La mafia siamo noi

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di Claude De Bray 

In questi giorni si parla di legalità, di Falcone e Borsellino e di tante vittime della mafia.

Tutti dicono che bisogna combatterla e sconfiggerla e noi degni comprimari ci impegnamo tutti i giorni soprattutto qui al Sud.

Ma la mafia non è più quella di un tempo,  quella delle estorsioni, della droga, della prostituzione, il gioco d’azzardo se ne sono aggiunte altre di mafie  che toccano istituzioni e comparti tra i più disparati dalla ristorazione alla grande distribuzione.

La mafia ha diversificato, come quando nelle grandi aziende si tende a minimizzare  il rischio evitando di accentrare nelle mani di pochi clienti il loro fatturato o nelle mani di pochi fornitori la loro centrale acquisti.

Le scaramucce e le beghe di cortile le lasciano ai comprimari, giovani leve in cerca di scalare le gerarchie.

Giovani, appunto, coltivati al disprezzo delle istituzioni dai loro stessi genitori, allevati con coltelli e pistole.

Ma c’è stato un giorno in cui la mafia è entrata prepotente nel commercio, nelle istituzioni, nelle forze dell’ordine e nella politica.

Oggi sono all’ordine del giorno i comuni che si sciolgono per “infiltrazioni mafiose” ma il 1994 ha segnato una linea di confine che guarda caso è iniziata con Livatino (il giudice bambino) nel 1992, con la morte di Salvo Lima ed il giudice Falcone e poi Borsellino e tanti, troppi altri.

Nasce nel 1994 il primo governo Berlusconi crollato dopo soli otto mesi ma che la dice lunga soprattutto se si guardano le percentuali di voto per regioni.

Non ci crederete ma dopo la Lombardia fu la Sicilia a decretarne l’ascesa, la consacrazione a statista; in Sicilia ottenne un plebiscito, la totalità dei votanti diede la preferenza al movimento di  Berlusconi.

Un Berlusconi che comprò la famosa villa di Arcore con una operazione poco chiara a scapito di una contessa in disgrazia, operazione  ben architettata da Dell’Utri definito da lui stesso un uomo per bene e un grande bibliofilo; i soli valori dei beni all’interno della villa stessa valevano il doppio del valore con il quale comprò l’immobile.

L’Europa ebbe un rigurgito e non accolse favorevolmente quanto stava accadendo in Italia giudicando la democrazia italiana vacillante, troppo concentrata nelle mani della stessa potenza economica e dalla quasi totalità degli strumenti di informazione.

Durante questo periodo non si contano le collusioni con servizi deviati, la famosa Falange armata e le forze dell’ordine.

Oggi, come da sempre, non sapremo mai la verità sulla  stagione delle stragi di Stato.

Non troveremo mandanti ed esecutori per nessuno degli intrighi misteriosi che hanno funestato la storia del nostro Paese.  E qualora si giungesse a qualcosa finirebbe in accordi e non in condanne come per i 49 milioni della Lega.

La mafia, la mafia siamo noi che per ottenere sacrosanti diritti scendiamo a compromessi; se non hai santi in paradiso da noi, al Sud, non ottieni nulla.

L’omertà è radicata dentro ognuno di noi e molti si prostrano ai piedi di un mafioso qualunque pur di ottenere ciò che gli spetterebbe di diritto.

I mafiosi non sono i Badalamenti o i Riina, mafiosi sono tutti quelli che abusano del loro potere, piccolo o grande che sia.

Ti devi operare? Se arrivi al chirurgo, al primario o solo all’infermiere impieghi una settimana altrimenti “può pure murì” puoi anche morire.

Devi sbloccare una pratica all’INPS? Se hai un aggancio si sblocca in men che non si dica ma se non conosci qualcuno patisci le pene dell’inferno.

Ti serve una sedia a rotelle? Niente da fare, hai voglia a camminare su una tutta sgangherata di seconda o terza mano ottenuta grazie ad amici e conoscenti.

Vuoi sbloccare gli arretrati fermi da un anno? Devi dividere il tuo  50% con qualcuno.

Vuoi i tuoi diritti? paga, paga, oppure vai in tribunale con una diatriba legale che ti dura almeno cinque anni, sempre che ti vada bene.

Stiamo allevando le nuove generazioni mafiose e nemmeno ce ne accorgiamo tanto sono radicate.

I mafiosi più feroci? Li trovi nelle istituzioni – che a parlare sono bravi tutti e ti fanno sembrare tutto semplice –  eh ma poi…. poi scopri che non esiste la tutela delle donne, degli anziani, dei fragili, dei disabili. È tutto un chiacchiericcio sedimentato sotto i bla…bla…bla e allora che mostriamo la nostra vera natura, quella di mafiosi autentici che convivono, anzi sono parte integrante di  questo stato di cose.

Aveva ragione quel Peppino che consacrò la bellezza, anche l’orrendo a furia di guardarlo diventa bello… basta mettere la tendina alle finestre per non vedere che la merda è a molto meno di cento passi.

Nato a Napoli non ho frequentato scuole degne di tale nome. Al compimento dei diciott’anni dopo il conseguimento del diploma sono subito stato assorbito dal lavoro soprattutto per motivi di sostentamento precludendomi la cosiddetta “Laura”. In compenso ho la laurea della strada, un master in sopravvivenza e vivo tutt’ora di espedienti. Amo leggere più che scrivere ed avendo raggiunto un’età che mi concede il lusso di dire ciò che penso non percorro strade che conducono al perbenismo bensì all’irriverenza. Non amo molto questo tempo e la conseguente umanità per cui sono definito un misantropo; ciò non toglie che la solitudine non precluda l’essere socievole e come tutti i solitari le persone le scelgo; il resto le guardo da lontano, senza avvicinarmi troppo. Se è vero che ogni mattina ognuno di noi fa una guerra per combattere il razzista, il moralista, il saccente che vive in noi, non ho alcun interesse nello scoprire che qualcuno questa guerra l’abbia persa e dunque la evito. Il resto sono cazzi miei e non ho intenzione di dirvi altro altrimenti, come Sanguineti, dovrei lasciarvi cinque parole che vi assicuro non vi piacerebbero.