Diritti dimenticati? Pure il tetto ci hanno venduto

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di Emilio D’Angelo

In data 4 Agosto 2010, con atto del notaio Atlante,  CIS SPA ha ceduto a Enel Green Power la proprietà di superficie dei capannoni di proprietà delle singole aziende socie o comunque detenuti in locazione finanziaria con diritto di riscatto.

La proprietà di superficie é un diritto reale di godimento sottoposto ad una scadenza, questa é la differenza fondamentale che la distingue dalla piena proprietà.

Il CIS trasformò il contratto di locazione della superficie di copertura dei singoli capannoni nella cessione definitiva del diritto.

Poteva farlo?

Tecnicamente si, infatti lo fece, perché il diritto di superficie dei tetti era stato riservato, per scelta strategica, al Cis, società consortile partecipata esclusivamente da soci possessori, a qualsiasi titolo, di capannoni utilizzati per l’attività di commercio all’ingrosso.

Questa determinazione sociale, di valore fondamentale nel delicato equilibrio degli interessi individuali con quelli comuni, perseguiva il fine  di impedire un uso non conforme all’interesse sociale da parete delle singole aziende socie.

Nessuno ha mai pensato che avremmo dovuto tutelarci da un utilizzo infedele del diritto di proprietà che é stato realizzato con la cessione, a fini speculativi, per la gestione di un impianto di produzione di energia alternativa, affidato ad un terzo  estraneo alla riservata area sociale.

Tale impegno non corrisponde affatto all’interesse sociale prevalente, anzi ha realizzato esattamente lo scopo contrario, introducendo una prevedibile accentuazione del rischio d’incendio ed una limitazione delle facoltà d’intervento , nelle aree di superficie, per le necessità manutentive dell’utenza di impresa.

Questo é un punto nevralgico della questione che introduce il tema dell’impiego del corrispettivo ricavato e quello ancora più delicato della manutenzione dei solai di copertura, con evidenti risvolti sulla piena utilizzazione di una proprietà individuale, acquisita a costi di grandi sacrifici da parte delle aziende socie.

La scorsa settimana ho pubblicato un articolo nel quale ho riferito il grande disagio della comunità sociale nel godimento di diritti sacrosanti, acquisiti con sempre con crescente difficoltà, nel malinteso senso di dover privilegiare interessi comuni.

Questo è un caso emblematico dell’abuso che ha compiuto il potere di gestione per assecondare interessi diversi da quelli che dovrebbe perseguire la comunità sociale.

È un abuso di potere che non ha portato alcun vantaggio economico alla comunità sociale, visto che risorse, ben superiori a quelle derivanti da questa operazione speculativa, sono state dirottate, senza speranza di restituzione, verso Interporto.

É stato un abuso di potere che ha realizzato solo svantaggi e servitù nella legittima utilizzazione dei solai di copertura, violando, per un lungo periodo, le norme di sicurezza ai fini della previdenza antincendio, come ha certificato il comando provinciale dei Vigili del Fuoco.

E c’è di più, se si considera che non tutti i capannoni sono stati assoggettati a questa odiosa mutilazione, perché chi, si é legittimamente opposto, é riuscito ad impedire l’installazione dell’impianto di produzione fotovoltaico.

È il classico caso di figli e figliastri, instaurato da una gestione padronale del CIS, che resiste ancora, perché la gestione del potere amministrativo si regge e si alimenta con il consenso condizionato da molteplici casi di disparità.

Ne abbiamo avuto prova continua dai frequenti comodati d’uso gratuiti, dalla violazione perdurante del regolamento di condominio, dal differente impiego e disponibilità delle aree di parcheggio, dal variabile peso attribuito alla morosità e alle sue conseguenze.

Sono tutte espressioni di malgoverno che abbiamo verificato con numeri e cifre durante l’asseverazione della manovra ed ancora oggi non hanno trovato una definitiva sistemazione.

L’espressione più violenta dell’abuso del potere amministrativo fu l’esercizio dell’azione fallimentare contro i soci del CIS inadempienti, mentre si sarebbe potuto esercitare il pegno sul contratto di leasing.

Questa scelta, condivisa dal sistema finanziario, ha prodotto danni gravissimi alle singole aziende perseguite e nessun vantaggio alla società, considerato che ad oggi, quei capannoni, così violentemente sottratti ad aziende socie di antica militanza, restano ancora bloccati nelle procedure di rito e, con molta probabilità, sono stati destinati a coprire, con una futura vendita, una parte degli S.F.P.

Nessuna attività é stata sviluppata in tutta la fase successiva all’omologazione dell’AdR per recuperare e ricollocare gli immobili vuoti ed inutilizzati.

Non basterà coprirli con artistici disegni, per allontanare il ricordo di un discutibile passato ed il disappunto per l’inesistenza di una convinta politica di ricollocazione, anche in fase post-manovra, che avrebbe potuto e dovuto rilanciare il valore del sistema CIS.

Ho accennato a questi problemi che ho intenzione di sviluppare nei prossimi mesi anche per diversi aspetti che riguardano la gestione amministrativa più recente con riferimento agli elementi contabili emersi dai bilanci.

Vi lascio con qualche interrogativo:

Qual’é l’esito delle transazioni definite tra CIS ed Enel Green Power?

Qual’é il progetto di ricollocazione degli immobili liberi?

Quali sono le prospettive di individuare una soluzione per gli immobili bloccati nelle procedure fallimentari?

Quali difficoltà esistono per neutralizzare la gestione dei servizi rispetto alla gestione generale, assoggettando le quote di partecipazione a preventivo e consuntivo di spesa?

Questi sono i temi delicati ai quali dovrebbe dare una risposta il presidente Grimaldi e tutto l’organo amministrativo, se intendono ricercare, con i fatti, la pace sociale e non solo a chiacchiere, invece di continuare a preoccuparsi di trovare il modo di trasferire un milione seicentomila euro ad Interporto per evadere una pretesa illegittima.

Non credo sia questa la priorità strategica!

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