Poppella e il “caso Napoli”

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di Padre Maurizio Patriciello

La strategia è chiara a tutti: occorre fare terra bruciata. Isolare i quartiere storici della camorra dal resto della città per farne una sorta di “ centri di comando” per tutto il territorio. I cento clan della camorra che tengono in ostaggio Napoli, hanno urgenza di mappare le zone, imporre regole, appropriarsi degli spazi lasciati incustoditi dai gruppi perdenti. A nessuno è permesso di mettere in discussione gli ordini ricevuti o cercare di porre rimedio a una situazione che si fa sempre più assurda e pericolosa. Come per ogni dittatura il pensiero unico imposto dalla camorra deve assere accettato una volta per tutte. Si fa così, basta. Si è sempre fatto così, stop. E chi non lo capisce con le buone sarà costretto a capirlo in altro modo. Ciro Scognamiglio, “ Poppella” discende da una antica famiglia di pasticcieri è titolare di diversi negozi in tutta la città. Ha fantasia, volontà, ha creato posti di lavoro. A Napoli, patria della sfogliatella cui nessuno è disposto a rinunciare, è riuscito a imporre un dolce nuovo e delicato, che in breve ha conquistato la fiducia dei buongustai: il “fiocco di neve”.

I napoletani ne vanno ghiotti. Giovedì mattina nella vetrina del suo negozio nel quartiere Sanità, sono stati esplosi alcuni colpi di pistola. Sono le sette e trenta, i primi clienti sono appena andati via. L’ ennesima “stesa”, stavolta senza morti. Solito segnale per chi si ostina a non capire. Il classico avvertimento. La pasticceria Poppella rimane chiusa. Brutto segno. Ciro si dice deluso. Riesce solo a farfugliare: « Non dovevano farlo». Già, sono tante le cose che “ quelli” non avrebbero mai dovuto fare e che invece, imperterriti, continuano a fare. Siamo a pochi passi dalla parrocchia di San Vincenzo, il cui parroco don Antonio Loffredo con padre Alex Zanotelli e don Giuseppe Rinaldi si stanno consumando per il riscatto sociale, morale, culturale, spirituale del rione. Siamo nei pressi della piazza dove, due anni fa, un’ altra maledetta “stesa” uccise Genny Cesarano. Aveva solo 17 anni quel ragazzo ed era innocente.Fu un errore. Un errore che quelli della “ Paranza de criature ” mettono in conto. Tutti possono sbagliare, dicono. Capita. Se non vuoi correre rischi, resta a casa tua, non andare in giro, non fermarti a bere un caffè al bar. Rientra presto a casa. Non trovarti nel luogo sbagliato, nel momento sbagliato. Come se fossi tu a essere sbagliato.

In questo modo, terrorizzando la brava gente, riescono a rapinare ai cittadini pezzi sempre più grossi di libertà. Lo ha ricordato, in un recente incontro contro le mafie, l’ ottimo magistrato Catello Maresca. “ Loro” hanno bisogno di controllare tutto, ma proprio tutto, fosse anche l’ affitto di un appartamento. Tutto deve essere sotto chiave. Hanno bisogno del consenso popolare come l’ aria che respirano. E il consenso si ottiene in due modi: o intimidendo il popolo o ammaliandolo con regali e “posti di lavoro”. Il lavoro, già. È sconsigliabile continuare a credere che la camorra possa arrendersi e cedere il passo alla legalità quando c’è gente che non riesce a portare un pezzo di pane a casa. Se facile è fare la diagnosi di ciò che accade a Napoli, più complessa e difficile è trovare una soluzione degna di questo nome. Occorre resistere alla tentazione della facile retorica e sforzarsi di capire, senza illusioni né scoraggiamenti, dove mettere le mani. Certo, è strano che nell’ era in cui, in tutte le città d’ Europa, i responsabili di atti efferati vengono incastrati dalle telecamere, nei quartieri violenti e degradati di Napoli le telecamere, quasi sempre, sono insufficienti se non del tutto assenti e, sovente, non sono funzionanti. Le “stese” sono una terrificante realtà. E riescono ad ammutolire i residenti. La paura è troppa. Chiunque si potrebbe ritrovare al centro di un agguato. Prima che qualche altro innocente abbia a perdere la vita è bene che lo Stato, in tutte le sue compagini, prenda in seria considerazione e con determinazione il “ caso Napoli”.

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