La politica e la misericordia

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di Gianluca Spera

Banalmente, si dice che i politici sono tutti uguali solo diversamente corrotti.

A me sembra più il primo emendamento del partito populista che una considerazione valida.

Forse sono tutti uguali quelli che vanno in televisione, sbraitano sui social, si insultano in Parlamento.

Poi, ci sono quelli che, pur non avendo un partito alle spalle con percentuali importanti, combattono battaglie solitarie, coraggiose e impopolari in nome del diritto e dei diritti.

Marco Cappato è uno di questi, un politico serio, impegnato, preparato che ha dato corpo alla sua battaglia, sacrificando se stesso e rischiando il carcere.

Non è fuggito dal processo, non ha chiesto l’immunità, non si è comportato da guappo di cartone. No, Marco Cappato voleva essere processato perché era l’unico modo per sollevare la questione di costituzionalità e mettere il Parlamento con le spalle al muro.

Marco Cappato ha vinto senza violare la legge, ha vinto a dispetto di deputati e senatori irresponsabili, ha vinto perché, se avesse perso, non avrebbe urlato contro l’ingiustizia, ha vinto perché ha evidenziato una contraddizione prima logica e poi giuridica, ha vinto perché il successo non è solo suo ma di tutti.

Ha regalato un pezzo di libertà a un Paese fondamentalmente arretrato, culturalmente involuto.

Lasciare una non vita ingabbiata in un corpo immobile non è un atto di pietà, bensì una crudeltà inaudita.

Quelli tipo i leghisti che esibiscono simboli religiosi, senza conoscere cosa sia la compassione, non sanno che spesso il trapasso è più doloroso della malattia. E se c’è una possibilità, per chi ritiene di poter e voler esercitare questa facoltà, di alleviare il dolore e abbandonare una non vita da uomini e non da bestie, non si vede per quale motivo si debba impedire.

Così, ognuno è libero di scegliere per sé, in scienza e coscienza. Prima della storica sentenza della Corte Costituzionale, veniva inflitto un martirio a tutti, anche a coloro che pretendevano un trapasso più civile.

“Io non lo farei” non può diventare “tu non lo devi fare”. Dubito che questo parlamento possa comprendere la portata rivoluzionaria della pronuncia della Consulta.
Fatto sta che resta uno scollamento clamoroso tra gli organi costituzionali, ormai presidio di legalità e democrazia, e gli organi eletti che sono profondamente immersi nel ventre dei loro elettori.

Pare, per semplificare, che le élite siano più efficaci del popolo. Così è in Italia ma anche in America, in Inghilterra e in qualunque Stato esiste una Costituzione, scritta o non scritta, che tuteli la gente da un potere esercitato ormai in forme tiranniche.

Giusto per chiudere un aneddoto.

Qualche mese fa, Marco Cappato ha presentato il suo libro, “Credere disobbedire combattere. Come liberarci dalle proibizioni per migliorare la nostra vita”, a Napoli.

Una lettura illuminante, progressista, moderna. Roba per carbonari in Italia.

Al termine dell’evento, gli rivolsi una domanda.

“Perché, in questo Paese, Salvini è ministro e lei no?”.

Lui rispose senza scomporsi: “Non so, me lo dica lei”.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.