Diritti, lavoro, istruzione e cultura: ripartire per non morire

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di Gianluca Spera

Bisogna esser chiari e coerenti: Draghi è partito male, molto male. Peggio di quello che i più scettici potevano immaginare.
Al di là del pasticcio sullo sci che poteva essere ascrivibile anche alla fretta e confusione del periodo transitorio, il primo decreto del suo governo non solo conferma le restrizioni di Conte ma addirittura le inasprisce uniformandosi ai suggerimenti del tremebondo Robertino che appena sente la parola varianti vive un momento di estasi mistica e gli prende la fregola del lucchettaro.
Rifletta la sinistra, ma anche quell’area centrista più liberale che ha deciso di appoggiare questo governo dopo essere stata all’opposizione del Conte 1 e 2, sul rischio di lasciare ad altri, in particolare alla destra, un tema fondamentale come le riaperture, senza considerare diritti, istruzione e cultura ampiamente mortificati dal precedente governo dippicciemmista.
Guardare ad altri paesi come la Germania o l’Inghilterra (dove comunque non c’è coprifuoco, non c’è confinamento domiciliare e non c’è neppure “l’opplico” di mascherine all’aperto) è fuorviante perché parliamo di due economie assai solide, non gravate dal nostro debito pubblico e pronte a ripartire dopo aver sostenuto le attività più penalizzate dalle chiusure.
Ora più che mai, è arrivato il momento di gestire la situazione sanitaria in maniera più equilibrata smorzando pure una certa informazione eccessivamente allarmista.
Adesso e lo dico sempre alla sinistra, non siamo a marzo 2020 quando la gente frastornata e impaurita ha accettato anche gli arresti domiciliari. Il clima è cambiato e le esigenze sono diverse. La gente vuole il vaccino, il lavoro e la ripresa. Il PD, in particolare, difende una posizione di retroguardia proprio mentre la Meloni sta mettendo la freccia, sfruttando anche il momento di notorietà regalatole dall’insulsaggine di quei professoroni che l’hanno insultata in maniera indecorosa.
Non ci si meravigli allora dell’ingenerosità dei sondaggi. Casalino non c’è più e la realtà parallela che aveva costruito sta crollando.
Perciò, lo comprenda anche Draghi che si è assunto un onere enorme: non c’è whatever it takes che tenga se ci si arrocca sul rigorismo di Speranza e degli amichetti assunti al ministero.
Diritti, lavoro, istruzione e cultura: ripartire per non morire.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.