Siamo del Sud

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di Maria Rusolo

” L’Italia Settentrionale è fatta, non vi sono più Lombardi, né Piemontesi, né Veneti, né Romagnoli, ma ci sono ancora i Napoletani. Ma non è colpa loro, povera gente sono stati così mal governati!”

La frase è un estratto inequivocabile di un discorso di Cavour nella fase Risorgimentale, ed è alla luce di quanto accade in questi giorni di una attualità sconvolgente. In quella fase non solo non fu realizzata la vera unità nazionale, ma ci fu un vero e proprio saccheggio delle terre del Sud.

Poco è cambiato mi pare di capire, la questione del Meridione rimane la vera spina nel fianco di una Politica, che di saccheggi ne ha perpetrati tanti nel corso dei decenni, senza nessun senso di colpa, o con l’ipocrisia di chi descrive i meridionali come espressione della parte più debole di una comunità che non è davvero mai stata tale. La cosa che maggiormente atterrisce è che dai tempi del famigerato Federalismo Fiscale e delle riforme costituzionali sfociate nella formulazione dell’art. 117 , le cose sono addirittura peggiorate.

Per anni siamo stati descritti come dediti alla criminalità, come fannulloni, come privi di ossatura e spessore morale, senza che nessuno dicesse davvero che cosa accade in questa parte del Paese. Anche il modo di approcciarsi al Mezzogiorno delle ultime classi dirigenti al potere sottolinea ancora una volta, una spaccatura evidente, una chiara volontà di lasciare una parte della nazione, nelle mani del padrone di turno riducendo risorse ed investimenti. Siamo poco appetibili, eppure qui affonda il suo successo elettorale il Movimento Cinque Stelle; a noi toccano le briciole del Reddito di Cittadinanza, a noi tocca ancora una volta l’assistenza senza prospettiva, la mancia elettorale insomma.

E quando qualcuno prova a dire che a noi servono investimenti in formazione, cultura, in valorizzazione del territorio e delle bellezze, che sono risorse inestimabili, si fa spallucce, e si apre una fabbrichetta, pensando di mettere tutto a tacere. L’autonomia differenziata delle regioni del Nord è un ulteriore colpo ad una costruzione faticosa, che incide ancora di più segnando una distinzione in termini di cittadini di serie A e di cittadini di serie B, tutto nel silenzio assordante della classe politica del Sud, se ne esiste ancora una, capace di farsi sentire con forza.

Gli argomenti propagandistici usati in questi mesi sono un’arma di distrazione di massa, proiettati nella direzione di generare un altro scippo alla nostra amata terra. Esistono giovani validi che restano a Sud e che provano con il duro lavoro a risollevare le sorti del territorio ed a dare una dimensione diversa alla propria vita, ma la mancanza di infrastrutture di sostegno, di una burocrazia agevole, di finanziamenti erogati con facilità su progetti e non per clientela rendono questo sogno sempre più complesso da vivere e da realizzare.

Siamo scomparsi dai tavoli di discussione, e la sorte delle varie vicende industriali e di produzione della nostra terra sembra non interessare davvero a nessuno. Qui si viene per sfruttare, qui si viene per arricchirsi, salvo poi lasciare macerie, capannoni vuoti, e lavoratori disperati. La questione del Mezzogiorno deve essere il primo punto di discussione di una politica che voglia essere tale, che voglia essere seria, che voglia essere equa, non uguale, che abbia ancora a cuore il senso della nazione, non per appartenenza ad una Razza, come vuole farci credere qualcuno.

Le nostre intelligenze ci lasciano e noi perdiamo capitale umano che va arricchire le regioni del Nord ed il resto d’Europa, e nessuno ha valide proposte su come fermare questa emorragia costante e mortale. La Questione Meridionale va di pari passo con quella Questione Morale, tanto cara a Berlinguer, e che ancora oggi appare più come parola con cui riempire un discorso elettorale , che come volontà ed obiettivo da perseguire. Davvero vogliamo lasciarci morire così, senza opporre una resistenza feroce? Davvero il metro di valutazione deve essere la ricchezza materiale e non anche quella immateriale?

“Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.