Il silenzio delle donne…

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di Maria Rusolo

“L’abolizione del diritto di abortire per una donna, quando e se lo vuole, equivale a una maternità obbligatoria, una forma di stupro da parte dello Stato.”

Siamo ancora a questo, siamo al cospetto di una battaglia ideologica combattuta sulla pelle delle donne. Non racconterò cosa significhi interrompere una gravidanza per una donna, non racconterò che cosa sia subire il volere degli altri sul proprio corpo, non racconterò che cosa provino le donne dinanzi ad un test con quelle due linee rosa, non racconterò che in pochi secondi passano dinanzi agli occhi le immagini di un mondo che non accoglie donne con figli che hanno giustamente ambizioni, e non racconterò che dopo 42 anni dalla approvazione della legge, si possa ancora giocare con la vita ed il futuro delle donne.

Vorrei che ciascuna donna si riconoscesse in quello che scrivo, perché in fondo ciascuna di noi ha provato quella sensazione di impotenza, o semplicemente ha scelto di non essere madre, vorrei che anche le donne che non sono d’accordo, in nome di una posizione personale anche convinta, si battessero per il diritto di scelta.

Quello che mi sconvolge è che siamo ancora qua a parlarne, e che a distanza di decenni, ci sono donne che in Italia, circa 10.000, muoiono per aborti clandestini, che viviamo in un Paese in cui il 70% dei medici ginecologi si proclama obiettore di coscienza, in cui non solo non interessa il ruolo nella società delle donne, la loro crescita umana e professionale, la loro partecipazione attiva alla vita economica e politica del Paese, ma che non diventa rilevante, prioritario il diritto alla salute. Non è questa una cultura della morte? Non è questo un modo per soggiogare e stuprare le donne?

L’accesso alla contraccezione in Italia è diventato un affare per donne benestanti, informatevi correttamente, dal 2016, grazie ad un Ministro Donna, la Lorenzin, la pillola rientra nei farmaci di fascia C, quindi quelli a pagamento. C’è poco da bearsi, come ho più volte scritto, di bonus famiglia, e di pari opportunità, se giochiamo ancora sulla pelle del mondo femminile.

Le donne in questo Paese vengono umiliate, spariscono i Consultori, ed anche quando sarebbe possibile interrompere la gravidanza grazie solo ad una pillola, molte Regioni, impongono un ricovero ospedaliero, uno schiaffo ulteriore, un modo per renderci visibili, anche quando non vorremmo, un modo per controllarci, per limitarci, per sottrarci il potere di scelta ancora, ed ancora una volta un pugno dritto in faccia da nascondere dietro gli occhiali da sole. Quello che ci dovrebbe indignare è che anche in questo caso la distinzione la farà il censo, le donne ricche, come in passato lo faranno senza difficoltà, mentre quelle senza sostegno e forza economica saranno ancora una volta nelle mani dei ciarlatani.

Non sento le voci delle donne, non sento le voci delle donne della politica, delle professioniste, delle donne di cultura, non sento la voce degli intellettuali, dove è finita l’avanguardia culturale di questo maledettissimo Paese? Dove sono i giornali che negli anni del referendum sull’aborto, anni difficili quelli, si schierarono apertamente per il diritto di scelta? Siamo fuori dalle agende politiche di ogni governo, qualche riga qua e là più per catturare qualche voto che per esprimere un impegno serio.

Ed ora cosa faremo continueremo a stare con le mani in mano? Continueremo a lasciare che altri possano gestire anche la nostra vita, la nostra ragione d’essere? Le battaglie non si delegano semplicemente si fanno, bisogna pretendere rispetto per noi stesse e per le nostre figlie, come le nostre madri fecero per noi, subendo anche feroci umiliazioni, dai mariti, dai padri e dalle comunità in cui vivevano. Ricordo bene mia madre, ricordo l’emozione quando mi raccontava del Referendum vinto sull’aborto, e ricordo la voce rotta dal pianto, di una donna semplice, cresciuta in un piccolo paese di 3000 anime, che sapeva di aver realizzato un passo verso la libertà propria e delle proprie figlie.

 “Le donne devono sempre ricordarsi chi sono, e di cosa sono capaci. Non devono temere di attraversare gli sterminati campi dell’irrazionalità, e neanche di rimanere sospese sulle stelle, di notte, appoggiate al balcone del cielo. Non devono aver paura del buio che inabissa le cose, perché quel buio libera una moltitudine di tesori. Quel buio che loro, libere, scarmigliate e fiere, conoscono come nessun uomo saprà mai.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.