Una drammatica verità

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“L’unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente do – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio.”

Non posso far finta di nulla e devo tornare sul tema dei giovani, delle eccellenze del nostro Paese che sono costrette a fare una valigia e a cercare la realizzazione umana e professionale altrove. So bene di averne parlato moltissime volte, ma i dati tutte le volte sono un colpo al cuore, una spada conficcata nelle carni che lascia senza fiato, e ti chiedi da quarantenne se avresti potuto fare di più, se davvero è il caso di rinunciare tu stessa alla possibilità di vivere e provare a realizzare i tuoi sogni in Italia.

E se me lo chiedo io che forse tanto giovane non sono, ma che vivo come tutta la mia generazione nella terra di mezzo, perché non se lo chiedono quelli che da questo Paese hanno avuto, che hanno depredato, ed hanno pensato solo al bieco esercizio del potere fine a se stesso. Come reagiscono ai numeri, incontestabili, secchi, lapidari quegli esponenti della classe dirigente che ancora oggi continuano a riempirsi la bocca di bla bla senza senso, salvo poi approvare leggi e provvedimenti diretti solo alla conservazione dello status quo.

E la liturgia identica si ripropone nelle ore della approvazione della legge finanziaria, dove calano gli investimenti in istruzione e cultura e si finanziano strumenti inutili e che annullano ogni possibilità di mobilità sociale e di crescita economica delle nuove generazioni. Si badi bene chi oggi va via non lo fa con la valigia di cartone, e con pochi spiccioli nelle tasche, con un solo paio di scarpe ed un abito per la messa della domenica, chi lascia la nostra terra lo fa carico di speranze e di preparazione, pieno di conoscenza e di cultura e pronto a realizzare i propri sogni di crescita e costruzione, di benessere e felicità.

Questa è la verità drammatica e terribile sotto gli occhi di tutti, che i politici fanno finta di non vedere, la vera emergenza è questa, altro che l’uomo nero che invade il Paese. Centinaia di crisi aziendali sui tavoli di cui nessuno parla, famiglie lasciate sole ad immaginare il futuro dei propri figli. In tutti questi casi, i giovani sono fuori da ogni agenda politica, pronti solo ad essere ancora una volta solo lo strumento per raccogliere un po’ di consenso in vista delle prossime scadenze elettorali. Il progresso e la crescita sono solo un miraggio in questo nostro Paese, sono solo l’occasione di qualche convegno, ma non si fanno politiche in questa direzione ormai da vent’anni, forse anche trenta.

Le università e le professioni sono appannaggio di Baroni e Baronetti, ed anche la politica seleziona la classe di rappresentanza per fedeltà e non per merito, in questo scenario a cosa vale lottare, studiare, specializzarsi se poi si viene scavalcati dal segnalato di turno o dal figlio dell’amico del Preside di Facoltà? Se il precariato sottopagato è la regola non è un problema solo della mancanza di investimenti, questo sia ben chiaro, ma della volontà precisa di affossare i bravi affinché si possano infoltire le schiere di soldati facilmente manipolabili, ed a questo gioco al massacro, dedito alla assistenza e non alla formazione i giovani, la classe emergente ha deciso di non partecipare, di prendere le proprie cose e di fuggire il più presto possibile a costo di qualsiasi sacrificio. Tutto è meglio della agonia a cui sarebbero costretti qui.

Nessuna attenzione per i centri di formazione, nessuna attenzione o sostegno alle partite iva, nessuna volontà di sostegno per i giovani professionisti, ma solo le Grida di Manzoniana memoria che piene di cavilli campeggiano sulle nostre teste. E l’apoteosi del cinismo, in questo mare nero di abbandono, è che l’unica attenzione è rivolta alle Elezioni Regionali ed alla costruzione del consenso; alla costruzione di liste senza alcun reale rinnovamento e senza soprattutto la capacità di costruire un progetto politico che abbia come orizzonte il futuro dell’Italia e soprattutto del Mezzogiorno. Un Sud fermo alla Unità di Italia strozzato tra la corruzione e la criminalità organizzata, in cui la bellezza sfugge tra le dita e si appresta ad essere inghiottita dal deserto.

“Non vedremo sbocciare dei santi finché non ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.