La nuova legge elettorale: giusto un paio di osservazioni.

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di Carlo Pontorieri

È una legge innanzitutto strampalata, modulata sul modello tedesco, ma con alcune decisive variazioni. Il modello tedesco infatti prevede DUE VOTI, uno per il candidato nel collegio, un altro al partito, nonché una soglia di sbarramento nazionale: cioè chi non raggiunge una determinata percentuale di voti non entra in parlamento.

In Italia il compromesso detto Rosatellum riprende dal modello tedesco la soglia di sbarramento e lo schema voto per il candidato + voto per il partito, ma lo coniuga diversamente.

  1. La soglia di sbarramento nazionale è portata dal 5% tedesco al 3%. E fin qui.
  2. Ma il voto al candidato e il voto al partito non si esprimono attraverso due schede diverse, ma con un’unica scheda.

Cioè, il candidato in ogni collegio uninominale avrà a fianco del suo nome sulla scheda elettorale i simboli dei partiti che lo sostengono. E l’elettore potrà mettere una croce oltre che sul nome del candidato che preferisce, anche sul simbolo di uno di questi partiti. Ma solo su uno di quei simboli. Non su altri simboli di partito, che magari sostengono altri candidati. Non è possibile, come p. es. nell’elezione dei sindaci, il cosiddetto voto disgiunto.

Ogni simbolo rinvia a una lista bloccata di candidati, che ciascun partito presenterà nei collegi, e costoro saranno eletti secondo l’ordine in lista. Il parlamento in realtà sarà composto per 2/3 dagli eletti in questi listini, solo per un terzo dagli eletti nei collegi uninominali, coloro che pure “portano” quei simboli.

Si tratta in realtà dell’istituzionalizzazione legislativa dello “specchietto per le allodole”.

La domanda sorge spontanea: perché?

Non era possibile graduare una quota maggioritaria (di un terzo, della metà, della percentuale che si voleva…) in un sistema interamente uninominale? Cioè coi cittadini che sceglievano direttamente il loro rappresentante?

Certo che sì.

Perché non si è fatto così? Perché si è elaborato invece questa specie di Mattarellum al contrario (perché di questo alla fine si tratta), per avere un parlamento per 2/3 di nominati?

Nel cd. uninominale i cittadini di ciascun collegio sanno chi è il prescelto dal partito e sarà il loro rappresentante in parlamento. Se non gli piace, ne votano un altro. Prevale la figura personale del candidato, che poi diventa il deputato di quel collegio. E dunque i partiti sono costretti a scegliere il meglio che hanno a disposizione, mentre chi è eletto deve questa elezione innanzitutto agli elettori del suo collegio, che lo hanno votato per la sua storia e caratura personale e non solo perché candidato da un partito.

Con le liste bloccate e le pluricandidature, cioè con i leader che si candidano in più collegi, succede esattamente il contrario: l’elettore vota la lista “tutt’o blocco” e solo dopo, quando i ras dei partiti avranno scelto dove essere eletti, essendo candidati in più collegi, si saprà chi davvero saranno (plurale) gli eletti di quell’ambito territoriale. Così non c’è rapporto tra cittadini ed eletti, ed i boss dei partiti possono fare eleggere (o non eleggere) chi vogliono. Incluso il famoso cavallo di Caligola.

​Peraltro, sarà interessante vedere come si comporterà la giurisprudenza di fronte a questo ircocervo legislativo.

Se un elettore barrerà il nome del candidato X e poi il partito Y, che però non sostiene X, prevarrà il voto al candidato oppure quello al partito? Oppure la scheda sarà considerata nulla?

Vedremo.

Fulco Lanchester (ordinario di Diritto costituzionale italiano e comparato alla Sapienza) ha sostenuto su Repubblica che si tratta di un aspetto di incostituzionalità della legge, poiché limita la libertà dell’elettore (“il voto è personale ed eguale, libero e segreto” recita infatti l’art. 48 della Costituzione).

L’Italia, ricorda ancora Lanchester, è l’unico paese occidentale di democrazia “stabilizzata”, che negli ultimi 25 anni ha cambiato per ben sei volte il sistema elettorale. Stavolta, come per l’Italicum, anche grazie a un voto di fiducia, e a un’inedita maggioranza PD-Forza Italia-Centristi e Lega. E in prossimità delle elezioni, verosimilmente in base ai sondaggi: per premiare qualcuno, bastonare altri. Il berlusconismo ci ha abituati alle leggi targed oriented, anche in materia elettorale. E pure questo taglia-e-cuci non fa eccezione.

In realtà, nelle “normali” democrazie parlamentari non succede che si cambi così spesso la legge elettorale, non succede che due leggi elettorali di seguito siano dichiarate illegittime dal giudice delle leggi (l’ultima, l’Italicum, approvata appunto grazie a un voto di fiducia), non succede mai che si cambi la legge elettorale in prossimità delle elezioni: attraverso un voto di fiducia, pure “a macchia di leopardo”, con una nuova e diversa maggioranza rispetto a quella che sta sostenendo il governo in carica.

Una rappresentazione plastica della crisi politica e istituzionale italiana.

Sinceramente non saprei dire se questa nuova legge elettorale è pure incostituzionale, sicuramente è brutta.

Spero solo che in futuro nessuno oserà parlare di crisi della politica, di crollo verticale di credibilità dei partiti, di non-voto o dell’avanzare del populismo.

Se la sono malamente cercata.

 

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