Confusi, disallineati e felici

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di Gianluca Spera

A leggere le notizie di oggi c’è poco da stare allegri.
La prima che mi ha colpito come un cazzotto nello stomaco è quella che ipotizza una proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre. Una cosa da lasciare interdetti visto che è trascorso un anno e mezzo dall’inizio di questo casino e anche la gestione dovrebbe essere ordinaria e non più emergenziale, soprattutto sul piano giuridico.
Comprendo che c’è una forte pressione per mantenere in vita strutture non elettive come quella commissariale o il famigerato Cts che consentono al potere di continuare a esercitare un capillare controllo sociale sulla popolazione ma a tutto c’è un limite.
Prorogare l’emergenza significa spargere ancora un po’ di paura, continuare a intralciare tutte quelle attività che risultano fastidiose ai benpensanti, tenere ancora in scacco le nostre vite. Evidentemente, c’è qualcuno che si affezionato alla formula “fine emergenza mai”. D’altronde, il sempre simpatico dottor professor Galli ha detto dalla Berlinguer che “l’inverno sta arrivando”. Come dire: ricordati che devi morire. Ce lo siamo già segnati, doc. Non c’è più spazio sul blocchetto degli appunti.
La seconda notizia che si fa fatica a trovare e va cercata con la stessa perizia di Indiana Jones riguarda la nostra splendida e rigogliosa regione. A quanto pare, fino a ieri erano riportati nel bollettino quotidiano più di 48 mila positivi che invece erano guariti. La Regione dice che c’è stato un disallineamento dei dati che solo ieri è stato corretto.
Per capire le dimensione del disallineamento, basta considerare che, l’altro ieri, in tutto il paese il numero di positivi era 150 mila di cui un terzo era costituito dagli oltre 48 mila disallineati campani. Per cui, ieri dopo l’opportuna correzione effettuata “dopo un accurato e dettagliato controllo”, i positivi su scala nazionale sono scesi a 100 mila. L’incongruenza doveva saltare all’occhio di chi di dovere pure a Roma perché, sempre fino all’altro ieri, la Campania aveva circa 60 mila positivi, al secondo posto la Lombardia con 18 mila. Ergo, il dato nostrano era del tutto anomalo perché ben sopra della media nazionale. Colpa del disallineamento.
Ora siamo a 11 mila positivi e stiamo tornando in zona bianca. Magari, senza il disallineamento, avremmo avuto qualche restrizione in meno, ci saremmo risparmiati qualche settimana in zona rossa/arancione e anche i dati nazionali sarebbero stati meno allarmanti. Chissà, per ora siamo confusi, disallineati e felici.
La terza notizia si ricollega alla prima ed è relativa all’obbligo delle mascherine all’aperto che si vorrebbe mantenere anche con cinquanta gradi all’ombra. Liberarsi di questo simbolo significherebbe rinnegare l’emergenza. Perciò, un altro po’ di pazienza, prudenza, gradualità, senza abbassare la guardia e con il dispositivo di protezione anche durante una nuotata solitaria o su un sentiero di montagna. Che vi costa un altro piccolo sacrificio, su?
Infine, l’ultima notizia (ma ce ne sarebbero tante altre) riguarda il nostro caro ministro che non ha ancora fatto il suo dovere. Be’, quale migliore occasione per testare il cocktail e rasserenare quel milione di cittadini giustamente preoccupato per gli effetti indesiderati di questa nuova procedura?
Per ora è tutto. Vado a prendere un Maloox. Anzi due con ghiaccio e senza fetta di arancio.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.