Donne, muse e vestali

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di Maria Rusolo – Immagine di Enki Bilal

“Nessun uomo può emanciparsi altrimenti che emancipando con lui tutti gli uomini che lo circondano.”

C’è una notevole poetica costruita intorno al mondo femminile, per cui vorrei esordire oggi dicendo: io non mi sento eccezionale, non mi sento di avere le doti di Beatrice o di Laura, o di meritare il cruccio di Leopardi. Non me ne vogliate, ma ho formulato una mia tesi molto precisa sulla questione della guerra tra i sessi e le battaglie dirette ad affermare la parità di genere, io vorrei essere trattata da essere umano, avere le medesime opportunità dei fratelli maschi, senza tutte queste dissertazioni che mi collocano su qualche piedistallo, o lodano la mia capacità, essendo femmina, di comprendere meglio l’animo umano e di essere multitasking e flessibile.

E’ una inutile retorica, retaggio culturale tipico della cultura patriarcale, altro che bellezza e capelli al vento mentre nasco dalla schiuma delle acque e poso per il caro Leonardo con i capelli appena lavati. Attenzione io non voglio mettere in discussione secoli di arte, cultura e letteratura, non vorrei mai mettere sotto i piedi, la bellezza di quelle opere che ci ritraggono come angeli che con mani delicate toccano il capo dell’uomo appena giunto dall’ultima guerra di religione, vorrei solo che si andasse aldilà di questi stereotipi affrontando la discussione su di un piano di assoluta e parità, ed in questo l’arte e la letteratura, ad esempio possono dare moltissimo.

Avete mai visto una puntata di Big Bang Theory? Si una serie americana, dove il protagonista è uno scienziato un po’ strano, ma di assoluto genio, ebbene l’unica scienziata degna di nota è immancabilmente intelligentissima al pari di Sheldon, ma sicuramente non avvenente. Ora capite bene quanto si alimentino gli stereotipi attraverso la cultura di massa, capite bene quanto importanti siano i comportamenti, i programmi di istruzione, quelli televisivi, quello che i giornali scrivono e come lo scrivono. Siamo invariabilmente al punto di partenza, oggi si discute della ennesima legge sulla parità salariale, che onestamente ho letto solo, perché fa parte della mia formazione professionale, altrimenti non ne avrei avuto alcuna voglia. In effetti pur essendo assolutamente convinta della validità di interventi normativi volti a punire chi uccide una donna o chi si rende responsabile di ogni tipo di maltrattamento ai suoi danni, devo purtroppo dire che le tutele non sono e non possono essere un mero atto formale.

Le donne, le muse, le vestali sono ancora oggi vittime di una realtà complessa che le vede in secondo piano, e che le pone in una logica di inferiorità sociale ed umana, e non c’è norma che tenga o che possa riconoscere alle stesse una posizione di perfetta uguaglianza rispetto agli uomini. Non è una questione di genere, ma di essere umano, di chi vive e sceglie secondo le proprie attitudini ed aspettative.

Pensiamo solo per un attimo alla immagine della Politica di potere degli ultimi decenni, ad eccezione della Merkel, i capi di stato sono tutti maschi con accanto le proprie compagne o mogli. Vederli posare nelle foto di rito, mi smuove ogni fibra del mio essere, nelle stanze dei bottoni a noi donne è precluso l’accesso, può una legge sulla rappresentanza cambiare questo stato di cose? Non credo, perché si tratta, come dicevo di una questione culturale, sociale. Se una donna deve gestire più settori della vita quotidiana, casa, figli, avrà tempo sufficiente per crescere professionalmente e per occuparsi anche di politica? Avrà la possibilità ed il tempo per dedicarsi con forza ed ambizione a raggiungere i veri posti di responsabilità in una azienda pubblica o privata.

Guardate, oggi, in un giudizio per separazione e divorzio è anche difficile far riconoscere ad una donna il contributo dato alla crescita del contesto economico e sociale della famiglia e questo la dice lunga su come le leggi, straordinarie sulla carta poi non incidano sulla reale emancipazione del mondo femminile. Ed allora se con tutte le nostre forze spingessimo in una direzione sensata, partendo dai contesti sociali e familiari, tutto sarebbe più semplice, perché senza un terreno idoneo non cresce la speranza sufficiente che determina i cambiamenti reali. Le donne in tal senso hanno un compito fondamentale che è quello di fare muro, ma con consapevolezza e senza tentennamenti, devono superare il complesso della bellezza e quello della vestale, devono recuperare il senso delle proprie fragilità trasformandole in risorse. Ci hanno evidentemente chiuse in delle scatole, come bambole di porcellana e ci tirano fuori quando questo serve a sembrare emancipati.

Nessuna donna viene mai candidata alla guida dei Partiti, non esistono discussioni su donne al Quirinale, poche donne guidano le città importanti, le università, il mondo accademico o quello delle grandi multinazionali, ci vogliono monche, perché questo alimenta il loro potere di maschi. Ed allora sarebbe utile introdurre anche nelle scuole programmi specifici di insegnamento alla cultura della emancipazione e della differenza come risorsa, della educazione sentimentale accanto a quella sessuale, creando nelle nuove generazioni una base che scardini il concetto di tabù e di predeterminato anche biologicamente. Qualcuno potrà pensare che io abbia nella mia testa l’immagine di un mondo ideale, ed invece io sono convinta che le mie convinzioni nascano dalla osservazione attenta degli eventi e da un profondo pragmatismo, che posseggo non perché donna, ma per essere stata educata da una donna che la sopravvivenza nel mondo del maschio violento se l’è dovuta guadagnare.

“Essere dalla parte delle donne non significa sognare un mondo in cui i rapporti di dominio possano finalmente capovolgersi per far subire all’uomo ciò che la donna ha subito per secoli. Essere dalla parte delle donne vuol dire lottare per costruire una società egualitaria, in cui essere uomo o donna sia «indifferente», non abbia alcuna rilevanza. Non perché essere uomo o donna sia la stessa cosa, ma perché sia gli uomini sia le donne sono esseri umani che condividono il meglio e il peggio della condizione umana.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.