Chiara Ferragni agli Uffizi: qual è il problema?

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di Maria Rusolo

“Io distinguerei le persone morali dai moralisti, perché molti di coloro che parlano di etica, a forza di discuterne non hanno poi il tempo di praticarla.”

Ci risiamo in questa estate calda, tra una battaglia in Europa e un caos politico e sociale di portata internazionale, scoppia l’ennesimo caso nella piccola e mediocre Italietta! No, amici carissimi, non si tratta di tangenti nella sanità, o di qualche politico che riempie il proprio ufficio personale di amici di famiglia, no non si tratta del numero di femminicidi e del calo del Pil e della povertà e della fragilità umana e sociale che cresce, no, niente di tutto questo.

C’è qualcosa di molto più grave una influencer, la signora Chiara Ferragni, che di impresa e comunicazione è una che se ne intende, e che è tutt’altro che una scemetta dai capelli biondi ha osato partecipare ad un servizio fotografico per Vogue, con tanto di foto dinanzi alla Primavera di Botticelli agli Uffizi. Sacrilegio, scandalo, come osa, una ochetta di scarso spessore, entrare tra quelle sacre mura e calpestare quei pavimenti ricchi di storia e di cultura. E basterebbe già dire questo per rendersi conto di quale sia il livello in cui è sprofondato il nostro Paese. Sono anni che sento dire costantemente che si legge poco, che la televisione ha fagocitato tutto e che la gente è più interessata al grande fratello che a visitare e comprendere la grande bellezza di cui siamo ricchi e che non apprezziamo.

La cultura dovrebbe essere popolare, la letteratura e la musica dovrebbero essere popolari, nel senso più alto del termine, laddove per popolare si intende accessibile a tutti senza alcuna distinzione di appartenenza, di nascita, di censo o di titoli accademici. Onestamente l’operazione l’ho trovata dal punto di vista della comunicazione geniale ed infatti le pagine social degli Uffizi hanno raggiunto una vera e propria impennata in termini di contatti e di visualizzazioni, per cui il risultato sperato è stato ampiamente raggiunto e con successo e questo basterebbe già per mettere a tacere quattro soloni che pensano di aiutare la crescita culturale del Paese, probabilmente attraverso lezioni da qualche cattedra o impartendo ordini ed indicazioni che al momento non hanno portato grossi risultati. Ma ci sono due aspetti che mi preme sottolineare, il primo riguarda il pregiudizio che colpisce la Signora Ferragni, è donna, bionda, bella e pertanto non può avere altri interessi che non siano il rossetto e le borse di chanel e dior, come osa pensare e come osa superare il limite immaginario che esiste tra la mercificazione della propria immagine e quello della cultura che deve continuare ad essere appannaggio di pochi illustri beoti.

Ci risiamo, il discorso è sempre il medesimo, alle donne non viene perdonato nulla ed essere piacevoli di aspetto e servirsi anche della immagine per ” vendere” è considerato una questione di livello troppo basso per poter contaminare i luoghi della cultura, come se la pubblicità non fosse anch’essa una forma d’arte, come se negli anni della Pop art, non si fosse già sdoganato il concetto che gli oggetti del quotidiano, della vita di tutti giorni meritassero l’esaltazione in una scultura e potessero entrare ad ogni buon diritto nei libri e nei musei.

E siamo così eternamente e banalmente provinciali da non accorgersi che altrove queste distinzioni non esistono da decenni, che nessuno si concentra sul mezzo, ma sul risultato, che le donne vengono riconosciute innanzitutto per cervello e competenze, e che l’aspetto diventa un elemento accessorio, gradevole, piacevole, ma niente di più. Che la visione della oca bionda è sessista ed è l’espressione estrema di una cultura machista che ha determinato solo ritardi sociali, politici ed umani e che onestamente non è davvero più tollerabile. L’altro aspetto che mi fa arrabbiare e quasi schiumare riguarda proprio la figura dell’intellettuale in giacca e cravatta , e mi chiedo come mai non faccia barricate su tutti i milioni di euro spesi male nel nostro paese per la valorizzazione del nostro patrimonio immateriale.

Devo supporre che sia troppo impegnato a scrivere un elogio della forma dell’acqua per accorgersi che ogni anno vengono letteralmente buttati alle ortiche milioni di euro nelle organizzazioni di sagre e di feste di piazza, senza alcun vero risultato pratico in termini di crescita né del territorio né della comunità. Milioni che servono solo ad alimentare clientela politica ed un sistema di soliti noti. Se a pensar male si fa peccato, ma quasi mai si sbaglia sono mio malgrado portata a pensare, che essendo quasi sempre parte di qualche sistema politico in quel caso, si giustificherà parlando di esaltazione della tradizione popolare, e che quella si è un’alta forma di arte, in fondo ” declamare è più facile che dimostrare e moraleggiare più facile che essere sinceri”.

Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.