A ciascuno il suo

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Non vale la pena di scomodare Oscar Wilde, per commentare l’ultima sparata di Libero.

Per la verità, certe incontinenze giornalistiche meriterebbero il silenzio, l’indifferenza, l’oblio (mai la censura). Ma, in epoca di social network, è estremamente semplice che diventi virale qualcosa che invece andrebbe pietosamente dimenticato.

Il titolo di oggi con cui viene aperta in pompa magna la pagina sportiva del giornale milanese (Napoli, salutame a soreta) è ascrivibile alla categoria delle cattiverie gratuite. Assomiglia a una marachella alla Pierino, a un formidabile peto sganciato in classe durante la lezione del supplente di matematica. Un gesto fuori contesto, vigliacco, più ridicolo che comico, che non suscita il riso e merita solo commiserazione. Forse neanche quella.

Se pure si fosse voluto ironizzare sulla disastrosa uscita della squadra azzurra dalla Champions League, si sarebbe potuta utilizzare un’espressione più pertinente (e anche più intelligente), senza considerare l’assenza di un briciolo di ironia. Ma l’ironia, uno o ce l’ha o non ce l’ha.

Invece, il quotidiano attualmente diretto da Vittorio Feltri ha pescato a caso nel campionario delle frasi stereotipate, non conoscendo né il significato di certe espressioni né contestualizzandone l’attinenza con il calcio. Insomma, ne è venuto fuori – per chi conosce sul serio la lingua partenopea –  un misto di banalità e stucchevolezza che, al netto del vittimismo sempre in agguato, fa emergere il solito livore anti-napoletano. Lo stesso che viene amplificato dalle infamità urlate negli stadi italiani e colpevolmente tollerate da televisioni (a pagamento e non), giornali, istituzioni calcistiche e politiche.

Insomma, Libero che qualche tempo fa era già uscito con il titolo Pagnisteo napoletano dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, che, per far parlare di sé, bisogna assecondare un tipo di giornalismo aggressivo, astioso nei confronti degli immigrati come dei napoletani, intollerante verso ciò che non si condivide o che risulta fastidioso.

Sarebbe scontato, automatico, naturale restituire alle sorelle dei componenti della redazione sportiva di Libero il gentile saluto, magari allargando (con il dovuto ossequio) l’orizzonte anche alle loro progenitrici.

Ma proprio perché siamo diversi in tante, troppe cose, non possiamo scendere al loro livello.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.