L’insalata di riso

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di Mariavittoria Picone

<<Sì, sì, tutto bene, sto bene… certo, certo, poi tra pochi giorni vado da Roberta, dopo Ferragosto, in questi giorni ha ospiti… certo, intanto adesso mi sento così sola che mi viene da piangere. Sì, ciao.>>

Anita parla al telefono, sapendo di non essere ascoltata, potrebbe dire qualsiasi cosa, annunciare di essere in punto di morte o di aver ricevuto il Nobel, sarebbe uguale, dall’altra parte la sorella avrebbe continuato a parlare, a fare domande banali, solo per mettersi la coscienza a posto, prima di partire per le vacanze.

Quante parole inutili diciamo, solo per camuffare i sensi di colpa e ingannare le paure, quanto tempo sprecato a cercare di mostrare un’altra verità.

<<Mamma, allora oggi pranziamo tutti insieme: Fabrizio e Valerio sono andati alla Cappella Sansevero, ma dovrebbero essere qui tra un paio d’ore; io vado solo un attimo al mercatino e poi dovrebbe venire anche Renato, perché stasera andiamo ai Camaldoli a guardare le stelle cadenti. Cosa prepari?>>

<<Adesso metto a fare il riso, facciamo una bella insalata di riso, così stavolta magari non avanza.>>

<<L’insalata di riso? >>

<<Eh, perché?>>

<<Ma perché è un piatto che hai sempre schifato! La prepari con la stessa grazia con cui si prepara il pappone per i maiali. La facevi sempre quando venivano i figli di zia Luisa. Saranno tre anni che non la fai.>>

<<E adesso è arrivato il momento di rifarla. A parte che i maiali sono animali molto intelligenti, ma poi ogni piatto può diventare speciale se ci aggiungi un ingrediente particolare.>>

<<Sì? E il tuo quale sarebbe, le mandorle, che ultimamente stai piazzando in ogni ricetta, oppure un testo alla Matilde Serao, che proclamerai portando l’insalatiera a tavola?>>

<<Un poco più carina di Matilde sono, ma alle mandorle non ci avevo pensato, potrebbero essere la novità di quest’anno…>>

<<Mamma!>>

<<Monica, ma tu che vuoi? Piuttosto, mi ha fatto ricordare della mia amica Matilde, dovrebbe essere pure lei in città, magari andiamo insieme a guardare le stelle cadenti. Che poi domani partite tutti e mi viene la malinconia.>>

Monica inclina la testa su un lato e sorride alla mamma con dolcezza.

<<Ma quello con cui ti scrivi? Quello che ti chiama ogni tanto la sera non c’è? Sai che ho letto su Instagram, sul profilo di una scrittrice, che se non sei con chi vorresti, allora basta pensare ai suoi occhi mentre si guarda il cielo.>>

<<E a che serve?>>

<<Se anche l’altro ti sta pensando, te ne accorgi.>>

<<E come? Lascia perdere queste scrittrici e vai al mercatino, io intanto metto la pentola dell’acqua e chiamo Matilde.>>

<<Uè Mati, sei ancora qui?>>

<<Eh. Parto tra due giorni per Palinuro, tu?>>

<<Parto dopo Ferragosto, stasera però vorrei andare a guardare le stelle cadenti, vuoi venire? Ci compriamo una birra e ci sediamo su una panchina a San Martino, che dici?>>

<<Vengo, sì, così ti racconto un po’ di cose.>>

<<Del tuo uomo a metà?>>

<<Ovviamente.>>

<<Sta in vacanza con la moglie e ti manca.>>

<<Ne parliamo stasera>>

<<Sì, vedrai che se guarderai il cielo pensando ai suoi occhi e pure lui fa lo stesso, te ne accorgerai. Così sarete vicini.>>

<<Ah, e come me ne accorgo? Mi manda un messaggio? Quello non mi invierà messaggi o segnali, è così prevedibile nei suoi silenzi! Non farà mai niente per farmi felice, la forma la riserva all’altra, la donna ufficiale, a me solo istinto e passione.>>

<<E hai detto niente? Vabbè, poi ne discutiamo. Sai che ti parlo da moglie, da donna che ha avuto il privilegio di essere “quella ufficiale” e certe scelte non vanno liquidate così, con quattro espressioni di convenienza. Possiamo raccontarci quello che vogliamo, l’amore non si spiega, si vive, e non c’è distinzione tra moglie e amante, se c’è amore si soffre comunque, nessuno crede di essere amato abbastanza.  Adesso ti saluto, devo colare il riso, ci vediamo stasera, ti scrivo dopo per l’appuntamento.>>

Fabrizio e Valerio sono tornati dal giro turistico ed hanno raggiunto Anita in cucina.

<<Oggi ti aiutiamo a preparare il pranzo, guarda che ti abbiamo preso in centro?>> Le dice sorridendo il figlio, aprendo un sacchetto di carta rosso, appoggiato nel palmo della mano sinistra.

<<Ma non abbiamo uccellini, cosa è ‘sta roba?>>

<<Sono mandorle, noci e anacardi sbriciolati, e ci stanno pure un po’ di semi di lino.>>

Gli occhi si spostano velocemente verso la porta di ingresso, richiamati dal suono della chiave nella serratura; Monica entra in casa annunciando la presenza di Renato, che la segue a un metro di distanza, reggendo due buste piene di stoffe colorate.

Dopo mezz’ora sono tutti attorno al tavolo della cucina, su cui trionfa un’insalatiera gialla e blu, acquistata a Deruta in una vacanza ormai lontana, piena di riso. Ognuno contribuisce a dare un sapore: Monica mette il tonno, Renato le olive, Valerio dei carciofini sott’olio, Anita tagliuzza dei peperoni sott’aceto. Ad un tratto Fabrizio fa partire dal suo cellulare Ain’t too proud to beg dei Temptations, alza il braccio destro e lascia cadere a pioggia il contenuto del sacchetto di carta rosso.

Anita si porta le mani alla faccia e urla: <<Nooo! Il mangime per gli uccelli no! Ai maiali non piace.>>

E ridono tutti, ballando, come nella cucina de “Il grande freddo”.

Le stelle cadono per chi le sa raccogliere.

Mariavittoria Picone nasce in un caldo dicembre del 1970 a Napoli, dove vive e lavora. Ha pubblicato racconti e poesie su blog e riviste on line. Nel 2020 è uscito il suo primo romanzo Condominio Arenella (IOD Edizioni), accolto favorevolmente dalla critica e dai lettori. Nel 2021 pubblica, sempre con la casa editrice IOD, la raccolta di versi e pensieri Novantanove fiori selvatici. Sognatrice pragmatica, poetessa in prosa, sempre in bilico tra ordinarietà e magia, ironica e drammatica, si definisce un fiore selvatico, un'erba ostinata, nata tra il fuoco e l'acqua, tra un vulcano e il mare.