Non è un Paese…

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di Claude De Bray

Non sento parlare d’altro in questi giorni; dell’efficienza degli apparati istituzionali, di questa accelerazione del “PNRR” e del “Next Genetation”.

Un pacchetto di fondi destinati al ridurre il divario sociale territoriale, ad attribuire maggior efficienza agli organi istituzionali e a tutti quegli apparati volti alle funzioni sociali…. in sintesi “digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale”.

Premesso che pur fornendo all’attuale classe dirigente statale, a funzionari e dipendenti degli organi statali, un computer capace di fare il caffè, a mio modesto avviso, gran parte non sarebbero nemmeno capaci di farlo funzionare tantomeno se fosse Alexa in quanto nemmeno capaci di formulare una domanda in senso compiuto.

Ho assistito personalmente a casi in cui degli impiegati non riuscivano a comprendere che per selezionare un dato bisognava aprire semplicemente un menu a tendina.

Giusto per porre un quesito, vorrei sapere perché file interminabili di vecchi si accalcano presso gli sportelli ASL per le esenzioni pur essendo sufficiente attingere tali dati dalla banca dati INPS o dell’Agenzia delle Entrate che conosce pure di quanti peli…sotto le ascelle siamo forniti; no, devono morire o sotto il sole cocente oppure congelarsi al freddo invernale!!!

Per amor di… patria facciamo anche questo e con lo SPID, il tablet o il telefonino possiamo ordinare pure l’anatra all’arancia che poi un povero cristo con contratto a cottimo o, nella migliore delle ipotesi, a tempo determinato ci porta fin sotto l’uscio se nel frattempo non gli rubano il motorino, ma per l’esenzione al ticket sanitario dobbiamo fare la via crucis.

Ma queste menti eccelse si sono mai poste la semplice domanda di come una anziana donna di ottant’anni possa accedere a queste funzioni, quando un impiegato dell’INPS non sa nemmeno aprire un menu a tendina?

Decisamente il nostro… non è un paese… per anziani.

Lessi da qualche parte che il grado di vivibilità e civiltà di una nazione si misura in funzione della qualità della vita che, tradotto in termini spiccioli, sarebbe l’efficienza dell’apparato statale e nel nostro caso, in cui abbiamo buttato al cesso il titolo V, degli apparati regionali.

Poi ci sarebbe la questione giovani, quelli per il quale dovremo costruire un futuro migliore.

Dopo la laurea ed il master o semplicemente il diploma raggiunto con l’inserimento programmato al lavoro in cui si può purtroppo anche morire come dai recenti accadimenti hai due possibilità.

La migliore è fuggire da questo paese incapace di comprendere chi un computer lo farebbe funzionare come risolvere in meno di un minuto il cubo di Rubik, cosi come uno spettrometro, ma essendo ancora in possesso dell’allegro chirurgo, pur avendo capacità notevoli, preferiscono andare a fare i camerieri nella city londinese per poi trovare un naturale sbocco in quelle che sono le loro attitudini; così ci ritroviamo ricercatrici in Danimarca o nelle università americane e da noi continuiamo a giocare sempre con l’allegro chirurgo che non suona nemmeno più, perché proprio si è rotto il cazzo di suonare e accendere la lampadina nel suo naso da pagliaccio.

L’alternativa sarebbe quella di fare la cassiera in un supermercato a ottocento euro al mese compreso, come direbbe Totò, Natale Pasqua e ferragosto.

Decisamente il nostro… non è nemmeno un paese… per giovani.

Resta la categoria dei cinquantenni perennemente sospesi e in attesa di giudizio per quando, se e come, andranno in pensione.

A questi si aggiungono quelli che sono ben oltre la soglia di povertà che secondo recenti dati ISTAT sono in crescita smisurata allargando la forbice tra benestanti e indigenti.

Nemmeno per loro… questo è un paese…

Per finire c’è quella minoranza chiamata “disabili” ai quali hanno sì riconosciuto diritti che in pratica non vengono attuati.

Giusto per fare un esempio, secondo voi un disabile con scarse capacità motorie e magari disturbi cognitivi può andare presso la ASL competente per ottenere il famigerato “disco H” che comunque non utilizzerete perché questo paese… non è un paese.

Ve lo dico io, no, non ci può andare ma può ottenere la visita domiciliare che dalle mie parti si ottiene dopo almeno sei mesi per non parlare della domanda di invalidità e relativo accompagnamento…

Se siete figli di… ve la caverete in dodici o sedici mesi!!!! senza escludere la possibilità concreta che non sia accolta nemmeno se porti il pannolone e ti reggi su una sola gamba.

Decisamente anche in questo caso… non è un paese

E’, invece, un paese per faccendieri, per coloro che, come scrissi in tempo di pandemia, continueranno a cibarsi dei nostri brandelli senza aver il benché minimo scrupolo e potete giurarci continueranno a farlo, per una borsa di Prada e semplicemente per avidità.

Come sempre esiste un divario tra Nord e Sud, da noi per accelerare anche una banale pratica di cui ne abbiamo diritto o eleggere un Sindaco bastano pochi spiccioli.

Al Nord non si scomodano per queste bassezze, loro sono più bravi, senza alcun dubbio; il minimo sindacale è vendere mascherine mai consegnate e poi spacciate per donazioni o comprare capannoni a prezzi da mercato della frutta per rivenderli al prezzo di castelli della baviera.

No, decisamente questo non è un paese…

Nato a Napoli non ho frequentato scuole degne di tale nome. Al compimento dei diciott’anni dopo il conseguimento del diploma sono subito stato assorbito dal lavoro soprattutto per motivi di sostentamento precludendomi la cosiddetta “Laura”. In compenso ho la laurea della strada, un master in sopravvivenza e vivo tutt’ora di espedienti. Amo leggere più che scrivere ed avendo raggiunto un’età che mi concede il lusso di dire ciò che penso non percorro strade che conducono al perbenismo bensì all’irriverenza. Non amo molto questo tempo e la conseguente umanità per cui sono definito un misantropo; ciò non toglie che la solitudine non precluda l’essere socievole e come tutti i solitari le persone le scelgo; il resto le guardo da lontano, senza avvicinarmi troppo. Se è vero che ogni mattina ognuno di noi fa una guerra per combattere il razzista, il moralista, il saccente che vive in noi, non ho alcun interesse nello scoprire che qualcuno questa guerra l’abbia persa e dunque la evito. Il resto sono cazzi miei e non ho intenzione di dirvi altro altrimenti, come Sanguineti, dovrei lasciarvi cinque parole che vi assicuro non vi piacerebbero.