PEPPINO DE FILIPPO E LA SINDROME DEL SECONDO

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 Il 26 gennaio 1980, a 77 anni, moriva il grande attore di teatro e di cinema, nonché autore prolifico di farse, Peppino De Filippo. Fratello del grande Eduardo, rispetto al quale visse sempre una sindrome da eterno secondo, e di Titina, indimenticabile interprete di Filumena Marturano, che Eduardo scrisse per lei, era figlio illegittimo di Eduardo Scarpetta e di Luisa De Filippo . Nacque in un appartamento a via Bausan, nel salotto di Napoli, ma visse i primi cinque anni di vita a Caivano, nutrito con il latte di una balia nella campagna che allora non era quella di adesso, infestata da rifiuti e veleni. Tornò in famiglia a cinque anni, “ tondo e rosso come una mela “ , ma il ricordo di quegli anni, trascorsi lontano dalla famiglia, pesò come un macigno. Nella sua autobiografia “ Una famiglia difficile” (1977) Peppino ricorda di aver maturato un rancore dovuto ad un senso di abbandono rispetto a quel periodo della sua vita; tra l’altro chi decideva tutto era sempre il padre, a cui rimproverava il rapporto di subalternità della madre, donne debole ed ingenua, costretta a subire le decisioni di un uomo che non lasciò mai la sua famiglia per lei, che era anche sua nipote.


Così Peppino e i fratelli chiamavano il padre “ zio”, portarono il cognome della madre, in una Napoli , quella dei primi anni del Novecento, che non giudicava bene le donne che partorivano figli fuori dal matrimonio. Quando nel 1925 morì Scarpetta, la madre Luisa fece di tutto per tenere uniti i tre figli , ma le vicende della vita reale li divisero: attori già da piccoli, improvvisavano piccole scenette sui palchi calcati dal padre. Nel 1931 fondarono la “ Compagnia del Teatro Umoristico”: sono gli anni di una produzione, soprattutto da parte di Eduardo, copiosa e di grande successo; l’esempio è Pirandello. Le commedie del grande drammaturgo, premio Nobel per la letteratura nel 1936, ispirano tutta l’opera teatrale di Eduardo: la discrasia tra la realtà e l’apparenza, il rapporto ambivalente dell’uomo con il suo doppio, la crisi dei valori della società del tempo, nutrono i temi delle commedie del giovane Eduardo. La rappresentazione al teatro Kursaal dell’atto unico “ Sik Sik l’atrefice magico “ è un chiaro esempio di questa filiazione letteraria. Ma Peppino ha altra visione : attore comico con marcata preferenza per il genere farsa, non condivide il mondo di luci ed ombre, pirandelliano, amato dal fratello. Sempre nell’autobiografia parla di “ anni di veleno amarissimo” nei rapporti con Eduardo, di carattere difficile e accusato di voler prevaricare nella vita e sulla scena. Nel 1943 muore la madre, collante tra i due, e nel 1944 Peppino se ne va dalla compagnia. I rapporti peggiorano anche con Titina, che non tollera la sua relazione con l’attrice Lidia Maresca, alla quale Peppino si lega, pur avendo moglie e un figlio, Luigi. Il periodo dopo la separazione stabilisce lo spartiacque artistico : Peppino intensifica la sua produzione : farse come Non è vero ma ci credo, Tutti uniti canteremo ,Don Rafele ‘o trumbone, Non ti pago, La lettera di mammà e tante altre, ne decretano il successo in teatro. Anche il cinema, forma d’arte non amata dal fratello, ne rivela le brillanti doti di attore: il sodalizio con Totò, protagonisti esilaranti di mille avventure. Chi non ricorda “ Totò, Peppino e ‘a malafemmina” con l’indimenticabile lettera dettata da Totò , teneramente riportata da Troisi e Benigni in “ Non ci resta che piangere”? Lavora con Fellini in “ Boccaccio 70” interpretando, come Sordi, lo stereotipo dell’italiano medio, come sempre magistralmente.

Muore la compagna di una vita , Lidia, e a lei dedicherà una tenera raccolta di poesie. Cercherà sempre il riavvicinamento a Eduardo, Titina lo perdonerà, l’amato odiato fratello maggiore no. Quando apprende la notizia della morte di Peppino, che era andato a visitare in ospedale, Eduardo interrompe le recite a Bologna per qualche giorno, in un’intervista dirà: “ Peppino vivo non mi mancava, mi manca molto adesso”. Sposerà, in terze nozze, l’attrice Lelia Mangano ; donna dolce e grande attrice di teatro di cui sono stata ospite a Roma, mentre preparavo la mia tesi su Peppino e il teatro dei De Filippo, a via Nomentana. L’immensa biblioteca di famiglia e l’atmosfera calda ed accogliente la ricordo ancora; con me veniva anche mamma, che stabilì un rapporto di grande simpatia con la signora De Filippo. Era pur sempre la casa di un grande napoletano, un attore ed autore che va riscoperto ed apprezzato, un uomo che portava nel cuore la generosità di un popolo, che lui sintetizzò perfettamente: “ I napoletani sono ipocriti, sembrano allegri, invece sono tristi…”

Tra scuola e fantasia, tra giovani e ricordi, tra innovazione e tradizione, tra torto e ragione, il cammino e le riflessioni di una donna sempiternamente alla ricerca della verità.