FARKHOUDA

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Farkhouda è il nome della giovane afghana, di appena 27 anni, portatrice di handicap, brutalmente uccisa per aver causato il presunto rogo di tre pagine del Corano. Le immagini del suo barbaro assassinio hanno fatto il giro del mondo : un video, a dir poco raccapricciante, ha mostrato fino a che punto può giungere un Islam integralista e violento. La vittima soffriva da 16 anni di problemi mentali, accentuati dal fatto di vivere in una comunità dove il rispetto e la solidarietà per le persone più deboli è praticamente inesistente.  Un gruppo di uomini, tra cui una decina  poliziotti,  ha infierito su di lei con inaudita ferocia massacrandola  con bastoni, quelli senza mezzi di offesa  hanno camminato sulle sue  gambe, un uomo armato di un mattone l’ha colpita più volte, e quando ormai il suo corpo ha avuto pietà di lei e ha smesso di soffrire,  la follia collettiva non si è placata: hanno continuato a colpirla con violenza , quasi un rito primitivo .  Tutto questo orrendo sacrificio umano filmato da una folla incuriosita e apatica ; nessuno dei presenti ha opposto un benchè minimo gesto di solidarietà e di difesa nei confronti della povera ragazza ,neanche quando il suo povero corpo martoriato è stato portato su un argine del fiume Kabul, dato alle fiamme e gettato nell’acqua. Un altro atto di violenza estrema perpetrato contro una donna indifesa e presumibilmente innocente, condannato unanimamente dalla comunità internazionale, non cambierà lo stato delle cose in tanti paesi dove esiste un Islam intollerante e violento. Ma le donne, le coraggiose donne afghane, hanno manifestato il loro dissenso con i fatti : il corpo di Farkhouda è stato portato al cimitero, a spalla,  da un gruppo di attiviste che combattono per i diritti delle donne, di fatto contravvenendo ad un’usanza che prevede la sepoltura un compito  degli uomini. Le stesse donne si sono opposte alla presenza di un personaggio locale  che aveva da subito definito il linciaggio un “ atto giustificato”.I tredici poliziotti , presunti colpevoli, sono stati sospesi dal servizio  in attesa dello sviluppo delle indagini, che vedrebbero coinvolti anche due venditori di amuleti presenti sul posto. Viene da chiedersi che sorte toccherà a queste coraggiose donne, protagoniste di un atto da ricordare; potrebbero essere probabili future vittime , anche se non subito . Le organizzazioni criminali non dimenticano, anche a distanza di tempo consumano le loro rivoltanti vendette, e in questi paesi l’integralismo segue lo stesso copione. Paesi dove le donne non valgono nulla, sono solo destinate alla procreazione e a soddisfare i desideri sessuali degli uomini, dove non si può ascoltare musica, leggere libri, uscire di casa da sole, dove è legge indossare il burqa, che lascia solo una piccola fessura per gli occhi, indossarne uno dai colori spenti perché i colori forti sono “ sessualmente attraenti”, dove chi è vittima di violenza sessuale viene lapidata. E dove , senza motivo, le donne possono essere vittima di una cieca violenza, come Farkhouda. Quando si scrive e si ricordano certe usanze,  si desta nelle persone più sensibili un comprensibile , istintivo senso di pena e raccapriccio, ma non basta…Queste donne vanno aiutate dalla comunità internazionale, accolte e difese quando riescono a fuggire dai loro paesi , protette dai loro aguzzini che , paradossalmente, sono anche vittime. Come accettare che un uomo non può possedere un uccello canterino perché può distrarlo , con il suo canto, dalle preghiere giornaliere, o addirittura che non può far volare un aquilone poiché , se scappa via, è costretto a salire su un albero e da lassù  potrebbe vedere una donna senza velo, commettendo peccato?

Mi vengono in mente le dichiarazioni di questi giorni di Vanessa Marzullo, la cooperante liberata mediante un congruo riscatto pagato dallo Stato italiano, insieme alla sua collega ed amica. Con tutto il rispetto per il volontariato e per la cooperazione internazionale, a Vanessa , che si sente offesa dalle “ palate di fango “ che le sono state gettate addosso e si è rinchiusa in un guscio, mi sentirei di dire che forse è meglio spiegare il senso del suo contributo per la causa delle donne islamiche. Certo non sappiamo se è partita con il kit del combattente, questo forse ce lo suggeriscono le immagini delle due ragazze velate , in ossequio all’Islam più integralista, e il loro silenzio sulla “ missione “ che le ha viste prigioniere e poi liberate grazie ai soldi dello Stato. Suvvia, Vanessa, non ti lamentare, adesso sei di nuovo a casa beata e tranquilla, e per il futuro,  mi raccomando : un po’ di prudenza non guasta!

Tutto è bene quel che finisce bene: sei ritornata nel mondo dal quale fuggivi, forse per noia, ma adesso potrai ascoltare musica, leggere poesie, migliorare la tua cultura, ascoltare il canto melodioso degli uccelli a primavera e lanciare un aquilone nel vento.Ti sembra poco?

Tra scuola e fantasia, tra giovani e ricordi, tra innovazione e tradizione, tra torto e ragione, il cammino e le riflessioni di una donna sempiternamente alla ricerca della verità.