Il ” rumore ” della felicità

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di Christian Sanna

Ne I ragazzi che si amano Jacques Prévert precisa che “non ci sono per nessuno. Essi sono altrove molto più lontano della notte, molto più in alto del giorno. Nell’abbagliante splendore del loro primo amore”. Primo amore che è stato di grazia e felicità delirante, dove tutto è puro ed ogni azione è segno del destino che permette la conoscenza di due pesci destinati ad incontrarsi in un mare tanto grande.

La terra gira intorno alla felicità che non è sole per solitari, perchè se il dolore può bastare a se stesso, la felicità necessita di condivisione. Insomma, si può piangere da soli ma a ridere dobbiamo essere almeno in due. E in mezzo ai baci e alle promesse, fra gli abbracci e le parole sussurrate all’orecchio, foto di volti sorridenti e di paesaggi mozzafiato a raccontare il viaggio e tutta la felicità che l’ha attraversato.

E se le immagini ed i ricordi sono promemoria di momenti belli, ad aspettare al varco c’è sempre una quotidianità affamata di problemi e difficoltà. Non ci si rende mai conto della felicità che ci attraversa nel presente, poichè in qualità di esseri umani, siamo portati a differirla o comunque a storicizzarla, così viviamo con la speranza di ritrovare in futuro una felicità di cui non abbiamo pienamente goduto per incapacità di riconoscerla in diretta o con il rimpianto di non averla apprezzata abbastanza in passato e di non aver mosso un dito per trattenerla.

Fu sempre Prévert a dire “Ho riconosciuto la felicità dal rumore che ha fatto andandosene” a rimarcare quella che suona come una vera e propria maledizione: non sappiamo apprezzarle e valorizzarle a pieno le cose nel loro tempo, dobbiamo perderle per renderci conto solo dopo del valore di ciò che abbiamo perduto.

Credo sia un’incapacità assai diffusa nel genere umano quella di non riuscire a godersi la felicità; un uomo che rincorre mille pensieri ed altrettante azioni non ha il tempo per dedicarsi all’esercizio della felicità, gli mancano gli strumenti. Non lo sente nè tantomeno riesce a distinguere l’odore del momento più altro, l’apice che si raggiunge quando vita interiore ed esteriore trovano un compromesso emozionale da cui deriva la dottrina del vivere armonioso.

Talvolta sembra che al peggio non ci sia mai fine e il dolore appare come un dio tanto potente che pare non avere punti deboli, mentre la felicità così immediata e fugace si dimostra poco resistente alle avversità: basta un piccolo dolore ad offuscare una grande felicità. Perchè? La sofferenza ci trafigge il fianco con una freccia infuocata e la gioia è punti di sutura che non cancellano la ferita. Ancora una volta la felicità affanna dinanzi ad una salita, forse per la sua natura fuggevole. Quando Jane Birkin ancora innamorata lasciò Serge Gainsbourg al suo dolore, intuì che se fosse rimasta quel dolore avrebbe schiacciato entrambi. Il cantautore francese solo nella sua casa museo fra oggetti ricordi di viaggi spensierati e foto di momenti felici, raccolse tutto il dolore e mischiandolo ai ricordi della felicità di quando le cose andavano bene, partorì una delle canzoni francesi più belle del secolo scorso: Fuir le bonheur de peur qu’il ne se sauve – Fuggire la felicità prima che sfugga.

Fugacità della felicità cantata da Lucio Dalla “Ah, felicità, su quale treno della notte viaggerai? Lo so che passerai, ma come sempre in fretta non ti fermi mai”. Prima ho scritto che la felicità va condivisa, mentre un dolore può bastare a se stesso e non è un errore affermare che la felicità è ridere. Nel dipinto La Risata di Umberto Boccioni il colore, lo stile e il movimento ci consegnano un’allegria ed una spensieratezza che incantano l’osservatore. Ne La Passeggiata di Marc Chagall la felicità è nella semplicità di una passeggiata mano nella mano con la persona amata; nel dipinto il pittore raffigura se stesso in compagnia della moglie, un’opera che testimonia il loro grande amore.

Quindi per il Maestro la felicità è nella vita di tutti i giorni, nel cammino insieme alla donna della sua vita. Ma la felicità è luce improvvisa che attraversa talvolta senza apparente motivo, ci si ritrova a ridere senza un perchè e a godere di attimi che uno dovrebbe surgerale per scongelare nei periodi difficili, quando il dolore fa la voce grossa ed il morale è a terra. Bisogna allenarsi ad essere felici! Perchè non si ripeta l’errore di Jorge Luis Borges “Ho commesso il peggior peccato che un uomo possa commettere: non sono stato felice”.

Provo a descrivermi in una frase, ma è un pò come rinchiudere il mare in un bicchiere. Allora potrei definirmi "Un solitudinista visionario animale sociale ed un cercatore di spiritualità, tutto occhi ed inquietudine, perdutamente innamorato dell'Idea che non è ancora riuscito ad afferrare, col cuore di cristallo. Fregato dai sentimenti". Ritengo superfluo aggiungere i titoli di studio conseguiti, i lavori svolti, gli eventi culturali organizzati e presentati, gli impegni nella politica e nel sociale. E se a qualcuno sta balenando in mente l'idea ( sbagliata) che io possa essere un insopportabile presuntuoso, sappia che è appena caduto nella rete che ho preparato. Io voglio che a parlare per me siano gli articoli; i lettori più attenti ci troveranno frammenti d'anima.