Tra tifo e Diritto: la stagione del Napoli Sub Iudice

Condividi su

di Gianluca Spera

 

Le motivazioni della Corte d’Appello federale con cui sono stati confermati la sconfitta a tavolino e il punto di penalizzazione per il Napoli ha lasciato un po’ tutti esterrefatti, per la particolare durezza con cui il giudice ha censurato il comportamento della società azzurra.

Secondo i giudici federali, il Napoli si sarebbe “precostituito un alibi per non disputare la partita”. A tal fine rileverebbero i frequenti contatti con ASL e Regione; in particolare, non si comprenderebbe la necessità degli scambi intercorsi con il gabinetto regionale che non ha competenze sanitarie. Si parla addirittura di “dolo di preordinazione” che è figura del diritto penale. Infine, la Corte dice che il Napoli ha “indirizzato, in modo volontario e preordinato, la propria condotta nei giorni antecedenti all’incontro nel senso di non disputare lo stesso, con palese violazione dei fondamentali principi sui quali si basa l’ordinamento sportivo, ovvero la lealtà, la correttezza e la probità”.

Probabilmente, queste accuse potrebbero comportare addirittura il deferimento del Napoli e aprire ulteriori procedimenti. Intanto, restando sulla sentenza di secondo grado ed estrapolando per un attimo ogni considerazione sulle motivazioni, la Corte, più che un principio, ha inteso difendere il protocollo. Lo si intuisce leggendo il passo decisivo della sentenza: “Questa Corte non può non evidenziare come l’eventuale condivisione della tesi propugnata dalla Società ricorrente porterebbe, inevitabilmente, a frustrare, totalmente, la motivazione posta a fondamento dei Protocolli federali in tema di gestione delle gare e degli allenamenti delle squadre professionistiche di calcio in tempo di COVID-19, ovvero quella di consentire, seppure nella criticità della situazione determinata dall’emergenza sanitaria, di svolgere e portare a termine il Campionato di Calcio di Serie A“.

In più, la Corte evidenzia la prima risposta dell’ASL del 2 ottobre: “La responsabilità nell’attuare i protocolli previsti dalla FIGC per il contenimento dell’epidemia da COVID- 19 in capo alla Soc. Napoli e pertanto quest’Azienda non ha alcuna competenza“. Allora, perché l’ASL di Napoli Nord interviene il 4 ottobre per vietare la trasferta ai calciatori azzurri? Cos’è cambiato nel frattempo?

È questo il nodo gordiano di tutto il processo. Un’analisi delle motivazioni può essere anche utile sotto altri aspetti ma, ai fini delle implicazioni sanzionatorie, l’accusa da smontare è questa, cioè quella relativa alla violazione del protocollo. La configurazione di un comportamento doloso è secondaria e crollerebbe se fosse distrutto il pilastro principale del castello accusatorio: l’inosservanza del protocollo da parte del Napoli. La Corte lo ha desunto dalle frequenti sollecitazioni indirizzate verso l’ASL e verso l’ufficio di gabinetto della Regione. Bisognerebbe anche considerare che l’ambito di valutazione delle prove differisce nel diritto sportivo rispetto alle regole dei processi ordinari. Lo sottolinea la sentenza n. 19/2012 della Corte di Giustizia Federale avendo cura di precisare che i precetti nella ricerca e nell’analisi del materiale probatorio “non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto”. Questo vuol dire sostanzialmente che i fatti possono essere provati anche in maniera meno rigorosa, pur nel rispetto del principio del diritto di difesa e del contraddittorio, a differenza di quanto avviene in sede ordinaria, penale o civile che sia.

Tutto questo avrebbe dovuto comportare un minimo di prudenza nelle dichiarazioni, troppo ottimistiche, che hanno preceduto questa sentenza. Ora, tanti giuristi “tifosi” hanno espresso il loro parere, naturalmente sposando la tesi maggioritaria pro Napoli (ci può stare: chi scrive è il primo ad augurarsi una conclusione della vicenda favorevole alla società azzurra), con toni accesi, parole pesanti, argomenti vibranti… be’ ci è voluta una partita di calcio, o forse un po’ di visibilità, per smuoverli dal torpore di tutti questi mesi in cui non hanno speso una parola su questioni giuridicamente ben più rilevanti di Juve-Napoli. Ma questo è un altro discorso e perciò bando alle divagazioni. Intanto, in una situazione così ingarbugliata e complicata, l’avvocato Grassani, difensore della società azzurra, è diventato il bersaglio della solita ironia dei social che, tra complottismo e invettive, hanno subito individuato il capro espiatorio. È un meccanismo ormai consolidato e del tutto deprecabile. Insomma, gli esperti di diritto sportivo imperversano su facebook ma le soluzioni scarseggiano.

Difficile prevedere cosa succederà a questo punto. La Ssc Napoli si sente lesa da quanto riportato nelle motivazioni della sentenza? De Laurentiis intende tutelarsi in altre sedi, diverse da quelle sportive, per eventuali offese alla sua reputazione e a quella della società che presiede? Oppure intende usare questo tipo di argomentazioni per dimostrazione l’eventuale illogicità della motivazione (visto che davanti al Collegio di Garanzia del Coni, una sorta di Cassazione dell’ordinamento sportivo, si svolgerà un giudizio di legittimità e non di merito)?

Molti, scettici sulla buona riuscita dell’ulteriore ricorso davanti al Collegio di Garanzia, già guardano oltre, confidando che il Tar accolga le richieste del Napoli. In ogni caso, va ricordato che il ricorso al Tar non è un fatto automatico ma è ammissibile solo nella misura in cui si dimostri la lesione di una situazione soggettiva rivelante nell’ottica dell’ordinamento statale. Inoltre, alcune recenti sentenze attestano come le decisioni della magistratura amministrativa abbiano inciso anche su questioni prettamente sportive, come l’ammissione o meno di una squadra a una determinata categoria. Ergo, una volta superato lo scoglio preliminare, è astrattamente possibile che il Tar annulli o sospenda le sanzioni con le conseguenti ricadute sul piano pratico e la possibilità di disputare la partita. Questione connessa ma separata è quella relativa all’aspetto risarcitorio che, in questo momento, è quasi trascurabile. Va senza dire che saremmo comunque di fronte a un caso complesso e inedito a livello di giustizia ordinaria. L’unica cosa sicura, a questo punto, è che una stagione già travagliata per la crisi sanitaria in corso rischia di trascinarsi nelle aule dei tribunali per parecchio tempo. Quanto questo possa appassionare la gente è facilmente immaginabile.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.