I 50 anni di Fantozzi, il tenace mediocre dentro ad ognuno di noi

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di Fabio Buffa

Una sera d’inverno di circa trent’anni fa mi trovavo al bar, davanti ad una birra e ad un toast. In tv trasmettevano un film della serie “Fantozzi”: a guardarlo eravamo una decina e, di fronte alla scena in cui il prepotente di turno schiaccia la mano del ragionier Ugo facendola scricchiolare, c’è chi ride sguaiatamente, saltando divertito sulla sedia.

Un signore si avvicina a me, unico a non ridere in quella combriccola, e con voce alta, in modo che tutti sentissero, dice con un ghigno malizioso: “questi ridono, ma l’ignoranza non fa capire che ridendo di Fantozzi, ridono di loro stessi“. Anch’io, pur non eccedendo in intelligenza, sapevo benissimo che ridere di Fantozzi vuol dire sfottere se stessi e chi lo fa inconsapevolmente è la “vittima” che Paolo Villaggio si diverte a stanare.

Perchè in ognuno di noi non ci sarà un Pirandello, un Rambo, un Einsten, ma certamente c’è un Fantozzi.

Fantozzi ha compiuto 50 anni. Era infatti il 1971 quando Paolo Villaggio, allora un quarantenne che aveva alle spalle una mancata laurea in giurisprudenza, diverse eseprienze come speaker (alla Rai e alla BBC), cabarettista nelle crociere al fianco dell’amico Fabrizio De Andrè, impiegato nelle aziende genovesi Colsider e Italsider e intratternitore nella trasmissione televisiva “Quelli della Domenica”, scrisse il primo libro di racconti, pubblicato dalla Rizzoli, sul celebre personaggio di Ugo Fantozzi.

Il libro si divide in quattro capitoli, quante sono le stagioni dell’anno, e vedono come protagonista il modesto ragioniere, impiegato nella Megaditta gestita da contesse e Megadirettori, sempre sottomesso e vittima di disgrazie. Sopraffatto dal lavoro, ma non solo, anche da capi e colleghi. E con una famiglia composta dalla brutta e sciatta moglie Pina e dall’orrenda figlia Mariangela.In realtà il libro è la raccolta dei racconti che Paolo Villaggio aveva pubblicato sulla rivista l’Europeo sulle disavventure del ragionier Fantozzi, evidenziando con stile comico e paradossale le contraddizioni e le disuguaglianze della così detta società del benessere.

Rispetto ai film, nel primo libro di Fantozzi quest’ultimo è lo sfortunato protagonista ragioniere dell’ufficio sinistri della Megaditta, mentre Fracchia è l’organizzatore di improbabili eventi aziendali, che nei film è rappresentato da Filini (interpretato da Gigi Reder).L’uscita del libro è subito un successo, in Italia ma anche all’estero; soprattutto in Francia e in Russia, dove Paolo Villaggio fu paragonato allo scrittore e satirico dell’ ‘800 Nikolaj Gogol. Fantozzi è un uomo sempre vittima di disgrazie e angherie sul lavoro, dove si innamora della collega, signorina Silvani, che regolarmente, dopo averlo sadicamente illuso, lo scarica in modo più o meno umiliante. Fantozzi ha un altro collega, Fracchia, organizzatore di eventi aziendali e di gite che si tramuteranno sempre in una tragedia; ha una moglie dalle sembianze trascurate e mediocri e una figlia la cui bruttezza, dalla narrazione, è portata all’esagerazione e al grottesco.

La genialità di Paolo Villaggio nello scrivere Fantozzi si vede poi dalla famosa nuovola degli impiegati, una sorta di destino sfortunato nei confronti del quale gli innocenti protagonisti sono vittime. Fantozzi-libro ha un successo così grande che nel 1975 diventa un film: è diretto da Luciano Salce e vede come interpreti, ovviamente Paolo Villaggio, Gigi Reder nei panni del ragionier Filini, Liù Bosisio nei panni della moglie Pina, Plinio Fernando (ora scultore) la figlia Marinagela, Anna Mazzamauro nella signorina Silvani e Geppino Anatrelli, nel geometra Calboni.Se i libri di Fantozzi (che in totale furono nove, compresi quelli di riflessione sul personaggio) erano stati definiti come tearpeutici grazie alle risate che inducevano (Alda Merini disse addirittura che leggere Fantozzi per lei fu la salvezza da idee anticonservative), i film furono un vero fenomeno culturale, con un vasto pubblico divertito e intellettuali che facevano a gara nel trovare i risvolti socialmente più elevati nei personaggi raccontati e intepretati da Villaggio e colleghi. In realtà Villaggio e Salce sapevano benissimo che chi voleva dare significati troppo intellettualoidi e raffinati a Fantozzi, in realtà era ingenuo tanto come quello che rideva sguaiatamente davanti alle sfortune del ragioniere.

Quindi, questo capolavoro nato dalla creatività di Paolo Villaggio, racconta ciò che di mediocre, ma anche goffamente generoso e autenticamnete fragile, c’è in ogni persona, al di là dell’estrazione sociale e dei vissuti.A dire il vero l’attore genovese (deceduto nel 2017) propose Fantozzi e Fracchia già nel 1968 nella trasmissione televisiva Quelli della domenica, ma fu proprio con la pubblicazione del libro nel 1971 che questo personaggio prende vita come fenomeno culturale inossidabile nel tempo.

E soprattutto sempre attuale. Fantozzi poi crea una nuova lingua, con errori grammaticali grossolani (soprattutto con il congiuntivo). Poi alcune scene sono diventate proverbi ormai assodati: vedere l’Arcangelo Gabriele quando si è particolarmente affaticati, la frittata di cipolle con il rutto libero come maschia libertà davanti alla partita di calcio in televisione e la nuvola di Fantozzi, per descrivere una sfortuna che ti insegue instancabile. Il primo Fantozzi è stato inserito nei 100 film italiani da salvare: stesso felice destino ha avuto “Il secondo tragico Fantozzi” del 1976, a cui sono seguiti altri otto film, diretti da Neri Parenti e con la presenza di Milena Vukotic, Maria Cristina Maccà e Riccardo Garrone, rispettivamente nei panni della moglie Pina, della figlia Mariangela e del geometra Calboni.

 

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