Insopprimibile insofferenza: Natale e dintorni

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Il Natale è per “me” ed è per questo che negli ultimi tempi mi trovo ad assistere ad un collettivo comune, dove la dissacrazione si fa evidente. La chiamano mancanza di valori. Quelli che sanno definire le situazioni la chiamano disgregazione identitaria. Qualcun altro si spinge oltre e la colora di evoluzionismo storico. Ci complichiamo sempre la vita, cercando il misterioso nell’evidenza. Insofferenza, tout court! Ma perchè? Soprattutto perché sempre di più e sempre più corale? A questa domanda occorre rispondere e come al solito è sempre il problema che tiene nascosto in seno la sua soluzione. Basta leggere i dati, attentamente ma acriticamente , come semplici spettatori di uno spettacolo che si svolge dinanzi ai nostri occhi. Per questo spettacolo nello specifico, direi che si ripete davanti ai nostri occhi, assumendo delle sfumature che rasentano il parossistico. Come se fossimo giunti ad un limite, e quando accade non c’è indifferenza che tenga, perché la patologia emerge in tutta la sua evidenza. Un certo Maslow, nei lontanissimi anni cinquanta dichiarava che i necessari bisogni dell’uomo si possono sintetizzare in tre categorie: il mantenimento fisiologico , l’autonomia necessaria per l’esistenza , e l’autorealizzazione. Senza andar troppo fuori dal seminato, diciamo che il Natale e tutto ciò che concerne è legato strettamente con il terzo bisogno di cui Maslow parla, ma sta dispiegando i suoi effetti solo ora a distanza di tanti anni.


L’autorealizzazione manca e la sua compressione si manifesta nell’aria natalizia, perché l’aria di Natale senza l’uomo non può esserci. La compressione fatta da sovrastrutture , che nascevano per montare l’uomo, si sono solidificate ergendosi a gabbia. Una gabbia che ha intrappolato l’uomo, che compresso, si ribella e sente un nervoso insofferente montargli dentro. Tutti a desiderare un salto quantico al di là delle feste, perché non rappresentano ciò che forse si sente di essere. Come se la corsa ai regali fosse una costrizione alla quale non si vuol più obbedire, in ossequio al vivere secondo le regole e poi a Natale bisogna essere più buoni, no? Ma così lo si è verso chi? Per che cosa? Qui prodest? E noi? E io? Ma se tutto questa insofferenza invece volesse chiederci qualcosa d’altro? E se invece il frastuono parlasse una lingua che non riusciamo a decifrare? E’ come se quest’insofferenza oltre che strattonarci volesse fermarci, per farci comprendere che ci vuole coraggio a dirci la verità , ma che da soli non possiamo farlo, ma che è solo da soli che dobbiamo trovarlo il coraggio di lasciarci soli, ad ascoltare una lingua che non conosciamo, la nostra. Diversa da quella che sentiamo in giro. La lingua corale è la somma di quelle individuali, ma insieme non si comprendono, perché ognuno di noi non parla con le proprie parole, ma assume date quelle totali . Come se ne esce? La consapevolezza della propria insofferenza non è peccato e facciamoci pace. Questa è la prima mano da stringere con leggerezza. Conoscere la propria lingua non può accadere con lo scartare regali la notte di Natale, anche se…ascoltare una storia può fermare la giostra. Sentire il suono di un’altra lingua che canta da anni luce fa o da universi paralleli che si incontrano aprendo un libro, può stirare le pieghe inamidate di una personalità incartapecorita dalle tradizioni. Lasciare che lingue diverse disegnino contorni dentro, piano piano, ridisegna uno spazio che si riempirà di nuovi percorsi, di nuovi possibili sentieri, che calmano l’insofferenza. Questa forza senza briglie acquista lucidità e può trovare una nuova identità, perché avrà trovato uno scopo che è l’autorealizzazione di ognuno, diverso da un altro, ma che senza l’universo fatto di tanti altri non spiega il suo perché. Si, ma tutto questo in quanto tempo? Dipende da quanto è grande l’insofferenza di ognuno e di quanto è golosa la voglia di sentirsi se stessi in una frase , in una parola , in una virgola presa ora qui ora là nei pensieri di quei tanti autori che aspettano di realizzare se stessi, aiutando te. Ovviamente non uno solo una tantum ma perché non cominciare a Natale ?

Monica Balsamo '71 , laurea in Giurisprudenza, un lungo percorso nel mondo bancario. Autore, lettore dipendente è innamorata dell'universo "uomo", curiosa e ossessionata dai perché. Tra il serio e il faceto sceglie il dissacrante. Nella ricerca continua di risposte celebra le domande, da cui nascono corti commedie, sceneggiature, poesie, canzoni, "pezzi" da condividere e aforismi a gogò. La vita è per lei una sfida che va celebrata divertendosi, quotidianamente.