La nuova domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto: chi è Liberato?

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La nuova domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto: chi è Liberato?

Ciò che dovrebbe contare maggiormente, in realtà, non è il “chi”, ma il “cosa”.

Il 13 Febbraio, con un account YouTube creato ad hoc appena due giorni prima, viene pubblicato il primo video di Liberato “NOVE MAGGIO” che, proprio in questi giorni, ha raggiunto il milione di visualizzazioni. “UÀNEMA ‘RO PRIATÒRIO” la citazione da Così parlò Bellavista che funge da intestazione insieme ai ringraziamenti.

Perchè Liberato è soprattutto questo: è Napoli elevata all’ennesima potenza, il luogo comune portato all’esasperazione che smette di essere luogo comune e diventa tendenza. E’ la proiezione ortogonale della Napoli che fu, svecchiata e tirata a lucido, imbellita dalla fotografia magistrale di Gianluca Palma e dalla regia di Francesco Lettieri, il tutto condito dal totale anonimato che conferisce al progetto quel tocco di mistero alla Bruce Wayne che non guasta mai.

E’ stato, a mio parere, erroneamente accostato ad Elena Ferrante, la scrittrice partenopea che pubblica sotto pseudonimo e che, come scrive nel volume “Frantumaglia”, utilizza l’anonimato per proteggere il suo privato e per far sì che i suoi libri continuino ad essere degli “organismi autosufficienti”.

La scelta di non rivelare l’identità di Liberato, al contrario, ha alla base una semplicissima strategia di marketing, già attuata in precedenza, anche se in maniera molto più grezza, da Niccolò Contessa, il frontman de I Cani che, inizialmente, si faceva intervistare con in testa un sacchetto della spesa (a metà strada tra la copertina di Brief interviews with hideous men di Wallace e la versione di Thomas Pynchon secondo Matt Groening) o di spalle o con la telecamera che gli inquadrava soltanto i piedi. Una scelta, tra l’altro, totalmente azzeccata, se consideriamo il fatto che Napoli è la città dell’ ‘inciucio’ per eccellenza.

Insomma, idee trite e ritrite che riescono, nonostante tutto, a catturare sempre l’attenzione che, sfortunatamente, si va a concentrare spesso su aspetti che dovrebbero essere, in realtà, totalmente irrilevanti. Non è importante conoscere la vera identità di Liberato, il suo messaggio esula totalmente dai suoi dati anagrafici. L’errore in cui si incorre a fossilizzarsi sul banale punto interrogativo a proposito dei nomi che si celano dietro questo progetto, è quello di perdere di vista lo scopo, la bellezza di tutto questo. Lo si nota dai commenti ai video su YouTube nei quali si possono leggere le teorie più strambe ed inverosimili. Alcuni credono si tratti proprio di Calcutta, a tal proposito possiamo tranquillamente smentire le dicerie. Il modo che, chiunque interpreti la canzone NOVE MAGGIO, ha di pronunciare la parola “pacienza” può appartenere soltanto ad un napoletano doc.

Si tratta, probabilmente di un progetto attuato con la collaborazione dei quattro artisti che, sul palco del MI AMI festival di Milano, hanno interpretato le sue canzoni. Questi quattro esponenti della scena indie contemporanea, Calcutta, Izi, Priestess e Shablo, rappresentano sicuramente una piccola parte di quella che, molto probabilmente, è in realtà una enorme produzione ritagliata ed impacchettata ad hoc per riscuotere un numero elevatissimo di consensi. Ma è proprio questo l’aspetto che più ci piace del fenomeno Liberato: l’applicazione magistrale di tutte le più redditizie strategie di social-marketing unite ad un’impronta partenopea di Sollimiana e Sorrentiniana memoria che, tuttavia, riesce comunque a non perdersi totalmente nell’universo del ‘già visto’ o del ‘già sentito’

Facebook, Instagram, YouTube e persino Tumblr (una piattaforma di microblogging e social networking non molto conosciuta dagli utenti italiani ma che, in quanto a filosofia e versatilità, supera di gran lunga l’inutile ed ipocrita moralismo dilagante del social network di Mark Zuckerberg) sono solo alcuni dei canali utilizzati per pubblicizzare e diffondere il verbo di Liberato. Da qualche giorno è attivo anche lo store online su Bigcartel delle t-shirt con logo.

Il pacchetto completo, insomma.

Però, al di là dei gusti personali riguardo alla musica ed ai testi, Liberato è soprattutto altro, è un approccio fresco e quasi totalmente inedito, è Synth pop che incontra Mario Merola, la rivisitazione scenica del cuozzo del vascio di Ponticelli che si innamora della bella wagliona vomeVese, una carrellata delle migliori cornici ambientali partenopee: lo stadio, i graffiti sui muri scrostati, le case sgarrupate, piazzale tecchio, la struttura fatta per Italia ‘90, Via Partenope, Fuorigrotta, Mergellina, i wagliuncielli che esultano durante le partite del Napoli, gli spinelli di fumo cattivo che sa di copertone, gli amici che sfottono a quello con la ‘nnammurata con gesti inequivocabili delle mani, la carrellata di fotografie dei parenti defunti sul tavolino del salotto.

Liberato è quello che ti aspetti da Napoli ma che riesce comunque, e inaspettatamente, a sorprenderti.

Liberato, come diceva una giovanissima Winona Ryder in Ragazze interrotte, “siamo voi ed io, amplificati”.

Faccio parte di quella categoria di persone che picchia le cose quando non funzionano. E poi chiede loro scusa. Di conseguenza, le mie storie sentimentali non terminano con piatti rotti ma col diradarsi delle telefonate. Raccolgo i miei viaggi sul frigorifero. Ho paura del buio e degli angoli, come quella scena di Mulholland Drive. Alla vita non ci penso mai. Perché, se pensi alla vita, poi dici le cose banali sulla vita, tipo "eh, ma la vita è così". Ma la vita non è mai così. La vita ci si avvicina, a così. Ah, non ho mai schiacciato un insetto. Beh, forse qualcuno sì ma molto raramente, solo di notte, e mai un ragno. Lo so, è una forma di razzismo. Una volta ho fatto il contrario e sono stata redarguita dagli eventi. Prima di andare a dormire ho visto un millepiedi nella mia stanza. L'ho lasciato lì, dicendomi: 'tanto dove può andare?'. Il mattino dopo mi sono infilata le scarpe e ho sentito un rumore croccante. Ho avuto l'alluce colorato di viola per tre giorni. Sono tanti i posti in cui mi piacerebbe andare. In Islanda, in Giappone, in Antartide. Nel posto più rumoroso del mondo e nel posto meno rumoroso. Nei posti delle storie: le foresta, il bosco, il deserto, l'isola tropicale, la tundra, la giungla. Nei posti che non hanno nome. Spero che un giorno riusciranno ad inventare il teletrasporto con la riproduzione casuale.