Trine e merletti

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di Maria Rusolo

“La rivoluzione più grande è, in un paese, quella che cambia le donne e il loro sistema di vita. Non si può fare la rivoluzione senza le donne. Forse le donne sono fisicamente più deboli ma moralmente hanno una forza cento volte più grande.”

Non ce la faremo mai, viene voglia di gettare le armi, di lasciare che vada tutto alla malora, le donne continuano ad essere contro le donne, continuano a rendere servizi al capo maschio di turno e continuano a chiedere concessioni. Trasformano tutto in caciara, tutto in una offesa pubblica sull’aspetto e sulle doti fisiche, senza alcun pudore si appropriano degli stereotipi culturali dei maschi e diventano donne contro le altre donne.

Tacciate di isteria non muovono un passo, non hanno un sussulto ed accettano ruoli preconfezionati senza battere ciglio. E chi si indigna, chi prova a gridare che è assurdo ragionare per schemi in una società fluida che dovrebbe mettere al centro della discussione la capacità di agire, di operare, di superare le difficoltà, di superare il malessere, l’assenza di crescita individuale e collettiva, è trattato come il folle che grida alla luna e che pertanto non ha nulla di attendibile e nulla di serio da proporre.

Scrivo spesso di questo argomento, e qualcuno potrà pensare che la mia sia una ossessione, ma vedo sgretolarsi decenni di conquiste, vedo il mio paese, fare passi indietro inesorabili, verso un abisso senza speranze. Aveva ragione Oriana Fallaci qui non è questione di abbracciare i valori del femminismo, non è questione di odiare gli uomini o di porre l’attenzione su una contrapposizione tra ” corpi”, ma è necessario capire profondamente che non ci sono ostacoli validi in natura perché si proclamino differenze. E lei, che andava alla guerra, seppure come eccezione, non veniva trattata come un marziano, noi che proviamo a gridare il nostro disappunto oggi siamo trattati come un numero esiguo di soggetti da accontentare e da tenere buoni in un recinto di inutilità. Si approvino leggi per qualche posto in lista, ma non si mettano le decisioni in mano alle donne, si diano bonus per la baby sitter perché servono braccia e servono figli, si riconosca la maternità come elemento necessario, ma lo si faccia allo scopo unico di non lasciare il paese in mano ai vecchi.

La verità è dura, crudele ma nessuno la vuole ascoltare e non me ne voglia nessuno, se sto per dire una cosa scomoda, impopolare, ma il problema non è il macho italico, dalla fronte larga e dal pugno chiuso, il problema è “mia sorella” che non coglie la sua abilità, che non la esalta, non la sviluppa, che si siede accavallando le gambe e subisce in silenzio, e non lotta per una parità che va riconosciuta non creata. Ogni volta che resteremo in silenzio al cospetto di una offesa celata da una battutina ed accompagnata da una strizzatina d’occhio, non faremo altro che contribuire alla desertificazione umana, sociale e culturale e taglieremo le gambe di netto alle donne delle future generazioni.

Ma sì, indossiamo trine e merletti e lasciamo che scelgano per noi quale facoltà universitaria è più giusta e possa essere conciliata con la cura del focolare domestico, ma sì, lasciamo che la politica la facciano gli uomini ed a noi siano riservati i ruoli di ancelle adoranti del maschio Alfa di turno. Sì, continuiamo a non dissentire apertamente, a postare notizie di violenze e di femminicidi a non lottare apertamente per la compagna di banco o quella dell’ufficio accanto che subisce ammiccamenti continui e pesanti.

Sì, chiniamo il capo, tanto il mondo va come deve andare ed in fondo abbiamo già tante libertà, che non vale la pena lamentarsi ed agitarsi fornendo agli uomini un’altra occasione per ridere delle nostre ” sguaiate” reazioni. Zitte e mute! Fra poco più di un mese in molte regioni si rinnoveranno i Consigli Regionali, ebbene le donne tutte avrebbero dovuto agire con forza, con un manifesto comune al cospetto della assenza di una classe dirigente al femminile nei partiti, avrebbero dovuto rifiutare candidature di riempitivo delle liste, senza un tentennamento. Senza una lotta decisa, senza la forza delle idee e la piena consapevolezza di se stesse non c’è risultato che tenga e continueremo a sembrare oche starnazzanti nel cortile di casa, perché senza disobbedienza non c’è battaglia che valga la pena di essere combattuta.

“Non sono un uccello; e non c’è rete che possa intrappolarmi: sono una creatura umana libera, con una libera volontà.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.