Pelè, Diego, Sinisa e Vialli, icone identitarie, ma soprattutto uomini

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di Mimmo Verrigni

Ai tempi di Maradona, sembra l’inizio di un poema epico greco, i tifosi di calcio di fede partenopea, negli stadi cantavano un motivetto che faceva più o meno così:

“Maradona è megl’e Pelè…”.

Nei miei cinquantotto anni di vita, seppur io non sia mai stato un accanito tifoso e sostenitore del gioco del calcio e di conseguenza di nessuna squadra che pratichi questo meraviglioso e affascinante sport, ho avuto modo di seguire le vicende che hanno coinvolto molti importanti protagonisti di questo mondo sportivo. Sì, un mondo, è giusto definirlo così perché il calcio e tutto ciò che ruota intorno ad esso, è un mondo a parte, non ha nulla a che fare con la vita reale, con la quotidianità degli esseri umani, con la vita vissuta tutti i giorni da noi comuni mortali, quella vita fatta di stipendi spesso insufficienti a raggiungere la fine del mese con dignità, di umiliazioni e mortificazioni subite da molti nell’ambito lavorativo o familiare, di angosce per il futuro incerto dei propri figli, ecc.

Il mondo del calcio appare ai nostri occhi un mondo magico abitato da supereroi, da Dei, un mondo fatto di macchine lussuose, stipendi da capogiro che si fa fatica persino a pronunciarne le cifre, belle donne, meravigliose residenze, successi e fama, ma probabilmente, proprio perché i due mondi sono così distanti che in molti sono affascinati e rapiti ed ecco che, diventiamo improvvisamente tutti presidenti, allenatori, manager della propria squadra del cuore e i successi dei nostri supereroi, le loro ricchezze, le loro vittorie, diventano nostre.

Desideriamo e preghiamo i Santi a noi vicini affinché la squadra per la quale ardentemente e visceralmente tifiamo vinca, per sentirci almeno la domenica, anche noi dei vincenti, anche noi ricchi, anche noi supereroi e il calcio ha il potere di farlo, quel senso di appartenenza ci rende felici e orgogliosi e ci dona quel riscatto nei confronti della vita del quale siamo convinti di meritarci, ma poi… giunge la notizia della morte di Gianluca Vialli, l’uomo Gianluca, quell’uomo di cinquantotto anni di età proprio come me, ucciso da un cancro, in un attimo tutto quel mondo magico del quale quell’uomo faceva parte svanisce per dare spazio all’umanità, non solo sua, ma anche nostra, ci rendiamo conto che dietro la maschera da supereroe c’era un uomo con la sua vita e le proprie fragilità, oltre il bagliore di quel magico mondo c’è anche per loro la vita, quella vera, quella che quando ha qualcosa di brutto da dare non risparmia e non dimentica nessuno.

A partire dal grande Torino, furono in totale trentuno le vittime nella tragedia di Superga, Renato Curi come Piermario Morosini morti in campo per arresto cardiaco, Luciano Re Cecconi ucciso per una finta rapina, solo per citarne alcuni e in tempi più recenti: Maradona, Rossi, Mihajlović, Pelè e in ultimo Vialli.

Non so se Maradona era meglio di Pelè, sono certo che loro come tutti gli altri, erano uomini proprio come me, protagonisti e vittime di vite vere.

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