La mascherina come simbolo di obbedienza

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di Gianluca Spera

Su ‘sta storia della mascherina sì/mascherina no bisogna mettersi un po’ d’accordo al di là delle questioni giuridiche.

Ora, che si scatenasse il delirio era più che prevedibile visto e considerato che il governo ha scelto questa strategia fin dall’inizio in assoluta continuità con l’esecutivo di Conte. Sfatiamo un tabù: in materia sanitaria, non c’è alcuna differenza tra Super Mario e Giuseppi e l’inamovibile presenza di Robertino ne è la plastica e impietosa dimostrazione.

Poi, allo stato attuale, chi vuole e lo preferisce è liberissimo di indossarla dove più gli aggrada. Il punto è che tra politici e grande stampa è iniziata una nuova caccia al capro espiatorio: chi si è liberato del bavaglio in assenza di obblighi di legge. Ecco il nuovo paria da dare in pasto ai ras sanitari.

Questa demonizzazione, questa criminalizzazione, questa martellante e asfissiante narrazione mainstream va avanti da più di due anni e colpisce chi non si allinea al pandemicamente corretto pur non violando nessuna regola. Forse i più non se ne accorgono ma stiamo scivolando pericolosamente verso una sorta di stato etico, una sharia bio-sanitaria in cui la morale comune diventa legge non scritta. È degno di un paese democratico tutto questo? Manco per niente.

Perciò, pure la questione sulla libertà è mal posta perché, scientificamente, sappiamo che la protezione all’aperto non serve a nulla. Ha la stessa utilità del condom per avventure solitarie. Allora, ecco che siamo piombati nell’esoterico, in gravi forme di superstizione in cui la scienza si è ridotta incredibilmente a chiaroveggenza.

Concludendo, a me volteriano convinto, il discorso sulla libertà di mascherarsi starebbe bene se non si fosse usata l’emergenza sanitaria come un randello nei confronti di chi ha espresso critiche e dubbi in questi mesi, senza il minimo rispetto per le minoranze e per persone con diversa sensibilità che non hanno violato nessuna norma; gente messa all’indice da quest’inquisizione strisciante e irritante.

Allora, non è più un fatto di rispetto, libertà o legge, adesso la mascherina si è trasformata in simbolo di obbedienza che incoraggia il potere a essere sempre più dispotico, in un vessillo politico per mettere ancor più nell’angolo chi si vuole scrollare di dosso l’emergenza perenne. Che poi venga a parlare di libertà chi in questi due anni l’ha oltraggiata non so se mi suscita più riso o più pietà. Come al solito, fate vobis.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.