Il culto dell’ignoranza

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Il problema non è tanto Lino Banfi che con il suo faccione simpatico di nonno italiano ha fatto dimenticare le sue interpretazioni nella cinematografia trash di qualche decennio fa. La ripetente fa l’occhietto al presideL’infermiera nella corsia dei militari sono pellicole cadute ormai nel dimenticatoio e per le quali il buon Banfi non può essere etichettato a vita. Quello che sconvolge di questa designazione alla commissione dell’Unesco (che si occupa di educazione, scienza e cultura) è il criterio sotteso alla nomina: basta plurilaureati, adesso spazio al sorriso. Come se bastasse quello per possedere le competenze dovute. A volte non bastano nemmeno i titoli, figuriamoci la simpatia o presunta tale.

Ma, ormai è chiaro che la società dei cinque stelle, il famigerato modello Rousseau (dal nome della piattaforma che pure ha una logica se si conosce un po’ del pensiero del filosofo svizzero) è basato sul perverso ribaltamento della logica orwelliana: tutti gli uomini sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri. Per la Casaleggio associati i “più uguali” sono quelli che sanno meno o comunque hanno altri tipi di abilità. È in atto un’opera inesorabile di distruzione di tutto quanto ha a che fare con l’istruzione, la conoscenza e la cultura. Si pratica con orgoglio quello che Asimov ha definito il culto dell’ignoranza. E l’azione di governo, così come concepita dai grillini, mira proprio a demolire le tesi del celebre filosofo russo: adesso “la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza”, e non il contrario.

Per cui i nemici di questa società fondata su una legge selvaggia, più che naturale, sono “i professoroni”, “i plurilaureati”, “i radical-chic”, “gli intellettualoidi”. Quello che attiene alla conoscenza viene ridicolizzato, dileggiato, spernacchiato, vilipeso. Chi studia, sostanzialmente, è un fesso, un individuo triste, responsabile di tutti i mali della società.

Forse, quella che stiamo patendo è l’epoca che segna davvero la rivincita dei ripetenti cari ai film di Banfi, di quelli che sono stati supplenti perché non avevano le capacità per ambire a una cattedra; è in atto una rivoluzione anti-culturale, il rogo del sapere come in Fahrenheit 451 di Bradbury. Leggere, informarsi potrebbero essere attività da mettere al bando in un prossimo futuro. La dittatura dei social network infarciti di fake-news e strafalcioni dovrà sconfiggere ogni residuo di ragionamento e di confronto. Vince chi scrive post sconclusionati e sgrammaticati con le maiuscole e tanti punti esclamativi. Chi imita la prosa grillina e spaccia l’incompetenza per democrazia.

E in questi tempi così bui non bisogna meravigliarsi se Luigi Di Maio, anziché da vicepremier o ministro, si comporti sempre come la spalla di un comico. In questo caso, Lino Banfi che sostituisce i titoli di studio con una barzelletta sporca.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.