Perchè i media tacciono sulle vicende del CIS di Nola? La storia di un gioiello dell’economia italiana che sta lentamente morendo.

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di Emilio D’Angelo

 

La storia del CIS rappresenta certamente il fenomeno associativo di imprenditoria consortile di più ampia portata nello scenario economico italiano dell’ultimo trentennio. Questo é un merito che appartiene a tutte le aziende socie, non solo a chi ha creduto in questo progetto ed ha guidato, senza interruzione, la compagine sociale. Senza CIS non sarebbe mai nato il tanto reclamato ”distretto”, perché proprio nel CIS e dal CIS ha trovato ed ha prelevato le energie economiche e l’impulso progettuale per svilupparsi. Oggi la nostra storia vive un periodo drammatico perché abbiamo smarrito la strada maestra e non riusciamo a ritrovare quella unità di intenti e di progetto che ci ha distinto per oltre un ventennio. Perché?

Carlo Puca ha recentemente pubblicato un libro dedicato al nostro Meridione, quello che chiamiamo Mezzogiorno, ma resta una eterna Mezzanotte. ” Il Sud deve morire” sembra un controsenso, invece è la verità, quella che viviamo anche noi, ogni giorno, al CIS di Nola sulla pelle di decine di aziende socie destinate ad essere sradicate dalla loro terra di adozione.

Deve morire il Sud, come abito mentale, luogo comune della rassegnata tendenza a concepire il Sud come una condanna. Siamo capaci di realizzare grandi imprese e poi non siamo capaci di gestirle. Siamo assoggettati al mito dei potenti, ai simboli della ricchezza, ai grandi burattinai delle coscienze. Cerchiamo la loro protezione, pur riconoscendo la malafede di certi personaggi, ne apprezziamo la furbizia. Questo è il Sud che deve morire, quello che ci condanna a vivere in un ghetto, che ci abbandona alla nostra miseria culturale, ci costringe ad un compiacente silenzio. Questo tipo di Sud è invece ancora vivo ed avvilisce ogni speranza.

wpid-22048_nolacislavori-640x360Venite al CIS, il più bell’esempio di imprenditoria consortile, il primo al mondo. Nato nel 1986 per opera di duecento aziende socie, si è sviluppato, fino a diventare una vera Città dell’Ingrosso. Siamo diventi trecento in un’area di 500,000 mq dei quali due terzi coperti. Abbiamo ricevuto ministri, industriali, politici e persino il Papa Santo, Giovanni Paolo II . Siamo stati in Fiera a Mosca con 50 aziende, abbiamo espresso, in questi trent’anni, un fatturato che rappresenta una bella fetta del PIL della Regione. Abbiamo offerto un’ occasione di lavoro a migliaia e migliaia di addetti nel CIS e nel suo bacino d’utenza. Abbiamo sostenuto consistenti partecipazioni dirette, ed attraverso i soci, in tutte le iniziative del Distretto. Senza CIS non ci sarebbe niente, niente, niente in questa Terra benedetta.

Noi siamo il CIS, non è uno slogan pubblicitario, ma un grido di dolore per la condizione nella quale siamo stati costretti da un disegno preciso che sgretolerà la nostra consistenza sociale.

Ora non bastano più partecipazioni e prestiti, ora vogliono tutto. Un pezzo alla volta, ma vogliono tutto. Abbiamo cominciato, cedendo i lastrici di superficie ad Enel Green Power, abbiamo fatto un affarone, senza prendere una lira. Abbiamo pagato canoni di leasing, quote di extraleasing, quote condominiali da 5 Stelle, ma, dopo trent’anni, quanti soci hanno riscattato? Sarà un caso, ma è possibile che siamo stati veramente pochi, ad avere la possibilità di riscattare?

Ci sarà una ragione?

Vedete come ci ha ridotto il potere finanziario, la politica clientelare, il protezionismo del cavolo, gli applausi pilotati, le assemblee mute…

Oggi la gente piange, in tanti piangono, eppure qualcuno spera ancora nella Manovra che metterà tutto a posto! Ancora una volta la furbizia ha vinto ed abbiamo stregato le Banche… I soldi non li restituiamo tutti, ma solo una piccola parte, quella dei soci  adempienti. ” Chi avuto ha avuto, chi ha dato, ha dato, Scurdammece ‘o passato”, e …guardiamo al futuro. Di chi?

Al posto di un modesto debito di capitale, consegneremo alle banche capannoni vuoti e la governance del CIS  e così, con buona pace di tutte le parti interessate,  tutto il CIS sarà pilotato, con un preciso piano industriale, in direzione di una conversione che rottama l’alto valore consortile della nostra gloriosa impresa. Possibile che non si sia nemmeno tentato di rinegoziare una quota di mutuo, favorendo, invece che impedendo, la normale transizione verso un ricambio aziendale e generazionale? Chi aveva interesse a convertire in maniera così traumatica, blindando l’assemblea per rendere inefficace il rapporto socio- conduttore?cis

Chi aveva interesse a demolire per ricostruire, favorendo il ceto bancario troppo esposto in Interporto e Vulcano?

Prima i fallimenti, poi i prestiti forzati da CIS ad Interporto, la cancellazione dagli elenchi degli agenti finanziari, la sospensione dei pagamenti alle Banche dal 31.12.2011, la perdita del beneficio del termine, il ricorso alla tutela della Legge Fallimentare, la manovra, attesa ed invocata da tre anni e poi, infine, con l’acqua alla gola, un accordo che sottrae all’assemblea ogni autonomia, ogni speranza e ci condanna a subire prima l’Area di concentramento e poi la rottamazione del CIS.

Mi viene in mente un drammatico testo che comprai ad Auschwitz, le memorie del medico ebreo-ungherese: Miklòs Nyiszli. Nessuno riesce ancora a capire il folle obiettivo di estirpare intere popolazioni e le loro culture. Diceva il Führer: “soltanto in questo modo possiamo ottenere lo spazio vitale che ci è necessario”. Dalla distruzione del vecchio, nasce il nuovo.

Allora dividiamo il mondo in buoni e cattivi, eliminiamo i cattivi ed avremo una razza di imprenditori puri. E allora non vi meravigliate se dopo i soci falliti, adesso il nuovo metodo di eliminazione viene affidato ad un bel ricorso ex art.700. Fioccheranno entro il 31.12.2016, già sono partiti i primi ricorsi, le nuove epurazioni sono in atto, servono le aree libere, altrimenti rischiamo di far saltare un importante accordo che tumula responsabilità, derivati e tutta l’autonomia dell’Assemblea. Le banche potrebbero far fallire il CIS, mi pare proprio che ci stanno riuscendo, in un modo e nell’altro,  ma che possiamo fare? Ma chi ci aiuta? non abbiamo santi in paradiso!

Ecco il nuovo che arriva e questo vecchio Sud non morirà mai.

Lunga vita al CIS è ormai il lamento nostalgico di un Patto di Sindacato di voto di un’assemblea del CIS dove il diritto di voto è stato sequestrato dal potere amministrativo. Forse dovremmo chiedere di tornare alla sapienza per spiegare come muore un Patto di Sindacato per mano degli innocui SFP: Strumenti Finanziari Partecipativi.

Si, ma se è questa è la nostra vita residua, sarebbe meglio morire, almeno non saremo noi a vergognarci e non saremo solo noi soci a dover rendere conto delle cause disastro.I cattivi stanno pagando e continueranno a pagare con l’espulsione dalla vita sociale.

È giusto, dovevano pagare ed hanno pagato!

Questa è la giustizia, pagano solo i più deboli.

Qualcuno mi spieghi, però, perché i buoni non potevano gestire la manovra, perché dovevano consegnare il CIS alle banche,

perché è stata prevista un’iscrizione ipotecaria non frazionata,

perché sono stati effettuati prestiti ad Interporto,

perché il CIS non ha riversato le quote dei soci in bonis per circa cinque anni,

perché non è stato mai affrontato il problema degli interessi e dei derivati,

perché non è stato mai previsto uno strumento che consentisse di rifinanziare il sub mutuo,

perché è stato bloccato il ricambio aziendale,

perché sono state attivate le procedure fallimentari contro il primo gruppo di soci,

perché abbiamo fatto un accordo vincolato a quello delle altre società partecipate,

perché è stata trasferita la sede operativa nel Vulcano,

perché noi soci non contiamo meno di niente?

Potrei continuare all’infinito, ma chi mi ascolta?

Forse San Francesco che parlava con gli animali.

 

 

 

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