A quanti “gradi” l’informazione può definirsi non dopata?

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In fondo Massimo Giletti è meno peggio di quello che appare. Questo era quello che pensavo di lui. Nazionalpopolarpolulista q.b., fosse pure una ‘ntecchia meno accondiscendente coi potenti, pur restando a distanza astronomica dal lecchinismo di Fazio, sarebbe quasi perfetto. Poi ho visto la sua ultima puntata di “Non è l’arena” e ho cambiato idea.

Lui si fionda a cufaniello sugli avvenimenti che hanno un forte impatto sul pubblico. Li fiuta. E li sviscera, quasi li smembra nella sua “Arena” che arena più non è. Lo abbiamo visto alle prese coi fatti di cronaca nera, con le sciagure che hanno funestato recentemente il nostro Paese. I suoi inviati sono sempre tenacemente sul pezzo. Ha ospitato politici e politicanti. E naturalmente non potevano sfuggirgli argomenti pruriginosi come le vicende di Asia Argento e del produttore americano infingardo e rattuso di cui non ricordo il nome.

Praticamente non si è fatto mancare niente. O quasi niente. Nell’ultima puntata di “Non è l’arena”, dicevo, ci ha mostrato il peggio del peggio di quello che accade sugli spalti degli stadi italiani. Naturalmente ha rispolverato le immagini di Genny la carogna e tante altre fetenzìe che si vedono ogni settimana sui campi di calcio, compresi quelli di periferia. Ho atteso fino al termine perché ero sicuro che prima o poi menzionasse la più fetente tra le tante fetenzìe che infestano il mondo del calcio. Invece ha steso un pietoso velo di silenzio sull’argomento che mi aspettavo non potesse ignorare.

Recentemente qualcuno ha esagerato in eccesso parlando di “informazione a 370 gradi”. Giletti, dei fatidici e canonici 360 gradi per una corretta informazione, ne utilizza solo un quarto, come tanti suoi colleghi affetti dalla stessa sua fede calcistica, arriva, Massimo, a 90 gradi. Quando parlo di giornalisti juventini, naturalmente non mi riferisco a quella specie di pampuglie vocianti che rispondono ai nomi di Zampini o Giuliani, giù giù fino a Mughini , Cruciani, che pur non tifando juve, la difende tenacemente pur di andare in culo ai tifosi del Napoli.

In fondo è un modo per mettersi in evidenza, un minimo di luce riflessa di cui godono tutti coloro che parlano male di Napoli e dei Napoletani. Mi aspettavo un plastico dello Stadium negli studi televisivi dello juventino doc Bruno Vespa. Così come mi sarei aspettato un editoriale di solidarietà sulle colonne di Repubblica nei confronti di Federico Ruffo, juventino atipico, da parte dello juventino tipico Maurizio Crosetti. Tra le “grandi firme” del giornalismo italico, solo il “corrierista” Pigi Battista si è degnato di fare arrivare al suo collega di Report un tweet di solidarietà, senza peraltro mai citare né la juve né quella parte della sua “esuberante” tifoseria..

Per gli altri, per tutti gli altri giornalisti che popolano l’universo juventino, Il povero Federico Ruffo forse stava cercando di accendere un barbecue sul pianerottolo della sua abitazione, dove tra l’altro abitano pure i suoi genitori. Ecco, avrei auspicato che, approfittando anche della sosta del campionato, quindi senza la concorrenza del calcio in tv, Gilletti, da sempre alla ricerca di maggiori ascolti, da presentatore juventino duro e pure, ma anche libero e intransigente, almeno quando vuole esserlo, avesse approfittato per discutere nella sua Arena che arena più non è, del delicato connubio “juve-dirigenti-tifosi-‘ndrangeta”.

Naturalmente Invitando il suo collega di “Report” Federico Ruffo e magari approfittarne per porgere le scuse a nome della tifoseria juventina pulita. Ma forse chiedo troppo ad una tifoseria che, anche nelle sue eccellenze illuminate, continua a negare ostinatamente fatti acclarati e dimostrati, oltre a non riconoscere sentenze passate in giudicato, sia nei tribunali sportivi che ordinari,. Gilletti, se ci sei, batti un colpo.

Altrimenti taci per sempre! Naturalmente la stessa preghiera viene estesa a Pierluigi Pardo, PPP per gli amici (PierPaciosoPardo),che si esibisce il lunedì sera. Certo tra ospiti scosciate e markette editoriali è più difficile infilare argomenti poco potabili. Lui, tra battute, lazzi e imitazioni, è la sublimazione del giornalismo da cabaret. Ma ogni tanto una botta di giornalismo, non dico di inchiesta, ma almeno di giornalismo e basta, me l’aspetterei persino da lui. E dire che i due sono spesso graditi e, suppongo, pagati ospiti di una televisione napoletana. Sempre la stessa. Aspetto con ansia che, almeno quando vengono dalle nostre parti, qualcuno possa finalmente stuzzicarli, col doveroso rispetto dovuto a cotanto senno, con certi argomenti altrove allergizzanti.

Pasquale Di Fenzo, PDF per gli amici, tifoso di Napoli prima che del Napoli. Non lesina critiche a Napoli e al Napoli, ma va “in freva” se qualcuno critica Napoli e il Napoli. Pensa di scrivere, ma il più delle volte sbarèa. L’obiettività è la sua dote migliore. Se il Napoli perde è colpa dell’arbitro. O della sfortuna. Sempre. Se vince lo ha meritato. Ha fatto sua una frase di Vujadin Boskov, apportando però una piccola aggiunta: “è rigore quando arbitro fischia, a favore del Napoli”. E’ ossessionato da Michu che, solo davanti alla porta del Bilbao passa la palla ad Hamsik invece di tirare in porta. Si sveglia di notte in un bagno di sudore gridando “Tira! Tira!”.