di Rosario Pesce
È evidente che il dibattito, all’interno del Governo in merito ai fondi del Mes, va ben oltre il mero contenuto della polemica fra i due partiti principali che reggono l’Esecutivo Conte.
Accettare o rifiutare i fondi del Mes, infatti, equivale a confermare o a negare la collocazione internazionale dell’Italia all’interno del contesto dell’Unione, visto che il Mes, con le conseguenze che comporta sul piano finanziario, è di fatto un nuovo patto fondativo dell’Europa, che non esce certo bene dalla pandemia, visto che i Paesi più colpiti sono proprio quelli del vecchio continente.
D’altronde, non si conosce ad oggi neanche quale possa essere l’orizzonte temporale del Covid, per cui gli sforzi finanziari, che l’Europa deve sostenere, sono un’incognita.
Ed è, peraltro, ovvio che tutti i comparti più importanti della Pubblica Amministrazione, dalla Scuola alla Sanità, dalle Università agli Enti Locali, non possono che trarre beneficio da capitali che dovranno essere investiti nel modo più saggio ed opportuno possibile.
Ed, allora, perché c’è chi si ostina ancora a ritenere il Mes non strategico per il futuro del nostro Paese?
Ormai, il mondo si va a polarizzare sempre più: un tempo, l’antitesi era fra Occidente ed Oriente, ovvero fra il capitalismo occidentale ed il socialismo reale dei Paesi della sfera di influenza sovietica.
Oggi, invece, analoga antitesi è fra l’Occidente e l’Oriente rappresentato dalla Cina, la cui macchina economica capitalistica è in grado di produrre profitti maggiori di quelli occidentali, visto che le norme in materia di tutela ambientale e dei lavoratori non sono così stringenti come nella nostra area.
Quindi, si può forse ipotizzare che chi rifiuta i capitali dell’Europa sta guardando verso Pechino come partner preferito?
La risposta non può che essere affermativa, visti anche gli ultimi patti commerciali che sono stati stipulati fra Italia e Cina, prima che scoppiasse la pandemia.
Ed, allora, in gioco non è solo una partita meramente finanziaria, ma anche una di natura politico-culturale: possiamo guardare verso un mondo lontanissimo da noi, che poco o nulla ha in comune con la storia contemporanea dell’Europa?
Possiamo sostenere la Cina nella sua opera di conquista del Mediterraneo?
Possiamo uscire – a breve – dall’Unione, come ha già fatto il Regno Unito, decretando il fallimento del sogno europeista, che ha percorso la nostra storia sin dalla conclusione del Secondo Conflitto Mondiale?
Forse, visto l’interesse della pubblica opinione verso l’evoluzione sanitaria della pandemia, non abbiamo ancora compreso come si stia giocando, in questi mesi, una partita politico-istituzionale che condizionerà la storia nazionale ed europea per molti decenni ancora?