo di eserciti o di ministeri o sono presidenti di Regioni o saranno candidate a guidarle quelle regioni? Ditemi quante donne si candidano a guidare i propri comuni, e non accettano solo di assumere il ruolo di pedine nelle liste elettorali, come abbellimento, ad una politica fatta dagli uomini e per gli uomini?

Le percentuali sono pietose e non serve ricordarle perché ci sia una inversione di tendenza, non serve perché fino a quando saremo considerate una cosa da salvaguardare avremo una visione miope dei fatti. Fino a quando saranno gli uomini a parlare di noi, fino a quando si continuerà a scorgere una distinzione tra il mondo femminile ed il mondo maschile, in termini di ruoli, di posizioni, di poteri, rimarremo all’angolo, un colorito abbellimento su cui qualche vecchio satiro continuerà a fare battute e sulle quali le stesse donne sorrideranno, seppure con un certo imbarazzo.

Fino a quando le donne non si alzeranno in piedi e pretenderanno la equità salariale, la equità nell’accesso alle professioni, fino a quando non grideranno, con veemenza al cospetto di ogni ingiustizia non saremo mai davvero esseri umani compiuti e realizzati, perché noi subiamo violenza morale e fisica, ancora ed ancora perché non abbiamo gli strumenti economici e sociali che ci rendono davvero libere ed indipendenti. E’ questa la verità, non ve ne sono altre. Per cui ogni volta che una donna accetta un compromesso uccide inesorabilmente ogni forma di riscatto. Siamo soggetti e non oggetti, da guardare e giudicare in relazione a misure più o meno corrispondenti a canoni estetici fissati dagli altri, sono le nostre azioni a definirci, a qualificarci. Non conta il colore del rossetto o quello dei capelli, o la taglia del reggiseno o il vestito più o meno attillato, siamo quello che vogliamo essere in un dato punto del mondo e nel tempo che ci è stato dato.

 „Essere o non essere non è una questione da compromesso. O sei oppure non sei.“

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.