Rimini violenta

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Ora che stanno emergendo anche i particolari più raccapriccianti dell’atto di barbarie che s’è consumato a Rimini, ecco, adesso, a mente fredda, con i presunti colpevoli ospiti dello Stato italiano, un dubbio pure viene.

Al di là del fatto che s’è scatenato il partito degli anti-immigrati che non chiude nemmeno a ferragosto, che quest’anno gli africani hanno portato la malaria e forse pure il caldo equatoriale, che io come Pino Daniele mi sento mezzo africano e l’altra metà fatica a sentirsi italiana, che le bestie non hanno nazionalità.

Detto questo, insomma, il punto è un altro: le bestie hanno intercettato i due malcapitati sulla spiaggia di Rimini, non in un casolare abbandonato. Poi, hanno malmenato il ragazzo, poi hanno fatto i loro porci comodi per almeno una ventina di minuti (cioè tra una violenza e un’altra sarà trascorsa una mezz’oretta).

Poi, non sazi, hanno sfogato i loro istinti animaleschi su un’altra persona (“trans” sembra quasi un modo per stabilire un ordine gerarchico tra la prima e la seconda violenza). Sempre sulla pubblica via. Sempre incontrastati. Sempre al riparo da occhi indiscreti.

Insomma, a Rimini, ad agosto, con tutta quella gente, con un tasso di criminalità piuttosto alto, nessuno ha visto e/o sentito nulla (a parte le vittime)? Possibile che non ci fosse nemmeno una pattuglia a presidio di zone più che pericolose?

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.